Così Big Pharma vuole archiviare Mandela

Così Big Pharma vuole archiviare Mandela

di Nicoletta Dentico – il manifesto -

È la sto­ria che si ripete. La ten­sione che ritorna, astiosa, tra diritto alla salute e regole del com­mer­cio. Nel tempo ha assunto i con­torni di una guerra, e di una guerra senza tregua.

Cor­reva l’anno 2000 quando la comu­nità inter­na­zio­nale riu­nita a Gine­vra nella sala del con­si­glio ese­cu­tivo dell’Organizzazione Mon­diale della Sanità (Oms), la stessa in cui la scorsa set­ti­mana si è con­vo­cata una por­zione non irri­le­vante di paesi, pren­deva posi­zione a soste­gno del Suda­frica di Nel­son Man­dela. Una brutta sto­ria, allora. 139 case far­ma­ceu­ti­che si erano aggre­gate in un mici­diale car­tello per sfi­dare in tri­bu­nale il governo suda­fri­cano impu­gnando il Medi­ci­nes Act del 1997, la legge con cui il paese pun­tava ad assi­cu­rare mag­giore accesso ai medi­ci­nali sal­va­vita, così da con­trol­lare gli effetti deva­stanti delle emer­genze sani­ta­rie che fal­ci­dia­vano migliaia di pazienti. In quel momento il Suda­frica era, con Swa­zi­land e Botswana, la nazione con la più alta pre­va­lenza di Hiv/Aids e tuber­co­losi al mondo. Il Medi­ci­nes Act, pio­nie­ri­sti­ca­mente, dava piena attua­zione alle clau­sole di sal­va­guar­dia con­te­nute nell’accordo «Trips» sulla pro­prietà intel­let­tuale (i bre­vetti), adot­tate solo due anni prima dall’Organizzazione del Com­mer­cio a par­ziale difesa di alcuni fon­da­men­tali diritti umani, salute inclusa. Il costo di mer­cato di una tera­pia anti­re­tro­vi­rale, nel 2000, si aggi­rava intorno ai 10.400 dol­lari all’anno per paziente.

Da quella prima con­tro­ver­sia legale fra diritto alla salute e pro­fitto, tra por­ta­tori degli inte­ressi col­let­tivi e tito­lari di inte­ressi pri­vati, il movi­mento glo­bale per l’accesso ai far­maci essen­ziali prese il via, nel 1999, a Seat­tle. Solo alla fine del 2001 il car­tello delle indu­strie, sotto pres­sione inter­na­zio­nale e della Corte Suprema suda­fri­cana, bat­terà in ritirata.

Ma quin­dici anni dopo ci risiamo. Nel set­tem­bre 2013, il mini­stero del Com­mer­cio suda­fri­cano ha aperto una con­sul­ta­zione pub­blica su un dise­gno di legge con­te­nente nuove norme in mate­ria di pro­prietà intel­let­tuale. La pro­po­sta legi­sla­tiva include un’ampia gamma di clau­sole in linea con il qua­dro nor­ma­tivo inter­na­zio­nale (accordo «Trips») volte a evi­tare ciò che in ter­mini tec­nici va sotto il nome di fri­vo­lous paten­ting, la bre­vet­ta­zione di pro­cessi o pro­dotti che inno­va­tivi non sono. Tra que­ste tro­viamo la pos­si­bi­lità di impu­gnare un’applicazione bre­vet­tuale prima o dopo il suo esame (pre-grant e post-grant patent oppo­si­tion); alti stan­dard di bre­vet­ta­bi­lità per pre­miare l’innovazione e limi­tare il pro­lun­ga­mento dei lun­ghi mono­poli bre­vet­tuali (ever­gree­ning); limi­ta­zione del bre­vetto a un mas­simo di 20 anni, senza ecce­zione; no all’esclusività dei dati cli­nici; la sem­pli­fi­ca­zione dei mec­ca­ni­smi di impor­ta­zione paral­lela e licenza obbli­ga­to­ria per ovviare ad even­tuali abusi di posi­zione domi­nante. Infine, un mec­ca­ni­smo di cau­tela per scon­giu­rare il coin­vol­gi­mento del Suda­frica in qua­lun­que accordo com­mer­ciale bila­te­rale che limiti la sovra­nità nazio­nale (la Ue preme per un accordo bila­te­rale con Angola, Botswana, Leso­tho, Mozam­bico, Nami­bia, Swa­zi­land e Suda­frica, come Sou­thern Afri­can Deve­lo­p­ment Com­mu­nity, Sadc).

L’industria far­ma­ceu­tica non si è fatta atten­dere, con una stra­te­gia di dera­glia­mento del piano di governo che il mini­stro della Salute suda­fri­cano, Aaron Motsoa­ledi, non ha esi­tato a defi­nire «geno­ci­dio». Le prime avvi­sa­glie sono emerse dalla stampa suda­fri­cana, l’autorevole Mail & Guar­dian, il 17 gen­naio. A cui si sono aggiunti i det­ta­gli di un docu­mento fatto per­ve­nire all’americana Kno­w­ledge Eco­logy Inter­na­tio­nal (Kei), oggi di domi­nio pub­blico, in cui si descrive come la far­min­du­stria suda­fri­cana (Inno­va­tive Phar­ma­ceu­ti­cal Asso­cia­tion of South Africa, Ipasa) e l’omologa ame­ri­cana PhRMA (Phar­ma­ceu­ti­cal Resear­chers & Manu­fac­tu­rers of Ame­rica) abbiano com­mis­sio­nato a un’agenzia di con­su­lenza «di alto cali­bro» con sede negli Usa, la Public Affairs Enga­ge­ment (Pae) il com­pito di sov­ver­tire il per­corso del dise­gno di legge. Il piano con­si­ste in un inve­sti­mento di 600.000 dol­lari (ripar­titi fra far­ma­ceu­ti­che ame­ri­cane e suda­fri­cane) per una cam­pa­gna volta a «mobi­li­tare le voci nazio­nali e inter­na­zio­nali» in un unico mes­sag­gio: la riforma della pro­prietà intel­let­tuale è una svolta peri­co­losa per la più grande eco­no­mia dell’Africa. L’iniziativa spau­rac­chio, breve ed «ener­gica», è stata con­ge­gnata in pre­vi­sione della cam­pa­gna poli­tica per le ele­zioni in Suda­frica, con l’intento appunto di ritar­dare l’approvazione del dise­gno di legge almeno fino a dopo il voto, pre­vi­sto a mag­gio. La cor­ri­spon­denza fra Ipasa e PhRMA, sostiene il prof. Brook Baker della asso­cia­zione Health Gap, con­ferma che sotto l’accattivante titolo di For­ward South Africa, la cam­pa­gna pilo­tata oltreo­ceano da un ex fun­zio­na­rio del governo ame­ri­cano, uomini dell’imprenditoria e del mondo acca­de­mico, garan­ti­sce un rigo­roso con­trollo dagli Stati Uniti delle atti­vità di ricerca e di comu­ni­ca­zione sulla riforma sudafricana.

Non poca fibril­la­zione ha susci­tato la vicenda tra i governi e le ong nella set­ti­mana scorsa, durante il con­si­glio ese­cu­tivo dell’Oms, ed è ine­vi­ta­bil­mente scop­piata in mar­gine al dibat­tito sull’accesso ai far­maci essen­ziali. Pren­dendo la parola, la diret­tora del mini­stero della Salute suda­fri­cano Pre­cious Matsoso, ex coor­di­na­trice del dipar­ti­mento dell’Oms su Salute Pub­blica, Inno­va­zione e Pro­prietà Intel­let­tuale, ha ricor­dato emo­zio­nata gli attac­chi senza scru­poli di Big Pharma negli anni pas­sati, in un Suda­frica deva­stato, con­tro la legge di Man­dela. Spie­gando le ragioni della riforma, che si ispira ai modelli bre­vet­tuali di molti paesi del nord, oltre che al Bra­sile e all’India, Matsoso ha ribat­tuto che «la nuova poli­tica sui bre­vetti intende moder­niz­zare il Suda­frica e alli­neare il paese alle norme inter­na­zio­nali, fis­sando un esem­pio per gli altri paesi afri­cani impe­gnati nella riforma del regime bre­vet­tuale». Ed è pro­ba­bil­mente que­sto il pre­ce­dente da evi­tare, l’esempio per gli altri. «Il Suda­frica bre­vetta cie­ca­mente senza esa­mi­nare la qua­lità dei pro­dotti indu­striali, e som­mi­ni­stra più bre­vetti nel campo far­ma­ceu­tico di Stati Uniti e Europa» ha detto Matsoso; «Per que­sto i far­maci gene­rici nel mio paese sono dispo­ni­bili solo con­tro l’Hiv/Aids. Per il far­maco anti­tu­mo­rale Ima­ti­nib, il Suda­frica paga 35 volte di più dei paesi in cui la con­cor­renza dei far­maci equi­va­lenti è un dato di mer­cato acquisito».

Un applauso col­let­tivo ha fatto seguito alle sue parole, forti della lega­lità inter­na­zio­nale. In ple­na­ria, però, solo i paesi del sud glo­bale hanno soste­nuto Pre­to­ria aper­ta­mente, pronti ad appog­giare ini­zia­tive con­tro l’indebita influenza del set­tore pri­vato nelle poli­ti­che di un governo sovrano. Mar­ga­ret Chan non ha voluto pren­dere posi­zione con­tro Big Pharma aper­ta­mente, limi­tan­dosi al gene­rico com­mento che «nes­sun governo dovrebbe essere inti­mi­dito dai por­ta­tori di inte­ressi per il fatto di fare la cosa giu­sta in salute».

Silen­zio assor­dante, invece, da tutti i paesi indu­stria­liz­zati. Dopo 15 anni di dibat­titi, ini­zia­tive, nego­ziati, si stanno pre­pa­rando alla guerra che deve venire. Quella che riguarda l’accesso ai far­maci per le malat­tie cro­ni­che, ori­gi­na­ria­mente tipi­che dei paesi ric­chi, ma oggi ormai pre­va­lenti anche nei paesi a basso red­dito. Se è stato fin qui duris­simo garan­tire le tera­pie con­tro le pan­de­mie della povertà, che ne sarà della lotta per acce­dere ai medi­ci­nali del mer­cato dei ric­chi? La sto­ria, nei pros­simi anni, potrebbe mar­ciare a ritroso.

* Pre­si­dente Osser­va­to­rio sulla Salute Globale


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