Brescia e i permessi di soggiorno impossibili

Brescia e i permessi di soggiorno impossibili

di Nando Mainardi – A Brescia, circa quattro anni fa, sei uomini sono saliti su una gru, a trenta metri di altezza, sita nel cantiere della metropolitana. Ci sono restati per diciassette giorni, perché chiedevano di essere regolarizzati. A terra, in tante e in tanti – altri migranti, soprattutto, ma non solo – solidarizzarono con loro, condividendo la loro richiesta, e si mobilitarono. Brescia diventò un caso nazionale, una punta avanzata delle lotte dei migranti. Cos’è rimasto di quella sacrosanta lotta, che per ottenere visibilità e attenzione venne praticata con modalità “estreme”, al punto di mettere in pericolo la vita di chi la praticò? Ben poco, purtroppo: se possibile oggi, a Brescia, la vita per i migranti è diventata più dura che in qualsiasi altra città del Nord Italia. E’ emerso con nettezza in un’assemblea piuttosto partecipata organizzata – alla Camera del Lavoro – dal Coordinamento Immigrati della Cgil e dal Forum Immigrazione del Pd locale, a cui sono stato invitato come rappresentante nazionale di Rifondazione Comunista. Se quelli della gru chiedevano una sanatoria per poter uscire dalla clandestinità, l’”occasione” è poi arrivata nel 2012, per opera del governo Berlusconi. Ma i criteri adottati dal governo e i costi richiesti agli immigrati erano tali che venne battezzata “sanatoria truffa”. A Brescia c’è di più, appunto: a due anni di distanza, quasi la metà delle richieste presentate è ancora in attesa di risposta. Non ci sono altre situazioni simili in Italia. La Prefettura si sta muovendo con tempi lentissimi e ha disposto controlli su controlli, alla ricerca di tutti gli appigli formali per poter respingere più domande di regolarizzazioni possibili. Nel frattempo, la Procura della Repubblica bresciana ha indagato 130 persone, in relazione alle sanatorie del 2007 e del 2009, accusate di favorire il rilascio di “permessi facili”: tra questi, i trenta dipendenti dello Sportello Unico per l’Immigrazione, avvocati, consulenti, immigrati. Se l’indagine della Procura lascia perplessi – a partire dall’elevato numero delle persone indagate, tra cui alcuni protagonisti delle lotte per i diritti dei migranti – la Prefettura ha inaugurato il corso sicuramente opposto: quello della sanatoria impossibile, o quasi. Difficile non scorgere, nella situazione venutasi a creare, un approccio punitivo e penalizzante nei confronti dei migranti bresciani: tanti di loro avevano sostenuto la lotta della gru, e avevano alzato la testa. Il Pd, nel frattempo, è diventato partito di governo a livello nazionale e locale. Ma è cambiato ben poco. Renzi – che, appena eletto segretario nazionale, aveva indicato la Bossi-Fini come una delle leggi da superare – ha dimenticato in fretta tale priorità. In più, fino ad ora, la Prefettura ha agito indisturbata nel rendere impossibile la vita dei migranti. Scommettiamo che per il ministro Alfano non è un problema? Diversi migranti si dicono pentiti di aver partecipato alle primarie del Partito Democratico, qualche mese fa, e pensano che la misura sia colma. Majid, operaio e intervenuto all’assemblea, afferma che “l’unica risposta a questa situazione è riprendere con la lotta. Dobbiamo impedire che gli immigrati vengano usati dalla politica: l’unica nostra bandiera deve essere quella dei nostri diritti. La lotta paga”. Majid ha ragione, anche perché ora sta avvenendo l’esatto contrario: vogliono far pagare la lotta a chi l’ha fatta. Vale per gli stranieri e vale per gli italiani: solo rompendo la passività che ha segnato questi anni, è possibile provare a cambiare qualcosa


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