Il cuore nero di Roma
Pubblicato il 3 dic 2014
di Guido Caldiron – da il manifesto
Fascio-mafia. Una comunità fatta di ex terroristi e camerati. La rete degli affari tra «fascistopoli» e «parentopoli», fino agli scandali su Eur e trasporti Atac
Terra di mezzo. Non si poteva scegliere un nome più adatto di questo, tratto pari pari della mitologia tolkiniana del Signore degli Anelli così cara alla giovane destra neofascista, per definire l’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Roma e dai Ros, che ha portato ieri all’arresto di una trentina di persone, tra cui l’ex terrorista nero Massimo Carminati e all’iscrizione nel registro degli indagati di altre cinquanta, tra cui l’ex sindaco capitolino Gianni Alemanno, oggi esponente di Fratelli d’Italia.
Un’indagine che trasforma in un preciso atto d’accusa quanto sostenuto da tempo dal giornalista anti-mafia Lirio Abbate, vale a dire che nella capitale sarebbe sorto negli ultimi anni un nuovo tipo di network politico-criminale nel segno dell’estrema destra. Quella terrorista e malavitosa di ieri e quella politica arrivata ai vertici della cosa pubblica nell’era Berlusconi. Una vera e propria «fascio-mafia», nelle parole di Abbate, basata su una comune ideologia, su una brama di soldi senza fine e su una rete estesa di complicità e connivenze. Tra colletti bianchi e camicie nere, secondo gli inquirenti, ci si troverebbe così di fronte ad un sistema corruttivo finalizzato tra l’altro all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate.
Dopo lo scandalo di «fascistopoli», i numerosi estremisti di destra assunti a vario titolo dal Campidoglio durante l’amministrazione Alemanno, e l’odierna campagna contro rom, immigrati e richiedenti asilo che vede neofascisti e postfascisti in prima linea a soffiare sul fuoco del rancore, le cronache tornano ad occuparsi del «cuore nero» di Roma.
«Uscirò a testa alta da questa vicenda», fa sapere l’ex primo cittadino della capitale che si dice estraneo ad ogni addebito, mentre a finire in manette sono stati alcuni dei suoi più stretti collaboratori durante il governo della città. Resta il fatto che ancor prima di descrivere un’associazione criminale — della cui esistenza concreta i giudici sembrano convinti, ma che dovrà ora essere documentata -, il quadro che fa da sfondo alla vicenda descrive qualcosa che è comunque già sotto gli occhi di tutti.
Vale a dire che l’ambiente dell’estrema destra romana ha costituito a partire dalla fine degli anni Settanta una sorta di «comunità» in cui si sono incrociate biografie politiche e storie personali, talvolta garantendo il passaggio del testimone da una generazione all’altra e intrecciando spesso in modo inestricabile i destini degli uni da quelli degli altri. È per questa via che coloro che avevano scelto la violenza armata hanno finito per fare, all’epoca o in seguito, più di un tratto in comune con quanti avevano optato per l’azione politica alla luce del sole, quelli che si sono riciclati nel mondo degli affari, e talvolta del malaffare, si sono potuti accompagnare con i «camerati» divenuti nel frattempo onorevoli. Tutto ciò non ha, o non necessariamente, a che fare con il codice penale, ma con la natura profonda di un’‘identità politica, questo sì.
Esemplare, da questo punto di vista, il caso di Peppe Dimitri, scomparso nel 2006 a seguito di un grave un incidente stradale, che dopo aver fatto parte di Terza Posizione e dei Nar, fu condannato per diverse rapine, una volta scarcerato divenne uno stretto collaboratore di Alemanno e uno degli esponenti di spicco della cosiddetta destra sociale di An. Al suo funerale, accanto al futuro sindaco di Roma, all’epoca ministro dell’Agricoltura, c’erano tre generazioni di neofascisti, da Stefano Delle Chiaie a Gianluca Iannone.
Oggi, al vertice della «fascio-mafia» capitolina la Procura di Roma pone la figura dell’ex terrorista nero Massimo Carminati, tra i fondatori dei Nar, anello di congiunzione tra i neofascisti e la Banda della Magliana, processato per l’omicidio di Fausto e Iaio, come per quello di Mino Pecorelli, anche se non è stato mai condannato per queste accuse, tra gli indagati tornano nomi già coinvolti negli scandali che hanno accompagnato l’amministrazione Alemanno.
Come Riccardo Mancini, già militante di Avanguardia nazionale, condannato nel 1988 per violazione della legge sulle armi, capo dell’Ente Eur dopo il 2008, rinviato a giudizio per una mega tangente su una fornitura di autobus alla città; Franco Panzironi, ex amministratore delegato dell’Ama, segretario generale della fondazione di Alemanno, già indagato per «parentopoli» e Antonio Lucarelli, già capo della segreteria di Alemanno, proveniente dalle file di Forza Nuova.
Ma nel centinaio di indagati di «Terra di Mezzo» c’è posto anche per Gennaro Mokbel, il faccendiere già vicino ai Nar condannato per la maxi truffa Fastweb-Telecom Italia Sparkle, legato anche a esponenti prima di Alleanza Nazionale e quindi del Pdl. O per figure già vicine all’area dell’estrema destra violenta, come Riccardo Brugia o Carlo Pucci, quest’ultimo nominato dirigente dell’Ente Eur con Mancini, o nuove leve del neofascismo capitolino, come Fabio Gaudenzi, coinvolto già nel 1994 in una rapina ad una banca durante la quale rimane ucciso Elio Di Scala, anch’egli un passato nei Nar.
Nel fascicolo anche il nome di Luca Gramazio, capogruppo di Forza Italia alla regione Lazio, enfant prodige della destra romana e figlio d’arte, suo padre Domenico, detto «il pinguino» è stato uno storico ras missino della capitale.
GUIDO CALDIRON
da il manifesto
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