Il pericolo di un “colpo di stato istituzionale”

Il pericolo di un “colpo di stato istituzionale”

di Alfonso Gianni -
“Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente”, diceva un dimenticatissimo Mao Tsetung. Ripetevamo la frase all’infinito nella nostra gioventù, senza peraltro mai sapere approfittare delle presunte circostanze favorevoli. Ora è in mano alla destra. La richiama infatti da ultimo Roberto Maroni, a dimostrazione dell’attualità di quel verso di Bertolt Brecht riportato in auge da Ernani/Oliveri nell’immaginario comizio dello splendido film di Roberto Andò interpretato da Toni Servillo. In effetti la confusione è un’occasione solo quando c’è una forza lucidamente disposta ad approfittarne. Non è il nostro caso. Così la confusione si tramuta in caos, concettuale in primo luogo. Fa parte di questa specie, la ridda di ipotesi sulla sopravvivenza in vita del governo Monti che servirebbe a sbrogliare l’intrigo istituzionale nel quale il non esito delle elezioni ci ha gettato.

Non basta rispondere, come pure sarebbe giusto : “Abbiamo già dato ed è stato un disastro”. Bisognerebbe avere la consapevolezza che sotto le mentite spoglie di una proposta che vuole apparire persino intrigante – perché sembrerebbe togliere, almeno nel tempo breve, le castagne dal fuoco a tutti quanti, Grillo compreso – si nasconde in realtà un nuovo sprofondo nella distruzione già molto avanzata del nostro sistema democratico. Un vero e proprio colpo di stato istituzionale, come si potrebbe dire con un ossimoro. Non trovo altro modo di qualificare l’ipotesi di un prolungamento senza limite del governo Monti in attesa, non si sa come peraltro, che le maggiori forze politiche trovino un’intesa per dare vita ad un qualche governo. Eppure è un’ipotesi che rimbalza insistentemente da una parte all’altra. Un giudizio molto pesante sulla stessa è stata espresso anche dall’autorevole costituzionalista Valerio Onida.

Il nuovo capo dello Stato (Napolitano in ogni caso non lo potrebbe fare per il noto impedimento del semestre bianco con la legislatura agli inizi) potrebbe certamente reincaricare, anche se lo sconsiglierei di farlo, Mario Monti, ma questi dovrebbe in ogni caso presentarsi alle camere per la fiducia. Per quanto rigiri tra le mani la nostra Costituzione non vedo come questo passaggio si possa saltare.

Nel caso la fiducia non venisse concessa, il governo potrebbe certamente restare in carica per l’ordinaria amministrazione. E, si badi bene, questo non sarebbe affatto poco, dal momento che è pur vero che anche la presentazione della legge di stabilità, ovvero la ex legge finanziaria, può essere annoverata tra gli affari correnti. Ma la sopravvivenza di un governo dimissionario non potrebbe essere dilatata al di là dello scioglimento delle camere e della indizione di nuove elezioni anticipate. Ipotesi che allo stato degli atti mi parrebbe l’unica ragionevole.

C’è chi obietta alla inderogabilità di un simile percorso con l’esempio del Belgio, ove il primo ministro dimissionario governò per ben 535 giorni, senza peraltro che il paese ne restasse sconvolto. Ma a parte che troverei un perfido capriccio della storia proclamare la necessità di “fare come in Belgio”, la condizione di questo piccolo paese è sensibilmente diversa dal punto di vista strutturale rispetto all’Italia. In Belgio vi è un forte decentramento che può quindi sopportare l’assenza prolungata di un governo centrale nella pienezza dei suoi poteri. Ma soprattutto il Belgio è sede del governo europeo che, lì più che mai, può surrogare il governo nazionale. Ma non è che tutto ciò sia un bene.

Proprio per queste ragioni progettare un governo del paese da parte di un governo dimissionario senza fiducia parlamentare, significa nei fatti programmare un colpo di stato istituzionale; dare un colpo decisivo a quanto resta della nostra sovranità nazionale, esplicitando al cubo ciò che del resto già avviene, ma che bisognerebbe correggere, e cioè che la politica e le istituzioni democratiche sono espropriate da un sistema di governance a-democratico europeo.

Infine, da quanto detto, risulta chiaro che le responsabilità e il ruolo del prossimo presidente della Repubblica sono estremamente delicati. Non è tempo di fantasie o di esperimenti spericolati. Ci vuole una figura che profondamente conosca e interpreti nella lettera e nello spirito la nostra Costituzione. Stefano Rodotà potrebbe incarnarla alla perfezione.

da Huffingtonpost.it


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