Pd, classe dirigente da mandare a casa

Pd, classe dirigente da mandare a casa

di Giacomo Russo Spena
Grillo e Berlusconi. Berlusconi e Grillo. Loro hanno vinto le elezioni. Senza giri di parole e inutili fronzoli: per il centrosinistra, come per la lista Ingroia, è un fallimento. Una Caporetto. Eppure 14 mesi fa c’era un altro quadro. Altre istantanee: il Cavaliere era agonizzante, il M5S stava al 4 per cento, Monti esisteva solo nei peggiori incubi. Il Pd invece di andare al voto – all’epoca regnava la coalizione di Vasto – ha deciso masochisticamente di sostenere il Professore. Niente urne ma “scelta responsabile”. E allora 14 mesi di pieno sostegno alle politiche di austerity, il voto favorevole alla riforma Fornero, agli esodati, all’Imu etc…

Poi ecco la campagna elettorale, un centrosinistra si è adagiato sul successo di partecipazione alle primarie ma ha continuato nel tempo a flirtare col pessimo governo Monti, punito dagli italiani. Un Bersani che ha parlato di futura alleanza coi moderati “anche col 51 per cento in Parlamento”, di possibile intesa tra Sel e Scelta Civica e che non ha fatto sognare. E non si è posto come alternativa. Una campagna elettorale tanto sobria quanto perdente.

Berlusconi, avuto le mani libere, ha caricato a testa bassa col suo populismo e contro il governo tecnico di Monti. Così ha retto. Ha tenuto. E’ riuscito a non perdere e rendere ingovernabile un Senato grazie all’aiuto del Porcellum. Legge fatta nel dicembre 2005 e che nessuno – malgrado siano cambiate diverse maggioranze – ha mai modificato. Anzi a settembre scorso era stato chiesto allo stesso autore del Porcellum, il leghista Calderoli, di idearne una nuova. Follia generale.

Un Pd – commissariato dal pessimo presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il quale ha imposto dall’alto l’opzione Monti – che non ne azzecca una, riuscendo a non vincere elezioni già in tasca. Come questa. Una classe dirigente intera (i D’Alema, i Letta, le Finocchiaro, le Bindi) che dovrebbe andare in pensione. In tal senso Bersani, se avesse un minimo di pudore, dovrebbe presentare le dimissioni.

Il Pd, che alla Camera ha vinto solo grazie al sostegno della Sud Tirolo Volkspartei, ha sottovalutato il fenomeno del grillismo. In Rete è ovunque un video di Piero Fassino – quello del “abbiamo una banca” – che deride Grillo sulla sua capacità di raccogliere consensi: “Si candidasse alle elezioni e vediamo quanti voti raccoglie”. Il M5S ha fatto sentire il proprio boom fino al Quirinale. Un trionfo sopra ogni aspettativa. Un voto di rottura e discontinuità contro il sistema: quasi il 26 per cento e primo partito in Italia. Finisce anche la favola dei voti “rubati” a destra perché ricerche del Censis dimostrano come Grillo nella tornata elettorale abbia cannibalizzato soprattutto la sinistra. Il M5S si afferma così come alternativa (pescando consenso anche nei movimenti per la difesa dei beni comuni). Rivoluzione Civile col suo 2 per cento riesce nell’impresa di fare peggio della Sinistra Arcobaleno nel 2008: era difficile. Quasi impossibile. Ingroia ci è riuscito. Il Guatemala lo aspetta. Anche Nichi Vendola che parla di “missione compiuta” fa tenerezza: Sel si attesta poco sopra il 3 per cento, nella “ben governata” Puglia al Senato è un trionfo del Pdl e soprattutto è corresponsabile della “non vittoria” del centrosinistra.

E ora? Il Pd, per fortuna, pare scongiurare un governissimo con Berlusconi e Bersani, in una conferenza stampa, ha aperto al M5S: 4-5 punti (nuova legge elettorale, reddito minimo di cittadinanza, riduzione dei costi della politica, legge sul conflitto d’interessi) potrebbero essere ottime iniziative prima di andare nuovamente alle urne. Incredibile come il segretario democratico non abbia mai nominato Monti, fino a ieri considerato il “faro” della politica italiana. Misteri di un Pd che non smette di stupire. In peggio.

da Micromega online


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.