Comunisti adesso, la nostra scelta di entrare nel Prc

Comunisti adesso, la nostra scelta di entrare nel Prc

di Comunisti adesso -
La fase storica che viviamo si caratterizza per la crisi strutturale del modo di produzione capitalistico, esemplificata da vari fenomeni: la peggiore recessione economica dal 1929, la crisi di egemonia e l’inasprimento dell’aggressività imperialista di Usa e Europa Occidentale, la tendenza alla guerra in forme sempre più devastanti e ampie. Una fase che si è incentrata nella controffensiva neoliberista contro il movimento dei lavoratori, di cui il processo di integrazione economico e valutario europeo è stata ed è tutt’ora la leva strategica, per quanto non compresa pienamente e per tempo dai comunisti in Italia. E’ agevole constatare in questo quadro quanto la strategia e la tattica politica, approntate contraddittoriamente in questi ultimi anni, non siano state adeguate.

Alcuni nodi di fondo, il Pd e il Centro-sinistra

Uno dei maggiori vettori della controffensiva neoliberista è da rintracciarsi nella trasformazione del sistema politico in senso maggioritario e bipolare, che ha portato ad un progressivo appiattimento bipartisan verso il centro delle principali formazioni politiche di centro-destra e centro-sinistra. I comunisti non hanno capito per tempo le implicazioni politiche di tali trasformazioni, rimanendo invischiati nell’antiberlusconismo e subalterni al Pds-Ds-Pd. Oggi il Pd si pone come l’interprete più affidabile della linea economica e politica dei settori di vertice del capitale europeo e Renzi rappresenta, in continuità con il passato del suo partito, solo il momento culminante di questo più che ventennale spostamento a destra. Un’altra grave incertezza è stata manifestata dai comunisti a proposito del sindacato. I comunisti non sono riusciti a coordinarsi tra loro per coniugare la critica alla subalternità della direzione confederale al quadro politico, il collegamento con i settori più lucidi del sindacalismo di base e la definizione di una strategia complessiva d’insediamento nella odierna composizione di classe. Di conseguenza, la partecipazione dei comunisti ai governi del centro-sinistra, il modo subalterno in cui ciò è avvenuto e il rapido peggioramento delle condizioni dei lavoratori hanno contribuito a eroderne il radicamento sociale e a facilitare lo spostamento della sua base elettorale verso l’astensionismo e altre forze politiche.

 

Il Prc come attore della ricostruzione del partito comunista e per unire nella chiarezza la sinistra

Oggi, in Italia la dispersione dei comunisti ha raggiunto limiti senza precedenti e noi non intendiamo aggiungere frammentazione a frammentazione. Riteniamo che sia necessario rifuggire sia dal liquidatorio superamento della forma partito in una sinistra indistinta, sia all’opposto dall’autocelebrazione settaria di sentirsi unica vera rappresentanza comunista. Pensiamo, inoltre, che oggi un vero partito comunista debba essere l’interprete di una politica inserita in un percorso strategico di trasformazione dei rapporti di produzione in senso socialista. Ma, per fare questo, si deve recuperare e praticare l’autonomia di classe. Solo sulla base di una tale autonomia è possibile elaborare un nuovo impianto strategico, lavorare in modo coordinato nel sindacato e costruire le alleanze necessarie a ricostruire le premesse per tornare a vincere.
Per ricostruire un partito comunista adeguato alla nuova fase storica e ai nuovi compiti è però necessaria la realizzazione di percorsi unificanti tra i comunisti, superando divisioni in sedicesimo che riflettono ancora quelle storiche (degli anni ’60 e’70), basate, nel migliore dei casi, sulle strategie dei tempi della “Guerra fredda”. Quindi, l’unificazione dei comunisti in Italia non può che essere un processo di confronto tra realtà diverse, il quale richiederà un tempo non breve per ricostruire e socializzare un minimo di punti di vista comuni sulla realtà e sul che fare. Ma, proprio per questo, non si deve ignorare la necessità di partire, sin da subito, dall’individuazione di alcuni punti fermi. Riteniamo, infatti, che non si possa intraprendere un percorso così difficile dal nulla e che ci sia bisogno di un punto di aggregazione delle forze, per quanto non esaustivo esso possa essere. In questo senso, riteniamo che il processo di ricostruzione del partito comunista non possa non tenere conto del Prc, cioè dell’organizzazione comunista che storicamente ha rappresentato il punto di partenza e il motore della ricostruzione della presenza comunista in Italia dagli anni ’90. Il Prc, pur con tutte le incontrovertibili difficoltà, limiti e sconfitte, è a tutt’oggi tra i punti più significativi di aggregazione per questo processo a livello nazionale. E comunque dall’esito e dal futuro del PRC dipende direttamente o indirettamente la forma che assumerà la riorganizzazione dei comunisti in Italia. Il Prc, infatti, nel corso degli ultimi e difficili anni ha conservato, oltre ad una struttura organizzativa territoriale, alcune caratteristiche importanti. In particolare, il Prc ha mantenuto una prospettiva di autonomia politica, provando a mettersi a disposizione della costruzione a sinistra di alleanze sociali e politiche alternative al centro-sinistra. Per tutte queste ragioni, Comunisti Adesso ha maturato, per il percorso di questi anni e l’impossibilità evidente di aprire percorsi alternativi efficaci rispetto all’obiettivo, la convinzione che con l’ingresso nel Prc oggi si può contribuire a riallacciare le fila di quel processo di rifondazione del comunismo nel nostro Paese interrottosi negli anni ’90. Lo faremo portando la nostra esperienza e mantenendo aperto il confronto con tutti coloro che hanno fatto pezzi di strada con noi e oggi hanno intrapreso strade diverse. Il nostro auspicio è che i comunisti, dentro e fuori Rifondazione, possano continuare a discutere e confrontarsi sempre, riuscendo, al contempo, a trovare sempre i modi e le forme per lottare uniti contro il capitalismo e per una società socialista.


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