L’anno nero del lavoro: 9 mln in difficoltà

L’anno nero del lavoro: 9 mln in difficoltà

di rassegna.it -
“Il 2012 si conferma l’anno nero dell’occupazione in Italia. Se si sommano i lavoratori che nel 2012 si trovavano nella cosiddetta ‘area del disagio’, cioè precari o part time involontari, a quelli della cosiddetta ‘area della sofferenza occupazionale’, vale a dire disoccupati, scoraggiati immediatamente disponibili a lavorare e persone in cassa integrazione, si può stimare la stratosferica cifra di circa 9 milioni di persone in drammatica difficoltà con il lavoro”. E’ quanto affermano il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni e il segretario confederale della Cgil, con delega al mercato del lavoro, Serena Sorrentino.

Negli ultimi tre mesi del 2012 si sono persi quasi 200 mila posti di lavoro, con un numero di occupati a dicembre prossimo a quello di sette anni prima. La disoccupazione, cresciuta su valori estremamente elevati ci riporta indietro di 14 anni e la progressione nei dodici mesi risulta molto più marcata rispetto alla media europea, sia riferita ai 27 Paesi dell’Unione, che ai 17 dell’Area Euro: circa un quarto dell’aumento dei disoccupati in Europa nel 2012 è italiano.

La disoccupazione giovanile continua a pesare come un macigno; da 4 anni la cassa integrazione supera il miliardo di ore autorizzate e le domande di disoccupazione e mobilità sono cresciute nel 2012 di oltre 280 mila unità rispetto all’anno precedente. “Ma i dati sostanziali – sottolineano Fammoni e Sorrentino – sono ancora più drammatici di quelli formali, e riguardano anche la precarietà, l’inattività e la costante diminuzione delle ore di lavoro che involontariamente le persone sono costrette ad accettare”.

Gli scoraggiati, dopo un periodo di calo, sono tornati ad aumentare e la contrazione del volume di lavoro è assai più marcata per effetto della riduzione degli orari e per il ricorso alla cassa integrazione di quanto dica la già alta diminuzione del numero di occupati. Il lavoro a tempo parziale, involontario e con un numero molto basso di ore, interessa infatti un numero sempre crescente di lavoratori.

A dicembre gli occupati risultano ancora in diminuzione, sia su base congiunturale (-104 mila rispetto a novembre 2012, pari a -0.5%) che su base tendenziale (-278 mila rispetto a dicembre 2011, pari a -1.2%) e il loro numero è stimato in 22 milioni 723 mila, più o meno lo stesso registrato sette anni prima, nel dicembre del 2005.Il tasso di occupazione (15-64 anni) continua a scendere (-2 decimi di punto rispetto a novembre 2012 e -6 decimi rispetto a dicembre 2011) e si attesta a dicembre al 56.4%, il valore più basso dal 2002, dato che colloca il nostro paese al terz’ultimo posto in Europa. (Peggio di noi solo Spagna e Grecia).

Il tasso di inattività, un fenomeno molto più diffuso nel nostro paese rispetto al resto dell’Europa, al cui interno si trova una parte rilevante di esclusi dal mondo del lavoro non formalmente riconosciuti come disoccupati, si attesta al 36.4%.“E questo spiega – sottolineano Fammoni e Sorrentino – perché nel nostro paese abbiamo un tasso di disoccupazione nella media e un tasso di occupazione molto più basso di quello europeo”

I disoccupati formali sono 2 milioni 875 mila, il numero più alto registrato negli ultimi vent’anni, ancora in forte crescita su base annua (+474 mila. pari a +19,7%).

I giovani di 15-24 anni che a dicembre cercavano un impiego sono 606 mila e il tasso di disoccupazione in quella fascia di età è pari al 36,6%, in calo di 2 decimi di punto rispetto a novembre ma in aumento di quasi 5 punti (+4.9) rispetto a dicembre 2011. Per quanto riguarda la qualità dell’occupazione (modalità contrattuali e orari di lavoro) secondo l’Istat, tra il 2008 e il 2012, il lavoro “tipico” ha perso più di un milione di unità; il lavoro temporaneo è in rapida ascesa dal 2010, nonostante il forte calo consistente registrato nel 2009, quando i precari furono i primi espulsi per effetto della crisi.

Nel 2012 i dati riferiti alle Comunicazioni Obbligatorie confermano la progressiva sostituzione di lavoro stabile con lavoro flessibile: l’80% circa delle nuove assunzioni è temporanea e riguarda più di un contratto (il numero medio di contratti infatti è pari a 1.25 per persona).

“Il protrarsi di una situazione di questo genere rappresenta oramai – proseguono Fammoni e Sorrentino – ben più di un gravissimo problema economico e sociale, ma diventa un vero e proprio problema democratico la cui soluzione dovrebbe essere la priorità per tutti, anche in considerazione del fatto che i dati di gennaio relativi alla cassa integrazione e al Pil 2013 non annunciano niente di buono per l’anno in corso. Colpa certamente del protrarsi della crisi, ma anche e in modo evidente delle scelte sbagliate e dell’inadeguatezza di chi ha governato nelle ultime stagioni politiche e ha negato ed aggravato la crisi con le politiche di austerità senza sviluppo”.

“Ecco perché – concludono i due dirigenti sindacali – la Cgil ritiene il lavoro la via strategica per uscire dalla crisi e ha presentato il ‘Piano del lavoro’. Una proposta credibile, praticabile e aperta al confronto. Creare nuovo lavoro e difendere quello già esistente è, infatti, l’unica premessa oggi credibile di ogni proposta di uscita dalla crisi”.


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