Marchionne, è tutto uno sciopero
Pubblicato il 17 giu 2014
di Antonio Sciotto – il manifesto
Non c’è pace in questa Fiat. Se all’ad delle meraviglie, Sergio Marchionne, sta riuscendo perfettamente l’operazione di fusione tra Fiat e Chrysler – perfezionata proprio in questi giorni, con un ricasco di vantaggiosissimi regimi proprietari e fiscali grazie alla nuova sede olandese – il rapporto con i sindacati invece proprio non va. E non solo con la «bestia nera» Fiom – che è quasi scontato – ma anche con i ben più malleabili “sindacati del sì”, l’arco di sigle che va dalla Fim all’Ugl, e che questa volta il contratto non gliel’ha firmato. Anzi, ha indetto uno sciopero.
Protesta – quella proclamata da Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Aqcf Quadri – che non arriva certo da sola, perché un antipasto è venuto dallo stop alle linee Maserati indetto dalla Fiom a Grugliasco, contro l’appesantirsi dei carichi. «Incomprensibile e irrazionale», lo ha definito l’azienda. E ugualmente lo hanno denigrato i “sindacati del sì”, facendo proprie le percentuali di adesione diffuse da Fiat (11%, contro il 30% misurato invece dalla Fiom).
Ma numeri a parte, gli altri sindacati, non appena hanno finito di attaccare lo stop dei colleghi fiommini, hanno subito indetto il blocco delle flessibilità e degli straordinari per dire no agli ormai famigerati 15 euro lordi offerti dalla Fiat.
Insomma, da qualsiasi parte si volti (almeno in Italia), Marchionne è accerchiato dagli scioperi. Ma il manager dei due mondi, come si sa, non si perde mai d’animo, e ieri ha diffuso un comunicato molto critico contro le fermate della produzione (ma indirizzato solo alla Fiom, e non riferito alle altre sigle).
«Lo sciopero alla Maserati di Grugliasco appare assolutamente incomprensibile – dice la Fiat in un comunicato – È stato infatti proclamato, e parzialmente messo in atto, in uno degli stabilimenti automobilistici più moderni del mondo, che adotta tecnologie all’avanguardia e dove vengono costruite automobili di lusso che stanno ottenendo un grande successo internazionale. Per rinnovare l’impianto con i nuovi modelli, l’investimento della Fiat è stato di circa 1 miliardo di euro».
Ma non basta, perché il sindacato guidato da Maurizio Landini, viene anche accusato di adottare comportamenti «irrazionali»: «In un momento come questo dell’economia italiana dove la disoccupazione ha raggiunto punte senza precedenti – dice ancora il Lingotto nella sua nota – scioperare in un impianto che sta creando posti e opportunità di costruire prodotti di alta qualità che per oltre il 90% vengono esportati, è assolutamente irrazionale».
Lo sciopero ha visto l’adesione «di 209 persone su 2019 – dice ancora la Fiat – e ha causato la perdita di 11 vetture. La Fiat a Grugliasco non solo ha salvato l’occupazione degli oltre mille lavoratori dell’ex Bertone, ma ha creato ad oggi ulteriori 1.300 posti per i lavoratori di Mirafiori in cassa integrazione, con previsione di ulteriori 500 a partire da settembre. Come è noto il successo dei nuovi modelli deve essere colto nel momento in cui la domanda è forte. Azioni come quella odierna, anche se di seguito limitato, rischiano di creare gravi contraccolpi negativi per l’azienda e per l’occupazione».
Insomma, se scioperate, create danno non solo alla Fiat, ma addirittura al Paese. Parole che per il momento non scoraggiano gli altri sindacati, quelli del “sì”. La rottura al tavolo, consumata la settimana scorsa per il mancato accordo sull’aumento contrattuale (Fiat offriva massimo 250 euro annuali, mentre Fim-Uilm-Fismic-Ugl erano scesi da 390 a un massimo di 300), ha aizzato gli animi, provocando uno stop che è quasi “fuoco amico”.
Spiegando che «ora è indispensabile che le parti facciano l’ultimo sforzo avvicinando le distanze», i “sindacati del sì” dicono a Marchionne che questo passo non deve essere unilaterale: «Le nostre proposte di mediazione hanno forti elementi di responsabilità, che se la direzione aziendale non considerasse, rischierebbe di peggiorare fortemente le relazioni sindacali. Speriamo ci convochi, evitando così il determinarsi di una situazione di conflitto con il blocco dello straordinario e delle flessibilità da noi deciso».
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