Il cuore nero di Roma

Il cuore nero di Roma

di Guido Caldiron – da il manifesto

Fascio-mafia. Una comunità fatta di ex terroristi e camerati. La rete degli affari tra «fascistopoli» e «parentopoli», fino agli scandali su Eur e trasporti Atac

Terra di mezzo. Non si poteva sce­gliere un nome più adatto di que­sto, tratto pari pari della mito­lo­gia tol­ki­niana del Signore degli Anelli così cara alla gio­vane destra neo­fa­sci­sta, per defi­nire l’indagine con­dotta dalla Pro­cura della Repub­blica di Roma e dai Ros, che ha por­tato ieri all’arresto di una tren­tina di per­sone, tra cui l’ex ter­ro­ri­sta nero Mas­simo Car­mi­nati e all’iscrizione nel regi­stro degli inda­gati di altre cin­quanta, tra cui l’ex sin­daco capi­to­lino Gianni Ale­manno, oggi espo­nente di Fra­telli d’Italia.

Un’indagine che tra­sforma in un pre­ciso atto d’accusa quanto soste­nuto da tempo dal gior­na­li­sta anti-mafia Lirio Abbate, vale a dire che nella capi­tale sarebbe sorto negli ultimi anni un nuovo tipo di net­work politico-criminale nel segno dell’estrema destra. Quella ter­ro­ri­sta e mala­vi­tosa di ieri e quella poli­tica arri­vata ai ver­tici della cosa pub­blica nell’era Ber­lu­sconi. Una vera e pro­pria «fascio-mafia», nelle parole di Abbate, basata su una comune ideo­lo­gia, su una brama di soldi senza fine e su una rete estesa di com­pli­cità e con­ni­venze. Tra col­letti bian­chi e cami­cie nere, secondo gli inqui­renti, ci si tro­ve­rebbe così di fronte ad un sistema cor­rut­tivo fina­liz­zato tra l’altro all’assegnazione di appalti e finan­zia­menti pub­blici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate.

Dopo lo scan­dalo di «fasci­sto­poli», i nume­rosi estre­mi­sti di destra assunti a vario titolo dal Cam­pi­do­glio durante l’amministrazione Ale­manno, e l’odierna cam­pa­gna con­tro rom, immi­grati e richie­denti asilo che vede neo­fa­sci­sti e post­fa­sci­sti in prima linea a sof­fiare sul fuoco del ran­core, le cro­na­che tor­nano ad occu­parsi del «cuore nero» di Roma.

«Uscirò a testa alta da que­sta vicenda», fa sapere l’ex primo cit­ta­dino della capi­tale che si dice estra­neo ad ogni adde­bito, men­tre a finire in manette sono stati alcuni dei suoi più stretti col­la­bo­ra­tori durante il governo della città. Resta il fatto che ancor prima di descri­vere un’associazione cri­mi­nale — della cui esi­stenza con­creta i giu­dici sem­brano con­vinti, ma che dovrà ora essere docu­men­tata -, il qua­dro che fa da sfondo alla vicenda descrive qual­cosa che è comun­que già sotto gli occhi di tutti.

Vale a dire che l’ambiente dell’estrema destra romana ha costi­tuito a par­tire dalla fine degli anni Set­tanta una sorta di «comu­nità» in cui si sono incro­ciate bio­gra­fie poli­ti­che e sto­rie per­so­nali, tal­volta garan­tendo il pas­sag­gio del testi­mone da una gene­ra­zione all’altra e intrec­ciando spesso in modo ine­stri­ca­bile i destini degli uni da quelli degli altri. È per que­sta via che coloro che ave­vano scelto la vio­lenza armata hanno finito per fare, all’epoca o in seguito, più di un tratto in comune con quanti ave­vano optato per l’azione poli­tica alla luce del sole, quelli che si sono rici­clati nel mondo degli affari, e tal­volta del malaf­fare, si sono potuti accom­pa­gnare con i «came­rati» dive­nuti nel frat­tempo ono­re­voli. Tutto ciò non ha, o non neces­sa­ria­mente, a che fare con il codice penale, ma con la natura pro­fonda di un’‘identità poli­tica, que­sto sì.

Esem­plare, da que­sto punto di vista, il caso di Peppe Dimi­tri, scom­parso nel 2006 a seguito di un grave un inci­dente stra­dale, che dopo aver fatto parte di Terza Posi­zione e dei Nar, fu con­dan­nato per diverse rapine, una volta scar­ce­rato divenne uno stretto col­la­bo­ra­tore di Ale­manno e uno degli espo­nenti di spicco della cosid­detta destra sociale di An. Al suo fune­rale, accanto al futuro sin­daco di Roma, all’epoca mini­stro dell’Agricoltura, c’erano tre gene­ra­zioni di neo­fa­sci­sti, da Ste­fano Delle Chiaie a Gian­luca Iannone.

Oggi, al ver­tice della «fascio-mafia» capi­to­lina la Pro­cura di Roma pone la figura dell’ex ter­ro­ri­sta nero Mas­simo Car­mi­nati, tra i fon­da­tori dei Nar, anello di con­giun­zione tra i neo­fa­sci­sti e la Banda della Magliana, pro­ces­sato per l’omicidio di Fau­sto e Iaio, come per quello di Mino Peco­relli, anche se non è stato mai con­dan­nato per que­ste accuse, tra gli inda­gati tor­nano nomi già coin­volti negli scan­dali che hanno accom­pa­gnato l’amministrazione Alemanno.

Come Ric­cardo Man­cini, già mili­tante di Avan­guar­dia nazio­nale, con­dan­nato nel 1988 per vio­la­zione della legge sulle armi, capo dell’Ente Eur dopo il 2008, rin­viato a giu­di­zio per una mega tan­gente su una for­ni­tura di auto­bus alla città; Franco Pan­zi­roni, ex ammi­ni­stra­tore dele­gato dell’Ama, segre­ta­rio gene­rale della fon­da­zione di Ale­manno, già inda­gato per «paren­to­poli» e Anto­nio Luca­relli, già capo della segre­te­ria di Ale­manno, pro­ve­niente dalle file di Forza Nuova.

Ma nel cen­ti­naio di inda­gati di «Terra di Mezzo» c’è posto anche per Gen­naro Mok­bel, il fac­cen­diere già vicino ai Nar con­dan­nato per la maxi truffa Fastweb-Telecom Ita­lia Spar­kle, legato anche a espo­nenti prima di Alleanza Nazio­nale e quindi del Pdl. O per figure già vicine all’area dell’estrema destra vio­lenta, come Ric­cardo Bru­gia o Carlo Pucci, quest’ultimo nomi­nato diri­gente dell’Ente Eur con Man­cini, o nuove leve del neo­fa­sci­smo capi­to­lino, come Fabio Gau­denzi, coin­volto già nel 1994 in una rapina ad una banca durante la quale rimane ucciso Elio Di Scala, anch’egli un pas­sato nei Nar.

Nel fasci­colo anche il nome di Luca Gra­ma­zio, capo­gruppo di Forza Ita­lia alla regione Lazio, enfant pro­dige della destra romana e figlio d’arte, suo padre Dome­nico, detto «il pin­guino» è stato uno sto­rico ras mis­sino della capitale.

GUIDO CALDIRON

da il manifesto


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