Squarciamo il silenzio. Con Samer per una Palestina libera

Squarciamo il silenzio. Con Samer per una Palestina libera

di Federica Pitoni -
Sit in a Roma giovedì 21 febbraio in solidarietà con i prigionieri palestinesi
Più di 200 giorni senza cibo, rifiutando le cure mediche, accettando solo di tornare a idratarsi. Il corpo ormai ischeletrito, è arrivato a pesare 47 chili – «un cumulo di ossa», lo hanno definito i suoi stessi familiari -  incapace di potersi muovere autonomamente: questo è oggi Samer al Issawi. Guardate le foto, ve ne prego: Samer come era, Samer come è oggi, anzi, no, come era qualche giorno fa. Il tempo in questa vicenda gioca un ruolo da protagonista, in quella corsa contro di lui che tutte e tutti noi che lottiamo con il popolo palestinese abbiamo intrapreso per dare voce alla protesta di Samer e di tanti altri detenuti palestinesi. Abbiamo forse i giorni contati. Samer è forte e resiste nella volontà di lotta che sostiene ogni palestinese. Ma il suo corpo sta cedendo. Samer sta morendo. E questa sua lunga agonia avviene nel silenzio della stampa internazionale. Come sempre, purtroppo. Quando si tratta di Palestina, sulla stampa mondiale cala il pesante sipario della complicità con il governo dell’occupante israeliano, un sipario che nasconde agli occhi di tutti quel che dal 1948 accade nella terra degli ulivi. La violenza, la sopraffazione, l’annientamento di ogni diritto per il popolo palestinese, le continue vessazioni quotidiane, piccole e grandi, il regime di apartheid, le confische delle terre occupate dai coloni sionisti, tutto questo oltre alle guerre e ai bombardamenti.
«Mio figlio sta morendo, ho bisogno di lui. Dico al mondo di svegliarsi, voglio vedere mio figlio, non posso andare a trovarlo», sono queste le parole della madre di Samer al Issawi. Chiede a tutte e tutti noi di svegliarci e far sentire la nostra voce in solidarietà con Samer e con tutti i detenuti palestinesi. Quella di Samer al Issawi si sta trasformando in una lenta condanna a morte, una condanna emessa dalle autorità israeliane. Dobbiamo far sentire la nostra voce per impedire che ciò avvenga.
Samer, nato nel 1979 in un villaggio a nord est di Gerusalemme, è stato arrestato la prima volta nel 2002 per possesso di armi e partecipazione a un gruppo militare e  rilasciato nell’ambito dell’accordo Shalit. A luglio del 2012 però è stato di nuovo arrestato. La commissione militare israeliana si è rifiutata di spiegare a lui e al suo avvocato i motivi della carcerazione. Per questo dal 1° agosto Samer ha intrapreso lo sciopero della fame che oggi lo sta portando in fin di vita. La sua battaglia è la battaglia di migliaia di altri prigionieri palestinesi che lottano contro le inumane condizioni di vita cui sono sottoposti e contro il regime di detenzione amministrativa che consente all’occupante israeliano di incarcerare a tempo indeterminato senza formulazione di alcuna accusa né processo, ponendo di fatto migliaia di detenuti in uno stato di privazione totale di ogni diritto. Sono molti i prigionieri palestinesi in sciopero della fame, tra questi anche Tarek Qa’adan e Jafar Azzidine. Richard Falk, Commissario Speciale delle Nazioni Unite, ha chiesto il rilascio immediato dei tre detenuti: «Mantenere in detenzione il Sig. Qa’adan, il Sig. Azzedine e il Sig. al Issawi in queste condizioni è inumano. Israele è responsabile per ogni danno permanente. Se i funzionari israeliani non possono presentare prove a supporto delle accuse contro questi tre uomini, essi devono essere immediatamente rilasciati». Il Presidente Abu Mazen ha fatto un appello alla comunità internazionale affinché intervenga, inviando una lettera al segretario dell’Onu, Ban Ki-Moon. Ha inoltre dichiarato: «Vi prometto di arrivare alla liberazione di tutti i prigionieri, come abbiamo realizzato il riconoscimento dello Stato palestinese».
Proteste si stanno sviluppando anche in Palestina. Nella giornata di venerdì migliaia di palestinesi hanno manifestato davanti alle prigioni israeliane in solidarietà con i detenuti. Davanti al carcere di Ofer, vicino Ramallah, ci sono stati violenti scontri con le truppe dell’occupante israeliano, con molti feriti, tra i quali anche dei giornalisti.
Dobbiamo ora noi, qui in Europa, qui in Italia, scendere nelle piazze per spezzare il silenzio. A Roma la Comunità Palestinese invita tutte e tutti al sit in previsto per giovedì 21 febbraio dalle 17 sotto la sede della Croce Rossa Internazionale, in via Toscana 12. Partecipiamo numerosi, alziamo la voce, squarciamo il velo della complicità. Lo dobbiamo a Samer e al suo popolo. Ora. Perché non è più tempo di restare a guardare.


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