La politica e la festa

La politica e la festa

di Stefano Galieni -
La chiusura della campagna elettorale di Rivoluzione Civile che si è svolta ieri sera al Gran Teatro di Saxa Rubra a Roma, va inquadrata sotto queste due parole apparentemente distanti ma terribilmente connesse. Si è giocata una scommessa, riempire un teatro che ospita 3500 persone senza copertura mediatica adeguata – l’oscuramento ha continuato a pesare – senza impiego di enormi risorse economiche ma solo, si fa per dire con l’energia, la voglia di partecipazione e militanza di tanti e tante che hanno raggiunto il luogo dell’evento anche giungendo da molto lontano. Una scenografia essenziale e centinaia di bandiere di RC che hanno sventolato ininterrottamente fino a tarda notte con l’entusiasmo che si respirava negli applausi e nei sorrisi di tanti volti di tutte le età. L’incontro è stato moderato dal comico Dario Vergassola che non si è risparmiato in alcune sue velenose battute e si è aperto con un lungo e articolato intervento di Antonio Ingroia, il candidato premier. Ingroia è stato capace, a poche ore dalla fine di una breve ma faticosissima campagna elettorale di trasmettere, col suo stile ormai caratteristico, energia e contenuti che hanno ancora di più marcato tanto la distanza col resto del panorama politico quanto il carattere di sinistra e radicale della formazione. In circa 40 minuti di discorso appassionato, oltre che affrontare le questioni che gli sono più proprie – la lotta alle mafie, alla corruzione, all’evasione fiscale – il leader di RC si è soffermato sui temi della crisi, del lavoro, della precarietà e dei danni provocati dalle politiche berlusconiane prima e montiane poi. Forte la critica alla complicità praticata dal Pd durante il governo Monti nel permettere l’approvazione di riforme che hanno colpito i lavoratori, i pensionati, la scuola e la sanità, in nome di sacrifici compiuti dai soliti tanti che hanno avvantaggiato i pochi e i potenti. Un discorso lucido e a tutto tondo sulle storture praticate in campagna elettorale – dall’oscuramento mediatico, alle promesse truffaldine alla beffa del cosiddetto “voto utile”. «Ma voto utile a chi?». Ha più volte ripreso Ingroia fra gli applausi scroscianti, applausi che lo hanno interrotto ogni volta che ha elencato elementi programmatici e di proposta della formazione – dall’istituzione dell’Alto Commissariato per requisire i capitali illeciti accumulati attraverso attività criminali, corruzione ed evasione, alla necessità del reato di femminicidio, dalla necessità di estendere gli spazi di partecipazione a quella di abbattere le spese militari e per le inutili grandi opere in favore di investimenti per la cultura, la ricerca, il riassesto idrogeologico del territorio. Applausi scroscianti quando ha riaffermato la necessità di garantire i diritti Glbt, quelli di cittadinanza per i cittadini migranti, l’abolizione di leggi inique e razziste, applausi quando ha richiamato ad una battaglia di verità rispetto alle tante stragi impunite che sono nella memoria nera del Paese, applausi quando con sapiente utilizzo di un semplice schermo, apparivano i volti delle persone ispiratrici nella memoria di RC, da Enrico Berlinguer a Ernesto Che Guevara, da Antonio Gramsci a Martin Luther King. Un intervento vibrante ma carico di razionalità, lontano dai toni melliflui dei leader sedicenti moderati quanto dalle urla scomposte di Grillo, un intervento in cui venivano fatti i nomi e i cognomi dei protagonisti della vita politica italiana, il ruolo che in questo momento giocano e le responsabilità di cui si stanno caricando e che stanno caricando sulle spalle della collettività. Un intervento poco incentrato sul personalismo, iniziato a tal proposito dicendo:«Non sono un salvatore della patria e non cerchiamo salvatori individuali ma contribuiamo tutti a salvare il Paese». Di fronte ad Ingroia, seduti nella prima fila, candidati della lista come Paolo Ferrero, Ilaria Cucchi, Vladimiro Giacché, Sandro Ruotolo, Antonio Di Pietro e tanti altri, insieme a esponenti della nostra cultura comune come Citto Maselli. All’intervento impeccabile di Ingroia ha fatto seguito quello breve ma efficace di Sandro Ruotolo, il giornalista candidato per RC come governatore della Regione Lazio che poche ore prima aveva lasciato una tribuna politica televisiva per non condividere giustamente lo spazio con un esponente di Casa Pound, in nome dei valori dell’antifascismo pienamente rivendicati. A seguire si sono alternati gli intermezzi di comici e di musicisti in un crescendo, malgrado la tarda ora di coinvolgimento e di atmosfera di festa. Straordinaria l’energia sciamanica di Teresa De Sio, efficaci e feroci gli interventi di Cinzia Leone e Alessandro Serra, duro l’apporto dato da Andrea Rivera che, smessi i panni del comico ha voluto denunciare lo scempio che i sindacati stanno facendo del Primo Maggio, chiedendo che le spese che ogni anno si sostengano per il mega concertone, vengano devolute a chi è in cassa integrazione. Una denuncia violenta frutto anche di una ingiustizia subita anni fa quando bastarono alcune battute satiriche, neanche troppo cattive ma realistiche sul Vaticano, a escludere Rivera da qualsiasi futura collaborazione. E poi la magia della danza che prende corpo e diviene catartica con Enzo Avitabile e i Bottari, una musica che penetra e rimanda energia positiva, carica vitale, voglia di rivincita. In chiusura Teresa De Sio ha riportato, prima Antonio Ingroia poi gli altri candidati rimasti, sul palco a cantare insieme una bella canzone sul cambiamento che arriva e poi irruente e significative le note de “I cento passi” dei Modena City Ramblers, con le immagini finali del magnifico film su Peppino Impastato. L’ora era già tarda ma ci si è dato un arrivederci, per proseguire, insieme, la battaglia per una “Rivoluzione”« Che – come ha ripreso Ingroia rispondendo alle tante ironie fatte sulla sua figura – saprà anche essere maleducata, per mandare via chi non è degno di sedere negli scranni parlamentari».


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