La riscoperta dell’amato “golpe”

La riscoperta dell’amato “golpe”

di Andrea Fabozzi – il manifesto

Dun­que Mario Monti riceve l’incarico di for­mare il suo primo governo nel novem­bre 2011, ma già a luglio si par­lava di lui come sosti­tuto di Sil­vio Ber­lu­sconi. Scoop o lan­cio pro­mo­zio­nale che sia, il Cor­riere della Sera ha le carte in regola per farlo. Ha infatti tutto nel suo archi­vio, tutto già com­po­sto e rac­con­tato. Tra­di­zio­nal­mente parco — «sobrio» si dirà poi -, tra luglio e ago­sto di quell’anno Monti scrive quat­tro edi­to­riali in fila sulla prima pagina del Cor­riere. Bastano i titoli. «Troppo timidi per cre­scere», «Quello che serve (dav­vero) al paese», «Il pode­stà fore­stiero», «Un nuovo governo dell’economia». Il secondo, un pro­gramma (dav­vero) di governo, Monti lo pub­blica anche sul Finan­cial Times, l’altro gior­nale che ieri ha sco­perto, con un po’ di ritardo, cosa stava suc­ce­dendo quell’estate. Scop­pia la tem­pe­sta degli spread, dall’Europa pio­vono dik­tat che il governo Berlusconi-Tremonti pun­tual­mente sot­to­scrive, ed è pro­prio il Cor­riere a lan­ciare l’alternativa: «La ricetta Monti» com­pare nei titoli di quel gior­nale, men­tre le cro­na­che lì come altrove infor­mano che il governo tec­nico è die­tro l’angolo. Per cono­scere la «ricetta» biso­gnerà aspet­tare solo qual­che set­ti­mana, la si potrà assag­giare in forma di decreti.

Napo­li­tano tra­mava nell’ombra? Nell’ombra no di sicuro, altri­menti non avrebbe potuto rice­vere il soste­gno e l’incoraggiamento del Cor­riere che l’11 luglio pun­tua­liz­zava: «Si sono creati i pre­sup­po­sti per una sorta di unità nazio­nale a geo­me­tria varia­bile». Il pre­si­dente della Repub­blica aveva già fatto di tutto, com­preso l’inaudita con­sul­ta­zione al Qui­ri­nale dei capi­gruppo par­la­men­tari, con il governo ancora saldo in carica. Quo­ti­diani i suoi appelli alla col­la­bo­ra­zione tra par­titi, pro­prio a luglio diven­tati più che espli­citi con la richie­sta di «coe­sione nazio­nale per affron­tare le dif­fi­cili prove». Le oppo­si­zioni non se lo fanno ripe­tere e danno il via libera alla mano­vra di Tre­monti, ma Napo­li­tano vuole essere ancora più chiaro e aggiunge: «Bene, ma pre­sto occor­re­ranno altre prove di coe­sione». Il gover­nis­simo è in pista, Monti l’unico can­di­dato seria­mente a gui­darlo. Bindi, Letta e Ber­sani gra­di­scono pub­bli­ca­mente. Il Gior­nale natu­ral­mente no: «I poteri forti tra­mano: vogliono Monti» è un titolo da 25 luglio, ma del 2011. Inte­res­sante anche il sot­to­ti­tolo: «Da Banca Intesa a Repub­blica, ecco l’economista scelto per dare l’assalto al governo». Banca Intesa cioè Cor­rado Pas­sera, risco­perto dallo scoop di ieri. E Repub­blica cioè Carlo De Bene­detti: che facesse il tifo per Monti era cosa nota non solo a Sant Moritz ma anche in Boc­coni, dove l’Ingegnere era andato sem­pre in quel fatale luglio a par­lare in pub­blico della crisi e dei rimedi pos­si­bili con il pro­fes­sore (e con Ber­sani). L’altro testi­mone dell’ascesa di Monti «risco­perto» con tre anni di ritardo è Romani Prodi. Di lui il 24 luglio si pote­vano già leg­gere sullaStampa le stesse parole ritro­vate ieri sul Cor­riere: «Caro Mario — diceva allora l’ex pre­si­dente del Con­si­glio — sta­volta tocca a te». Un indovino?

Non ser­viva una seduta spi­ri­tica, visto che il 3 ago­sto il Finan­cial Times, sem­pre lui, sapeva già di un governo tec­nico a guida Monti. E Monti inter­vi­stato dal Tg5con­fer­mava: «Accet­te­rei solo con l’appoggio di tutti. È la stessa cosa che in pas­sato ho già detto a Scal­faro e poi a Ber­lu­sconi». A set­tem­bre, cioè ancora più di due mesi prima dell’incarico uffi­ciale, il pre­si­dente della Boc­coni sedeva accanto a Napo­li­tano a Cer­nob­bio e ne appro­fit­tava per annun­ciare il suo pro­gramma. «La ricetta Monti, un pac­chetto di misure con il sì di tutti» spie­gava il Cor­riere, allora pre­veg­gente e niente affatto scandalizzato.

Mai «golpe» fu più tele­fo­nato. Per­ché nulla nell’entusiasmo dei gior­nali con­si­gliava discre­zione al pre­si­dente della Repub­blica. Il cui atti­vi­smo nel pre­pa­rare l’alternativa al governo Ber­lu­sconi può essere cri­ti­cato — e su que­ste pagine fu cri­ti­cato — ma non può essere rac­con­tato come un segreto da rive­lare adesso. Tant’è che Napo­li­tano lo riven­dica, nella nota di ieri: Monti «appa­riva allora — e di certo non solo a me — una risorsa da tener pre­sente e, se neces­sa­rio, acqui­sire al governo del paese». Di certo non solo a me.
L’esito era scritto. Arri­vato final­mente novem­bre, fu giu­sto Prodi a rom­pere l’embargo. «Monti. È l’ora di Monti», annun­ciò da Repub­blica. Tre giorni dopo Napo­li­tano nomi­nava sena­tore a vita, guarda un po’, Monti. «Il seque­stro della poli­tica», attaccò subito il mani­fe­sto. Per i ber­lu­sco­niani, invece, fu «un bel segnale». Allora.


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