Gli zombi dell’austerità

Gli zombi dell’austerità

di Roberto Romano – il manifesto

Il risultato elettorale non ha scosso Bruxelles. E’ ricomparso il commissario Olly Rehn, con i suoi voti, la sua bacchetta magica, il pareggio di bilancio, le riforme strutturali, il debito pubblico

Le ele­zioni euro­pee non hanno con­se­gnato una mag­gio­ranza chiara, ma hanno boc­ciato le poli­ti­che di auste­rità. Ser­vi­reb­bero inve­sti­menti per pro­get­tare la terza rivo­lu­zione indu­striale; avremmo biso­gno di “ser­vi­tori dell’Europa”, di diri­genti e poli­tici capaci di pen­sare ai nipo­tini di Key­nes. Invece è ricom­parso il Com­mis­sa­rio Olly Rehn, con i suoi voti, la sua bac­chetta magica, il pareg­gio di bilan­cio, le riforme strut­tu­rali, il debito pubblico.

L’appuntamento era segnato nell’agenda, ma Olly Rehn è il fidan­zato che non vor­re­sti più vedere, petu­lante e fasti­dioso come certi per­so­naggi delle com­me­die di Carlo Ver­done. Non man­cano le rac­co­man­da­zioni. Alcune sono espli­cite ed altre in chiaro scuro.

Bru­xel­les ritorna sulla tra­spa­renza del mer­cato cre­di­ti­zio, sulla neces­sità di rie­qui­li­brare il carico fiscale sul lavoro, sull’apertura dei mer­cati dei ser­vizi (il refe­ren­dum è archi­viato), sulla lotta all’evasione da raf­for­zare ulte­rior­mente, sul sistema sco­la­stico che richiede mag­gior cura, sulle reti da svi­lup­pare e l’autorità dei Tra­sporti da lan­ciare sul serio. Non manca il richiamo sul lavoro. Ovvia­mente non è tutto.

Gli euro­pei sono in feb­brile attesa che dal 2016 entri in vigore il fiscal com­pact, ovvero di tagliare di un ven­te­simo l’anno il debito pub­blico supe­riore al 60% del rap­porto debito/Pil. Natu­ral­mente dob­biamo ancora fare dei com­piti. Il rag­giun­gi­mento degli obiet­tivi di bilan­cio non sono suf­fra­gati da misure det­ta­gliate per il 2014 e per 2015. Tec­ni­ca­mente dovremmo fare una mano­vra cor­ret­tiva di 8 mld di euro per il 2014. Non man­cano le pre­scri­zioni della Com­mis­sione per il mer­cato del lavoro. Sono sem­pre le stesse, ma è giu­sto ricor­darle. Garan­tire una cor­retta attua­zione delle riforme adot­tate in rela­zione al mer­cato del lavoro, in par­ti­co­lare per con­so­li­dare la fles­si­bi­lità in uscita, assieme ad una fles­si­bi­lità in entrata meglio rego­la­men­tata, e un miglior alli­nea­mento dei salari alla pro­dut­ti­vità. Senza con­tare che il debito con­ti­nua a cre­scere: nel 2014 alla quota record del 135,2% del Pil.

L’atteggiamento della Com­mis­sione è lo spec­chio fedele dei trat­tati comu­ni­tari. Non è suo com­pito cam­biarli, piut­to­sto del pros­simo par­la­mento e dalla poli­tica euro­pea. Alla fine la Bce sem­bra più innovativa.

Dif­fi­cile da cre­dere, ma è pro­prio così. Allo stato attuale abbiamo dei diri­genti europei-zombi. Sono un pas­sato che non è più presentabile.

Vale la pena richia­mare le con­si­de­ra­zioni di Visco nell’ultima assem­blea di Banca d’Italia: «L’euro è una moneta senza Stato e di que­sta man­canza risente… per com­ple­tare il cam­mino lungo la strada dell’integrazione vanno con­di­visi altri ele­menti essen­ziali di sovra­nità; all’Unione ban­ca­ria, in corso di attua­zione, dovrà seguire la crea­zione di un vero bilan­cio pub­blico comune. La defi­ni­zione di stru­menti che con­sen­tano di inter­ve­nire a soste­gno della cre­scita dell’economia e del benes­sere dei cit­ta­dini aiu­te­rebbe l’Unione euro­pea a riac­qui­stare il con­senso che è andata in parte perdendo».

Forse la Banca cen­trale euro­pea (Mario Dra­ghi, alunno di Fede­rico Caffè) ha com­preso meglio la crisi dei buro­crati della Com­mis­sione: «Serve una più ampia azione di poli­tica eco­no­mica a livello euro­peo. Misure tem­pe­stive per acce­le­rare la rea­liz­za­zione di infra­strut­ture, non solo materiali».

I com­piti a casa cominci a farli la Com­mis­sione Europa, cioè i capi di Stato e il Par­la­mento diven­tino sog­getto del cam­bia­mento che i cit­ta­dini euro­pei si aspettano.


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