Essere (ancora) comunisti/e

Essere (ancora) comunisti/e

di Lidia Menapace -

Mi occuperò dell’importante recente relazione di Bertinotti, ma vorrei poter avere il testo completo, spero sarà pubblicato: anche se è possibile che non lo condivida o non del tutto o in qualche parte ecc., si tratta comunque di una riflessione ad ampio raggio, a quanto sembra senza rete e senza accorgimenti retorici, insomma una cosa che merita rispetto e attenzione. Si vedrà.
  Che volendo dichiarare la propria meta nel comunismo, sia importante aggiornare analisi e prospettive e usare tutti e senza reticenze i sussidi dello spirito critico e della valutazione storica, è  quasi ovvio: anche gli scritti di Magri -ad esempio- avevano lo stesso impegno e mira e non da poco tempo, ma forse da sempre, anche perché Lucio era fornito di una intelligenza non solo eccezionale, ma soprattutto  eccezionalmente anticipatoria. 
  Lasciando dunque il giudizio sospeso fino a lettura ultimata, devo però dire (e ciò riguarda sia Magri che Bertinotti ecc.ecc.) -insomma tutti quelli che ancora intendono definirsi comunisti- che non riconosco loro il diritto di farlo, se ignorano misconoscono, mettono da parte, non dedicano attenzione e conoscenza al femminismo, alla “questione femminile”, alla composizione del proletariato mondiale.                      
  Sono convinta che non lo si possa fare, io almeno non riconosco legittimità di dichiararsi comunista a chi ignora il femminismo , non parla del soggetto donna, non analizza il nuovo proletariato mondiale. 
  Tutti patriarchi, tutti, nessuno escluso. Per quanto mi riguarda, chi ignora ciò e si dichiara comunista, mente forse senza accorgersi, é colpevolmente distratto, insomma faccio fatica a considerarlo un compagno. Naturalmente lo stesso vale per le donne che non hanno coscienza di sé, che parlano di sè al maschile, che addirittura lanciano il matriarcato  come contraltare al patriarcato. Non riconosco al matriarcato niente che già non vi sia nel patriarcato, e darsi da fare per mettere su  un doppione è davvero  fatica sprecata.
  Ragiono  così: come avvisano le N.U. le donne sono la stabile maggioranza della popolazione del pianeta e di ogni paese che lo compone e ovunque sono almeno sottorappresentate,  spesso oppresse, private di diritti, economicamente più deboli ecc.ecc. La cultura patriarcale, anche quella moderata dell’Occidente  é sempre fondata sul primato del maschile e sulla impostazione”monoteista”.
 Se però si legge la composizione della popolazione mondiale, si potrà agevolmente concludere che il proletariato mondiale è composto da quasi tutte le donne del mondo, e da molti uomini sfruttati : il movimento reale che muta lo stato di cose presenti non può essere reale se non riconosce questa analisi e non costruisce una cultura politica complessa, e destinata a restare tale,cioè a non subire processi di riduzione della complessità e di “sintesi” che alla fine si concludono con l’unico dio o padre o capo, maschio o similmaschio (cioé donna emancipata  e maschilizzata).  Eccetera  lidia

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