Non c’è niente da sorridere

Non c’è niente da sorridere

di Giuliana Sgrena -
Un Giulio Terzi sorridente accanto a John Kerry, dopo la riunione degli Amici della Siria alla Farnesina, annuncia il riconoscimento della Coalizione nazionale siriana come unico legittimo rappresentante del popolo siriano al quale sarà fornita un’assistenza «più mirata all’interno della Siria». «L’obiettivo primario – dice il comunicato – è quello di favorire un mutamento dei rapporti di forza sul terreno». In quest’ottica i programmi di assistenza «saranno più strettamente coordinati per sostenere il Comando supremo militare del Libero esercito siriano».
È chiaro che i sostenitori delle forze anti-Assad – europei, americani e arabi – puntano esclusivamente sulla soluzione militare, anche se alla fine del comunicato, contraddicendo tutte le decisioni prese, sostengono di mirare a una «soluzione negoziata». Tra chi e chi, se si dice che Assad se ne deve andare e gli oppositori costruiranno un paese democratico? Può essere soddisfatto il presidente della Coalizione nazionale siriana, Moaz al Khatib, che alla fine ha deciso di venire a Roma, per aver ottenuto una dichiarazione a senso unico. Giustissimo condannare i massacri di Assad come «crimini contro l’umanità», ma non si fa cenno alle responsabilità dell’opposizione; giusto anche condannare i paesi che forniscono armi al regime di Assad, ma solo boicottando tutte le forniture si potrebbe favorire una soluzione negoziata.
Il segretario di Stato americano John Kerry alla fine ha promesso forniture per 60 milioni di dollari all’opposizione siriana, senza più nemmeno precisare – come fatto in passato – che si tratta di armi non letali, tanto a quelle ci pensa l’Arabia saudita comprandole in Croazia o in Libia. La situazione sembra riproporre sempre più l’intervento in Libia, i cui effetti evidenti non sono tenuti in nessun conto. Gli Usa, lo ha scritto il New York Times, riconoscono che l’opposizione siriana sta scivolando sotto il controllo di al Qaeda. E allora perché finanziarla? Perché non sostenere le forze davvero democratiche e non violente all’interno della Siria? Perché verrebbe meno il pretesto per un nuovo intervento militare contro i terroristi, come ha fatto la Francia in Mali provocando nuove diaspore dei gruppi jihadisti del Maghreb.
Il ministro degli esteri Giulio Terzi si dice soddisfatto. Di che? Di aver portato l’Italia dentro il pantano siriano approfittando dell’assenza di un governo e anticipando l’arrivo di forze che proprio guerrafondaie non sono? Non tiene conto del caos provocato dai risultati elettorali? O proprio il caos lo ha favorito? Del resto i partiti, così preoccupati dei prossimi assetti istituzionali non si sono accorti che il nostro governo, ancora una volta con un colpo di mano, punta solo sulle spese militari. Il parlamento se ne accorgerà solo quando dovrà rifinanziare le missioni all’estero, ma allora sarà troppo tardi.

Il Manifesto – 01.03.13


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