Uno su otto

Uno su otto

di Grazia Naletto – il manifesto

Asten­sio­ni­smo, euro­scet­ti­ci­smo, suc­cesso delle destre nazio­na­li­ste e popu­li­ste in Fran­cia, in Austria, in Gran Bre­ta­gna e in Gre­cia così come nei paesi del Nord e dell’est Europa. Ma anche affer­ma­zione di quei movi­menti e par­titi che hanno saputo pro­porre una let­tura cri­tica della crisi e ricette alter­na­tive a quelle domi­nanti per uscirne, come in Spa­gna e in Gre­cia, «par­lando» il les­sico dell’eguaglianza e della giu­sti­zia sociale, della garan­zia sostan­ziale dei diritti per tutti, di una cit­ta­di­nanza euro­pea non esclu­dente, di uno svi­luppo non pre­da­to­rio e rispet­toso dell’ambiente.
Il Par­la­mento euro­peo che il voto ci ha con­se­gnato ha un defi­cit di demo­cra­zia: è stato eletto solo dal 43,1 per cento degli aventi diritto al voto euro­pei e dal 58,7 per cento di quelli ita­liani. Senza con­tare quel 4,1 per cento di cit­ta­dini stra­nieri non comu­ni­tari che, pur vivendo in Europa, dal voto sono esclusi a priori.

Il defi­cit di demo­cra­zia rischia di tra­vol­gere anche l’Italia con la con­cen­tra­zione di più del 40 per cento dei voti nel primo par­tito e di più del 20 per cento in un movi­mento «vir­tuale», la scom­parsa delle forze di cen­tro, la fra­gi­lità di una lista nuova come quella Tsi­pras, l’esiguo 0,9 per cento con­qui­stato dai verdi.

Il tutto nel con­te­sto di un asten­sio­ni­smo che più che per i suoi valori, dovrebbe pre­oc­cu­pare per la sua distri­bu­zione geo­gra­fica e sociale. Hanno votato meno rispetto alla media i cit­ta­dini meri­dio­nali e delle isole, le donne, le per­sone con i livelli di istru­zione più bassi (licenza ele­men­tare e media), gli ope­rai, i disoc­cu­pati e le casa­lin­ghe (dati Ipsos). Molti di coloro che non sono andati a votare vivono dun­que nelle aree ter­ri­to­riali e appar­ten­gono alle fasce sociali più deboli del paese. Sono le più col­pite dalla crisi e dalle poli­ti­che di auste­rità che hanno legit­ti­mato e acuito la cre­scita delle dise­gua­glianze, facendo finta di guar­dare agli equi­li­bri della finanza pub­blica, pri­vi­le­giando in realtà per lo più gli inte­ressi dei grandi poteri eco­no­mici e finan­ziari.
È per altro la stessa Corte dei Conti ad aver cri­ti­cato due giorni fa il prov­ve­di­mento sull’Irpef sug­ge­rendo l’urgenza di una riforma fiscale com­ples­siva impron­tata ad una mag­giore pro­gres­si­vità ed equità.

Verdi e Gue hanno eletto 97 dei 751 euro­par­la­men­tari: uno su otto. Saranno dispo­ni­bili a lavo­rare insieme per resti­tuire rap­pre­sen­tanza sociale ai cit­ta­dini euro­pei che sono i più col­piti dalla crisi?
All’Italia e all’Europa del futuro non ser­vono pal­lia­tivi, ma riforme strut­tu­rali capaci di ridi­men­sio­nare il potere della finanza, creare lavoro, redi­stri­buire la ric­chezza, difen­dere il modello di wel­fare euro­peo, la pace e l’ambiente. Abbiamo biso­gno di pro­po­ste pre­cise, soste­ni­bili e rea­liz­za­bili, ma anche e soprat­tutto di rein­ven­tare e con­di­vi­dere una visione com­ples­siva e alter­na­tiva dell’Europa che vogliamo, capace di resti­tuire cen­tra­lità e dignità alle persone.

Sbi­lan­cia­moci! insieme a molte orga­niz­za­zioni e movi­menti della società civile con­ti­nuerà a con­fron­tarsi con que­sta sfida in Ita­lia e, sem­pre più, in Europa: facendo rete a par­tire dai con­te­nuti. Uno su otto euro­par­la­men­tari non sono pochi: se fos­sero dispo­ni­bili a lavo­rare insieme e a con­fron­tarsi con i movi­menti, potreb­bero costi­tuire un’ottima sponda.


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