BOLLETTINO DI INCHIESTA N° 3

L'INCHIESTA A CIVITA CASTELLANA NEL SETTORE DELLE CERAMICHE

di Mario Ricci
L’industria ceramica di Civita Castellana permea ogni risvolto della vita sociale della città, modellandone i modi ed i ritmi. 

Essa impiega 1650 addetti nel settore delle stoviglierie e 1543 nel settore igienico-sanitario. Le lavoratrici (670) sono impiegate prevalentemente nel settore delle stoviglie. 

I “pezzi” prodotti nel 1996 sono stati 3.891.000 per il settore igienico-sanitario e 109.640.000 per il settore delle stoviglierie. 

Le 56 aziende ceramiche hanno fatturato, nel 1996, 492 miliardi di lire, di cui 227 per il prodotto esportato. 

Nello stilare il piano di lavoro per la realizzazione dell’inchiesta, la commissione lavoro della Federazione di Viterbo si è posta i seguenti obiettivi: 
1) indagare i cambiamenti intervenuti nel processo produttivo e nell’organizzazione del lavoro; 
2) indagare le condizioni di lavoro e il grado di consapevolezza operaia; 
3) trovare una risposta, basata sui “fatti”, rispetto alla natura della svolta impressa nell’organizzazione del lavoro e nel processo produttivo (ricorso a CIG e GIC0 come ammortizzatori sociali di una crisi reale, o uso strumentale di tali ammortizzatori per la “razionalizzazione” del lavoro in fabbrica); 
4) mettere in comunicazione lavoratori e lavoratrici, coinvolgendoli nel lavoro di ricerca, cercando così di immettere elementi di consapevolezza sul ruolo della classe operaia nel ciclo produttivo 
5) coinvolgere tutte le istanze interessate a questo lavoro, cominciando dal sindacato;  
6) fornire il Partito degli elementi di analisi necessari, per leggere la realtà quotidiana, ma anche di un metodo di lavoro, che ha come sbocco naturale la formazione di un tipo “nuovo” di quadro; 

Gli strumenti per la realizzazione dell’inchiesta sono: 
a) un questionario, con l’obiettivo di testare almeno un terzo della forza lavoro presa in esame; 
b) l’intervista, come approfondimento per una conoscenza più approfondita del ciclo produttivo e della sua organizzazione; 
c) il reperimento dei bilanci delle aziende ceramiche, per metterli in relazione con la fase della Cassa integrazione; 

IL QUESTIONARIO: PRESENTAZIONE 

Come lavoratori e lavoratrici, siamo consapevoli del nostro ruolo nel processo produttivo? 

Vale a dire, siamo “coscienti”, pensiamo criticamente al rapporto con l’avversario di classe? 

E ancora: come sviluppano oggi gli imprenditori il controllo sul mercato e sulla comunità produttiva? 

Sappiamo che non si sviluppa un movimento di lotta se si rinuncia a pensare criticamente la realtà. 

Proponiamo perciò un’inchiesta, per cominciare almeno a leggerla questa realtà e a capirla. 

Abbiamo bisogno di lavorare a questa inchiesta insieme a tutti coloro che agiscono criticamente all’interno della classe operaia. 

“Si impara facendo, si conosce il proprio avversario lottando, si fa l’inchiesta praticando l’iniziativa e la lotta insieme alla ricerca”.

RAVENNA: INDAGINE SUL LAVORO CHE CAMBIA

di Vittorio Bardi (della Segreteria CGIL Ravenna)
La Camera del Lavoro di Ravenna, in collaborazione con il Centro Informazioni Disoccupati, ha avviato una ricerca “sul lavoro che cambia” in particolare su quell’intreccio lavoro-non lavoro che interessa tanti lavoratori e in particolare i più giovani e le donne. 

Le caratteristiche più marcate di queste occasioni di lavoro sono quelle di essere flessibili ed irregolari, quei così detti “rapporti di lavoro atipici”, in quanto diversi dai tradizionali posti di lavoro a tempo indeterminato, che ormai sono diventati però la tipologia più diffusa di assunzione. 

Anzi a volte non è corretto parlare neppure di assunzione, perché si tratta di rapporti che, almeno formalmente, non sono di lavoro dipendente (rapporti parasubordinati di vario tipo). 

Per cominciare ad analizzare meglio queste complesse realtà, abbiamo innanzi tutto iniziato a raccogliere le esperienze, le conoscenze, le aspettative dei giovani, dei precari, dei disoccupati, attraverso un questionario diffuso prevalentemente tra chi si rivolge ai servizi per l’impiego, gli uffici di collocamento e, gli stessi Centri Informazione Disoccupati. 

Anche per le metodologie di rilevazioni non si tratta di una ricerca con tutti i crismi della scientificità, ma dell’inizio di un’indagine che proseguirà anche con altri strumenti. 

Credo che iniziative di questo tipo, pur nelle loro limitatezze, abbiano un qualche interesse più generale e meritino di essere conosciute e socializzate. 

Queste, possono in qualche modo, entrare nell’importante lavoro d'inchiesta sulla condizione lavorativa che il PRC sta mettendo in atto.

TREVISO: L'INCHIESTA NELLE PICCOLE IMPRESE

di Nicola Atalmi
La crescita dei volumi occupazionali nella piccola e media impresa (Pmi) è un dato acquisito non solo per le regioni del Nord-Est, ma ormai per tutto il Paese. 

Per fare solo un esempio nel Triveneto verso la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 si registrò un notevole aumento complessivo dell’occupazione: gli occupati nel settore della manifattura passarono dai 375.000 degli anni ’50 ai 540.000 nel 1961, oltre 700.000 all’inizio degli anni ’70. 

Ma se negli anni ’50 quella che ora chiamiamo Pmi arrivava ad occupare il 18% degli addetti, già negli anni ’70 conta oltre il 24% dell’occupazione complessiva. Nel 1991 nel Triveneto la classe dimensionale dai 10 ai 49 addetti arriva ad impiegare il 36% degli addetti manifatturieri. 

Il ciclo delle subforniture, le piccole imprese specializza, i distretti industriali, i processi di outsourcing moltiplicano piccoli e piccolissimi insediamenti industriali o artigianali, dove la presenza del sindacato è pressochè inesistente ed è più alta la frequenza di incidenti sul lavoro, di lavoro nero o irregolare e di violazione dei diritti dei lavoratori. 

Ma è anche quell’universo dove la Lega, al nord, e la destra in centro e sud Italia, hanno trovato troppo spesso terreno fertile tra i lavoratori dipendenti. 

Da tempo a Treviso ed in Veneto il nostro Partito lavora per rendersi visibile ma anche per comprendere le specificità e le contraddizioni del sistema di piccole e medie imprese. In particolare ora abbiamo avviato un lavoro di inchiesta, con il questionario che alleghiamo, per comprendere soprattutto il profilo soggettivo, i meccanismi, di auto-identificazione, la mobilità sociale, le aspirazioni dei lavoratori della piccola impresa. 

Il questionario elaborato in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia del Lavoro dell’Università di Padova cerca in particolar modo di quantificare la mobilità, la flessibilità negli orari, gli aspetti di maggior insoddisfazione, il rapporto tra salario e tempo di lavoro, tra lavoro, condizione familiare e qualità della vita. 

Oltre a Treviso il questionario è già adottato anche nella cintura periferica nord di Mestre e nel distretto del mobile di Udine. Crediamo che un lavoro serio di inchiesta sia uno strumento indispensabile per riportare il nostro Partito ad impegnarsi nel vivo delle contraddizioni di questo pezzo di mondo del lavoro, nel centro di questa pretesa “comunità dei produttori” che qualcuno vuol far credere sia integralmente soddisfatta ed a-conflittuale. 

IL QUESTIONARIO 

Il questionario è rivolto ai lavoratori delle piccole imprese (fino a 50 dipendenti) di tutti i settori, operai, magazzinieri, impiegati e mansioni equivalenti, della Provincia di Treviso. 

Il presente questionario è assolutamente anonimo e riservato. 
Verrà utilizzato per motivi di ricerca universitaria, per questo vi preghiamo possibilmente, di rispondere a tutte le domande con la massima precisione. 

Vi ringraziamo anticipatamente per la vostra cortese collaborazione.

RESOCONTO DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 21/11/1997

L’incontro nazionale dedicato all’inchiesta sul lavoro, tenutosi a Roma il 21.11.97, ha avuto un grande successo di partecipazione, sia in termini quantitativi che qualitativi. Vi hanno partecipato oltre 100 compagni, a partire dal Presidente e dal Segretario del partito, per arrivare a numerosi dirigenti locali e provinciali (in particolare, i responsabili lavoro, di cui era stata sollecitata la partecipazione), a compagni e a ricercatori impegnati a collaborare al lavoro di inchiesta. 
  
 Il dibattito è stato ricco e vivace e, non tutti i compagni che si erano iscritti a parlare hanno potuto prendere la parola. 
  
 Per tutte queste ragioni, cerchiamo di dare un resoconto abbastanza ampio, anche se inevitabilmente schematico, dell’incontro e delle cose che sono state dette. 
  
 L’incontro è stato introdotto da FRANCO GIORDANO, della segreteria nazionale. Egli ha sottolineato come l’inchiesta non sia uno strumento riservato agli “addetti ai lavori”, ma uno strumento contrapposto alla visione di una “sfera della politica” autonoma e separata dalla società. 
  
 L’inchiesta quindi come metodo permanente e centrale dell’azione politica del partito. 
  
 Le vicende della crisi politica connessa alla legge finanziaria, e le successive vicende elettorali, hanno messo in luce un nostro grave deficit  di soggettività e di radicamento sociale. L’inchiesta può essere vista come una “metafora” di una ricostruzione della soggettività e del rapporto tra conflitto sociale e politica. Un lavoro, cioè, in controtendenza rispetto alla passivizzazione di massa, manifestatasi anche nelle elezioni e in particolare nel Mezzogiorno. 
  
 L’inchiesta è anche, ma non solo, uno scandaglio conoscitivo dei processi di ristrutturazione, e non serve solo a dare visibilità a classi e problemi oggi “oscurati”; essa va vista anche come ricostruzione di una soggettività critica e dello stesso “senso del lavoro” di cui c’è oggi necessità di ridefinizione. 
  
 Attraverso la rivisitazione del vissuto lavorativo e della percezione dei soggetti cercheremo di vedere se e come si manifesta una critica anticapitalistica, che rischia a volte di essere da noi solo presupposta e “appiccicata”. 
  
 Si veda, ad es., la questione della riduzione d’orario, rispetto a cui non si può presupporre come scontato un immediato ed ampio consenso di massa: tra i lavoratori, ad es., ci sono diffusi timori sui possibili tipi di scambio tra riduzione d’orario e flessibilità, ma anche timori per gli effetti sulla competitività delle imprese, ecc. 
  
 O, per tornare alla questione del Mezzogiorno, riproposta con urgenza dallo stesso risultato elettorale, dobbiamo ricostruire, ad es., quale è l’idea di lavoro che ha in testa un giovane meridionale. Una situazione persistente di non lavoro può favorire il ritorno di forme di delega e di intermediazione (non nelle forme clientelari classiche), e cerca comunque un terreno di disorganizzazione e di frantumazione. Com’è mutato il “tempo di attesa” del lavoro? Quale è il ruolo dell’ente locale? Un punto di partenza, una base di riferimento, possono essere le 183.000 domande presentate per i posti di lavoro previsti (grazie alla nostra pressione) nel “pacchetto Treu”. Ma altri temi importanti possono essere, nel Sud, il lavoro agricolo e le sue nuove forme; o ancora, un tema centrale sono gli apparati formativi, ad es., gli studenti universitari e il lavoro (studenti universitari che sono uno dei pochi soggetti sociali relativamente “aggregati” nel Mezzogiorno). 
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 La relazione di VITTORIO RIESER, dopo aver ripreso alcuni degli spunti politici proposta da Giordano, si è soffermata su alcuni aspetti del metodo di lavoro dell’inchiesta. Si tratta di aspetti in parte già trattati nell’ampio articolo pubblicato sul Bollettino di inchiesta n. 1, per cui ci limitiamo a ricordarne alcuni punti essenziali. 
  
 E’ bene aver sempre presenti i due “livelli di riferimento” dell’inchiesta: quello più immediato, “tattico”, che si collega ai problemi di radicamento di massa del partito, alla capacità di costruire un rapporto di massa “interattivo”, in cui il partito non si limita a parlare, ma sa ascoltare e costruisce quotidianamente elementi di conoscenza della situazione di massa. Ma questo stesso livello rinvia a interrogativi più di fondo, “strategici”, sul rapporto tra contraddizioni sociali e lotta politica nella società italiana, sulle forme nuove che esso assume, ad es., nella cosiddetta “impresa post-fordista”, o nel Mezzogiorno, o nel Nord-Est. 
  
 L’inchiesta deve essere uno strumento politico, quindi va costruita nel partito, ma in un “rapporto dialettico” con la sua azione quotidiana, rispetto a cui essa ha anche una funzione di stimolo critico. “Nel partito” non va inteso come chiusura nei “confini burocratici d’organizzazione”: l’inchiesta vuole coinvolgere (e in parte ciò sta già avvenendo) tutti coloro che ne condividono l’orizzonte politico, di analisi/ricostruzione di una coscienza critica anticapitalistica indipendentemente dal fatto che essi siano iscritti o meno al PRC. 
  
 Si è già ribadito più volte che, se l’inchiesta deve diventare uno strumento concreto del partito nella sua azione politica, la “strategia di inchiesta” deve essere articolata: rifiuto, dunque, di una visione “centralistica”, di un’inchiesta “calata dall’alto” secondo uno schema unico. 
  
 Quale è allora il compito dell’iniziativa centrale (e del piccolo nucleo di compagni che coordina il lavoro)? In primo luogo, e in una prima fase, quello di fare emergere - nelle varie situazioni - il “fabbisogno politico di inchiesta”, cioè i temi e problemi su cui lo sviluppo dell’azione politica del partito richiede con più urgenza di costruire una “conoscenza fresca” della situazione di massa; si tratta poi insieme ai compagni delle varie situazioni di tradurre questi “fabbisogni” in concreti progetti di inchiesta, di costruire gli strumenti operativi e formare le “risorse umane” che dovranno portarle avanti. 
  
 Dunque, “che mille inchieste fioriscano”, più ampie o più circoscritte, su temi diversi, a partire dalle esigenze politiche concrete delle varie situazioni. C’è un “rischio di spontaneismo”? certamente e vale la pena di correre questo rischio, perché inchieste anche limitate e “sparse” – che nascano davvero dalla realtà concreta del lavoro del partito e siano gestite direttamente dai compagni e dalle compagne – fruttano più di una “mega-inchiesta” condotta “dall’esterno”. E’  però,  necessario evitare che il progetto nazionale di inchiesta sul lavoro si riduca ad una semplice “sommatoria” di tante inchieste locali. Bisogna, quindi, che – dalla pluralità di inchieste – emergano alcuni fili conduttori (che vuol dire anche alcuni “luoghi” o terreni di inchiesta), che permettano di collegarle e confrontarle in un elaborazione/interpretazione connessa ai temi strategici più di fondo, che vogliamo affrontare. 
  
 Abbiamo già più volte indicato il “binomio” alienazione/controllo, riferito alla condizione di lavoro e ai percorsi sul mercato del lavoro, come un filo conduttore fondamenta. Ma, se vogliamo esplorare questo tema in tutta la sua portata, è necessario affrontarlo non solo sul terreno “tradizionale” del lavoro dipendente e dell’impresa capitalistica. 
  
 Due terreni in particolare sono essenziali:  
? le nuove articolazioni della dipendenza del lavoro (i lavoratori autonomi “di seconda generazione”, i soci-lavoratori delle cooperative, ecc.); 
? la dimensione di genere e il lavoro riproduttivo. 

Su questo ultimo aspetto, un primo incontro con il Forum delle Donne ha delineato prospettive rilevanti non solo sul piano dei contenuti ma su quello organizzativo: la possibilità cioè che il Forum delle Donne assuma “in proprio” una serie di lavori di inchiesta su questo terreno. Il che ovviamente non significa che la dimensione di genere vada relegata in “inchieste specifiche”: essa deve essere una dimensione scostante di tutto il lavoro di inchiesta. 

La necessità di non perdere di vista i temi generali, i “fili conduttori”, potrà anche tradursi nel concentrare un impegno particolare, anche centrale, su inchieste in “luoghi” e su temi cruciali. 

In sostanza, le funzioni del “centro” sono, in questa prima fase, essenzialmente di promozione, di formazione, di comunicazione. Bisognerà poi (non troppo in là nel tempo) provare a “tirare le somme”, e completare il quadro delle inchieste emerse “dal basso”, in modo da colmare eventuali vuoti e dare all’insieme dei lavori un collegamento più organico. 

Infine, via via che le inchieste produrranno risultati, il compito “centrale” (ma non solo ristretto agli attuali compagni “coordinatori”) sarà allora quello di raccogliere, confrontare, elaborare questi risultati. 

Possiamo ipotizzare che, nei primissimi mesi del ’98, siano completati i “giri di ricognizione” e di promozione delle iniziative di inchiesta e che – almeno in una parte delle situazioni – le inchieste si siano concretamente avviate. Sarà così prevedibile ed opportuno un primo momento di verifica, che “tiri le somme” di quanto è emerso ed eventualmente “completi il quadro”. Se questi tempi saranno rispettati, si può programmare per l’autunno 98 un primo momento di esposizione e di discussione complessiva di contenuti e risultati del lavoro di inchiesta, ovviamente preparato da momenti “seminariali” di elaborazione più parziale. 

GIOVANNA CAPELLI (Milano) si è soffermata, sul rapporto tra “produrre e riprodurre”, mostrando ad es. come la dimensione del lavoro riproduttivo vada tenuto presente nell’analizzare le diverse posizioni di lavoratori e lavoratrici sulla questione della riduzione d’orario. Ha anche sottolineato l’importanza del racconto delle proprie condizioni (così come, in forme certo diverse, avveniva nelle “riunioni di autocoscienza” delle donne) come uno degli strumenti dell’inchiesta. 

GIANNI ALASIA (Torino) ha sviluppato un “richiamo critico” alla realtà del partito e alle sue insufficienze, dimostrate anche dalle difficoltà incontrate dal lavoro di inchiesta su “plusvalore e sfruttamento alla Fiat”, avviato a Torino già ben prima della proposta di inchiesta nazionale. Si è poi soffermato su alcuni aspetti del rapporto scuola/lavoro: il 70% dell’offerta di lavoro torinese non supera la licenza media; andrebbero studiati i lavori degli studenti universitari (come mostra una ricerca torinese, la stragrande maggioranza di essi lavora). Infine ha ricordato che, se l’inchiesta deve essere lavoro politico, essa deve anche rispondere alle scadenze politiche. 
  

AJTA (Napoli) 
……………… (appunti frammentari) 

ROSA RINALDI (CGIL Nazionale) indica alcuni possibili terreni dell’inchiesta tra i pubblici dipendenti: a partire dalla ricostruzione analitica, da un lato, dai titoli di studio, anzianità, ecc; e, dall’altro, del ruolo formale e delle cose che effettivamente fanno, per arrivare poi ad analizzare la loro “autopercezione”. Altri temi importanti riguardano il rapporto tra formazione e lavoro: ad es. nel Nord Est abbiamo “l’occupato ignorante” (che ha abbandonato la scuola per andare a lavorare) e,  nel Sud il “disoccupato colto” (es. il diplomato che non trova lavoro). Infine, chiede perché non ci sia alcuna donna nel “nucleo centrale” dell’inchiesta. 

GIANNI MARCHETTO (Torino, Fiom) inizia proponendo di spostare l’accento dalla soggettività all’esperienza (“la prima è come un’istantanea, la seconda è come un film”) o dalle masse alle persone. Illustra poi il progetto di “Osservatorio sul Lavoro/i e sull’orario di lavoro” avviato presso alcuni grossi comuni della cintura torinese (progetto di cui sono pubblicati alcuni stralci in questo stesso numero del  Bollettino di inchiesta – N. d. R.). A proposito dell’orario di lavoro, osserva che le 40 ore segnarono un salto di qualità nella vita delle persone, perché significavano il sabato libero: le 35 ore cosa significano da questo punto di vista? Inoltre, la portata della riduzione d’orario rischia di essere vanificata o ridotta se non si ha un adeguato controllo sull’insieme del tempo di lavoro. 

La compagna BRANDI  (Prato) fa notare che una realtà distrettuale, come quella pratese, non può essere capita senza un riferimento al lavoro riproduttivo; la flessibilità delle donne è un elemento-chiave degli attuali processi di ristrutturazione dell’industria pratese. La federazione di Prato ha avviato un’inchiesta – condotta sia attraverso interviste che attraverso un questionario – su orario e condizione di lavoro (l’orario medio reale a Prato è di 12 – 13 ore al giorno!). Inoltre indica come altro tema interessante l’autopercezione, come studente e come lavoratore, dello studente universitario: ad es. nei diplomi universitari o lauree brevi l’offerta didattica viene valutata più direttamente in riferimento allo sbocco lavorativo, diversamente dai corsi di laurea veri e propri. 

PEPPINO DI IORIO (CGIL Campania) indica due importanti terreni di indagine nella realtà campana: 
a) nel settore agro-industriale: ad es., in un’area relativamente ristretta attorno a Nocera, troviamo 285 aziende, di cui solo 3 rispettano il contratto; ma in tutte la sindacalizzazione è del 100%! C’è infatti un’iscrizione automatica del sindacato (in proporzione prestabilite tra i diversi sindacati); per non iscriversi bisogna fare domanda. Questa situazione riflette un’integrazione sindacale nei meccanismi di contribuzione europea (tra l’altro, questa è la zona dove il CCD ha avuto il più grosso balzo in avanti alle ultime elezioni); 
b) la Fiat di Pomigliano: qui, ad es., la produzione decentrata è quella di qualità (di meccanica di precisione), cioè il terreno su cui storicamente si è fermata la classe operaia e, oggi a farla non sono più lavoratori dipendenti ma piccoli produttori. 

Il segretario del partito, FAUSTO BERTINOTTI, ha scelto di intervenire nel corso del dibattito anzichè fare il rituale “intervento conclusivo”. Inizia sottolineando come - oltre alle ragioni di fondo dell’inchiesta, che riguardano il rapporto tra inchiesta e liberazione del lavoro, tra alienazione e rivoluzione (su cui prima o poi dovremo ragionare), e la questione della centralità del lavoro nella politica, in una fase in cui la politica dei governi offusca questi aspetti e i propri riferimenti di classe – oltre a queste ragioni di fondo ci sono due ragioni più immediate della strategicità dell’inchiesta per il partito: 
1) l’esperienza nella maggioranza di governo: la nostra ipotesi, nei vari stadi, presupponeva un movimento, che invece non c’è stato. Quindi abbiamo dovuto “fare supplenza” a questa assenza di movimento, “cortocircuitando sulla politica”. Fino a quando? L’inchiesta è uno dei terreni di costruzione della risposta: uno, non l’unico, però necessario, se no continuiamo come i gattini ciechi e non riusciamo a cogliere i punti di resistenza e di movimento; 
2) l’anno prossimo ci troveremo, “diluiti” in un anno, i nodi che erano presenti in modo concentrato nello scontro sulla finanziaria. Abbiamo cioè rotto un certo tipo di equilibrio e aperto una possibilità di trasformazione. Ma questa non è scontata: ad es., sulla riduzione di orario il passaggio è tra fare un’accordo e gestirlo (ed è spesso, come ben sappiamo, il passaggio più difficile); non basta la “spallata”, o inneschi movimento e pratica sociale o non realizzi gli obiettivi. E, oggi, il movimento da solo non basta in questa direzione. 

Al centro di tutto questo, sta il problema della ricomposizione, nel lavoro e nella vita, delle comunità lavorative. Il che significa avere un senso di sé come sfruttato e riconoscere il tuo simile nella condizione di classe. Ma questi due elementi oggi non sono “dati”. L’esperienza passata ha visto la ricomposizione nel lavoro di età, sessi, origini diverse. Oggi, per realizzare questo, devi riferirti all’intero arco della vita di lavoro delle persone, questo anche perché il lavoro salariato, decisivo nell’estrazione del plusvalore e nel definire le gerarchie sociali, è stato relativamente marginalizzato. 
……………… 
Chi la fa L’inchiesta? Potremo parlare di una “comunità scientifica allargata” che si costituisce nel partito (e in quelle aree fuori dal partito che si muovono in un orizzonte politico affine), ma per pervadere l’intero partito. Bisogna cioè, su questo, “bombardare le strutture di direzione”; va bene partire dalle persone che sono oggi più sensibili al lavoro d’inchiesta, ma queste non sono una “comunità autosufficiente”. 

Questo pone un problema di formazione quadri, non solo per chi fa l’inchiesta, ma per chi deve confrontarsi con essa. 
Credo, in quest’ottica, che sia anche necessario introdurre elementi di ricupero della storia, di trasmissione orale di esperienza, perché è intervenuta una rottura nella trasmissione del conflitto sociale: ad es., è utile ripercorrere le inchieste operaie degli anni ’60, vedere come sono state costruite, le difficoltà incontrate, ecc. 

Alienazione/controllo (in cui ricomprenderei il tema dello sfruttamento) e produzione/riproduzione sono le due “coppie-chiave” su cui si costruisce l’impianto concettuale del lavoro di inchiesta.  

Venendo agli aspetti più pratici, organizzativi: 
? credo sia utile costruire alcune “esperienze pilota” di inchiesta; 
? sono utili seminari di approfondimento, anche teorico, anche di lettura di testi, ad es. su cosa è stata l’inchiesta nel movimento operaio, a partire dalla proposta di inchiesta operaia di Marx. 

Credo che, tra il livello nazionale e quello più strettamente locale, sia utile, come quadro di riferimento, qualche “aggregato intermedio”, ad es.: il triangolo industriale; il Nord Est; il Mezzogiorno; i distretti della “quarta Italia”. E credo che sarebbe utile indagare, con metodi che sono in parte da inventare, qualche “storia straordinaria”: ad es. Secondigliano o altre periferie urbane. 
 SINISCALCHI (Roma, SULTA) non condivide la funzione decisiva che l’inchiesta avrebbe per il radicamento del partito nei luoghi di lavoro. 

In fondo, i giudizi di valore già li abbiamo chiari, e ciò che accade nel mondo del lavoro lo conosciamo. Il compito del partito è di creare il movimento. Ci sono due settori chiave su cui bisogna costruire il movimento: i trasporti e le telecomunicazioni. In altri, più tradizionali, oggi è più difficile, anche se le 35 ore possono servire per scardinare la linea sindacale. Non a caso, in Francia la svolta a sinistra è nata anche da movimenti di lotta nelle ferrovie e nel settore pubblico. 
  

ALLOCCA (Umbria) sottolinea come tra il “fare” e il “gestire” l’accordo, di cui parlava Bertinotti, c’è appunto di mezzo l’inchiesta. 

Bisognerebbe fare inchiesta anche dentro il partito .................................. 
  

GRAZIA PAOLETTI (Firenze) nota come, inizialmente, ciascun compagno tenda a proporre questa o quella inchiesta, in ordine sparso. Poi il riferimento ad alcuni elementi strutturali permette di costruire criteri e di selezionare priorità: si veda ad es. il filo conduttore costituito dai processi di esternalizzazione della grande industria, o da fenomeni parzialmente simili nei servizi, lungo i quali trovi il collegamento tra tutta una serie di figure diverse. L’altro riferimento importante è dato dall’allargamento dell’inchiesta alla “vita”, al territorio. 

Il partito: facciamo l’inchiesta dove il partito è più presente (e quindi dispone di maggiori canali, ecc.) o dove è meno presente (per costruire le premesse di questa presenza)? 

Venendo al problema dei giovani, raramente il percorso scolastico determina il percorso lavorativo. E’ bene sfatare luoghi comuni sulla percezione del lavoro da parte dei giovani, e indagare concretamente, ad es. quale rapporto c’è, nell’ottica dei giovani, tra il lavoro come necessità e il lavoro come valore. 
  

NICOLA ATALMI (Treviso) fa un breve quadro dell’economia trevigiana, caratterizzata da due distretti “tipici” (la calzatura sportiva e il mobile) e da quello che potrebbe essere più propriamente definito il “sistema” tessile/abbigliamento (a partire dalla Benetton). In questa realtà, è stata impostata un’inchiesta sulle piccole aziende fino a 50 dipendenti, che costituiscono parte rilevantissima del tessuto industriale locale - un’inchiesta “trasversale”, che include aziende dei diversi settori. Inoltre, è stato impostato un osservatorio sugli incidenti sul lavoro (inclusi quelli nel percorso casa-lavoro): perché sulla stampa ne arriva una minima parte, e perché attraverso l’indagine diretta emergono i “fattori soggettivi”. 
  

PATRIZIA LAZZI (Torino) ..................... 
  

MADARO (Napoli) ........................ 
  

BRUNO (Chieti) osserva, tra l’altro, che se facessimo l’inchiesta scriveremmo sui nostri volantini cose più intelligenti di quello che spesso scriviamo e che non convincono l’elettorato.    ................ 
  

FRANCO GIORDANO, nel suo breve intervento conclusivo, osserva che la “curva di frequenza” alla riunione (presenti alla fine sono meno della metà di quelli presenti all’inizio, e sono calati bruscamente non appena concluso l’intervento del segretario) mostra quanta resistenza o indifferenza culturale ci sia ancora su questi temi. 

L’inchiesta serve anche per uscire da un andazzo per cui il partito o “aspetta l’evento” o traduce l’iniziativa politica in termini soltanto di propaganda..............

UNA PROPOSTA DI OSSERVATORIO LOCALE SUL LAVORO E SULL'ORARIO DI LAVORO

di Gianni Marchetto
Francamente non capisco lo scandalo rispetto alla legge di accompagnamento delle 35 ore - si dice tutto alla contrattazione!! 

E allora come la mettiamo con la L. 300/70(lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori) e con il recente Dlgs. 626? Per fare solo 2 esempi. 

A me pare una salutare “provocazione” alle cosiddette “parti sociali” - le une (il Sindacato) molto “verboso” al proposito, con altisonanti proclami nei congressi e poi .... - le altre (la Confindustria e il sistema delle aziende) che accetta le riduzioni di orario solo quando queste si connotano in termini di ricatto occupazionale nei confronti dei lavoratori. 

Una sfida che deve fare i conti con una serie di questioni. 

1a - la difesa di una “riduzione di orario” già raggiunta - le pensioni di anzianità a 35 anni (almeno per l’industria) - se appunto per R.O. si intende non solo la giornata, la settimana, il mese 
  
2a - una strategia che attraverso la R.O. punti al superamento della “divisione dei lavori” tra gli individui - tanto per capirci una idea di “flessibilità” altra rispetto a quella attualmente dominante, che non accetta (per fare un solo es.) che un giovane diplomato, a 20 anni sia costretto ad andare a lavorare (per tutta la sua vita) nella “stalla modello” della Fiat di Melfi, su 3 turni per 5 o 6 giorni alla settimana, a fare un lavoro stupidissimo (1 minuto e 40 secondi che si ripetono per tutta la sua vita lavorativa!), ma che abbia altre opportunità nella sua vita inframezzate da periodi di formazione professionale volte appunto a misurarsi con altre professioni 
  
3a - per rimettere “becco” sui problemi della “durata del lavoro” (orari e intensità) e quindi per rimettere becco sull’OdL - sulla divisione del lavoro, in periodo in cui intanto parlare di post-fordismo si sono moltiplicate le esperienze del Taylorismo, che sono il vero motore di oppressione dei lavoratori 
  
4a - attraverso una legge dello stato fare giocare un ruolo (del tutto inedito) ai “governi locali” come viene qui proposto attraverso la costruzione di “Osservatori sul lavoro/i e sull’orario di lavoro” 

IL PASSAGGIO ALLE 40 ORE 

Del tutto diverso fu il passaggio dalle 48-44 alle 40 ore settimanali rispetto all’obiettivo del raggiungimento delle 35 ore: 

1. - perché quel passaggio era invocato dalle lotte di oltre 10 anni, da una fase espansiva della economia nazionale  (con bassi salari!) e perché nella mente della stragrande maggioranza dei lavoratori italiani c’era pure il desiderio vivissimo di avere 5 giorni la settimana con il sabato di riposo - anche se è bene ricordare che a Torino ci fu un dibattito su “giornata lunga (8 ore), settimana corta (5 giorni)” ovvero su “giornata corta, settimana lunga (= prolungamento del lavoro al sabato)”, che però venne messo in disparte quasi subito a fronte dell’entrata in campo di una nuova generazione 
  
2. - ma c’era pure un’altra questione (specie sul finire degli anni’60) - cioè quella che determinò una fase di controllo sulla durata del lavoro (orari e straordinario) e sull’intensità del lavoro ( i carichi di lavoro) - infatti, è mia opinione che se il controllo sui due “corni”  del problema non si afferma, leggi, contratti, accordi rimangono sulla carta. In pratica si passò dalla sola contrattazione nazionale alla contrattazione articolata (azienda per azienda) con la nascita dei Delegati e dei CdF, le 10 ore di assemblea retribuite e di migliaia di accordi aziendali che “normavano” da un lato la durata del lavoro (le modalità per le aziende di chiedere gli straordinari), dall’altro tutta la tematica del controllo sui carichi di lavoro, le pause, ecc. - basta avere a mente cosa avvenne nel ’78 con l’applicazione della “mezz’ora” alla Fiat - 9.000 assunzioni in più. 
  
3. - voglio dire in pratica che l’Italia, tra i paesi della CEE è tra quelli dove le leggi sul lavoro sono tra le più ricche, le più rigorose e tra le meno applicate - ed è solo la gestione (dentro ovviamente ad un progetto) che le rende appetibili e le fa godere ai lavoratori - quindi per tempo occorre attrezzarsi per la gestione di questa legge. 

LE CONTRRADDIZIONI DELLE 35 ORE  

A tutt’oggi quelle condizioni non ci sono più nella quasi totalità delle aziende - sono cambiate le ragioni di mercato, nei tempi, nella “resa” degli investimenti, ecc. 

1a - già per le attuali R.O. (nei tessili, nei chimici, nei meccanici) il maggior utilizzo degli impianti (da 2 a 3 turni e da 5 a 6 giorni) è stato lo “scambio” che i padroni hanno voluto e ottenuto - dove questo non è avvenuto sono comparse le “squadrette”, che sono diventate da un lato una sorta di orario “punitivo” per chi lo fa (giovanotti per la maggior parte), dall’altro una divisione tra chi fa il lavoro “normale” e chi è impegnato nelle squadrette 
  
2a - nelle fabbriche di media-grande serie, dove evidentemente si potrà apprezzare la R.O. in termini di maggior occupazione, siamo a tutt’oggi con una flessibilità dei contratti “atipici” e/o le “esternalizzazioni” che pur essendo in misura ancora contenuta, se si comparano gli ultimi anni ne viene una progressione geometrica 
 - 
3a - negli ultimi 20 anni il movimento sindacale italiano ha vinto una battaglia storica (almeno nelle medie-grandi fabbriche) - la battaglia contro la monetizzazione - le paghe di posto (di rischio per la salute) non si contrattano neanche più e sono uscite dalla busta paga - questo è dovuto al risultato della battaglia culturale di un’intera generazione sulla parola d’ordine “la salute non si vende” e dall’altra perché le innovazioni sulle macchine, sugli impianti hanno evidentemente portato dei miglioramenti sostanziali all’ambiente di lavoro - bene - però .... al tempo stesso negli ultimi 15 anni abbiamo perso una battaglia altrettanto storica su una nuova “monetizzazione”  (sulla durata del lavoro) che è oggi imperante nella quasi totalità dei luoghi di lavoro - mentre si è ridotto a livello formale (nei contratti e negli accordi) l’orario di lavoro, il suo utilizzo sostanziale è in continuo aumento (nei meccanici siamo ad una media di 45 ore circa la settimana) - questo processo è contradditorio perché da un lato la contrattazione e l’innovazione ha modificato in meglio quasi tutti gli ambienti di lavoro, ma dall’altro ha peggiorato la prestazione di lavoro in termini di maggior durata e intensità ed ha come conseguenza il manifestarsi di tutta una serie di nuove patologie (malattie aspecifiche) dovute all’aumento del lavoro notturno, alla comparsa delle “tendiniti” per fare solo 2 es., ecc. - questo allungamento è pure ricercato dai lavoratori, per una minoranza è comprensibilmente dovuto alle precarie condizioni di vita dei lavoratori (nelle professioni più umili) nel rapporto tra reddito, costo della vita e nucleo familiare a carico, ma per la maggioranza (trattasi di professioni qualificate, impiegati e tecnici) l’aumento è ricercato per mantenere uno “standard” di vita al di sopra delle proprie possibilità (quelle derivanti dalle 40 ore) - questo sarà uno dei problemi maggiori di rapporto con i lavoratori 
  
4a - se è vero che se non si controllano i 2 corni del problema (la durata e l’intensità) il tutto rimane sulla carta, occorre allora riprendere un  controllo ed una contrattazione quanto meno efficace su queste questioni, magari imparando dalle esperienze più avanzate presenti sul territorio e nell’ambito delle categorie. 

COSA FARE? - IL TABELLONE 

Andare alla costruzione di “osservatori comunali sui lavori e sull’orario di lavoro” 

Perché il livello comunale? Perchè occorre un “contenitore” istituzionale da fare entrare in gioco come uno degli attori interessato allo sviluppo positivo per il raggiungimento delle 35 ore (così come può esserlo una provincia o una regione) - per farlo diventare un soggetto attivo verso una politica attiva del lavoro. 

Questo non significa affatto non attrezzare tutto il sindacato (nelle categorie così come a livello confederale) con un proprio sistema informativo volto all’obiettivo della riunificazione delle forze di lavoro e all’applicazione della riduzione d’orario. 

D’altra parte (almeno per quanto riguarda RC) questo non è altro che “fare inchiesta” come dice ormai dall’ultimo congresso Fausto Bertinotti - come esigenza fondamentale per “rifondare” la cultura del partito legandolo saldamente alla conoscenza dei processi che avvengono nel mondo del lavoro e nella società. 

2 TABELLONI + L’INFORMATIZZAZIONE SU INTERNET 

Adesso vediamo cosa in concreto si intende per “Osservatorio sul lavoro/i e sull’orario di lavoro” 

1. - intanto i tabelloni (vedi allegato) 
2. - attraverso l’utilizzo della banca dati dell’INPS e di dati in possesso delle USL e dell’INAIL (vedi Note al tracciato.... di seguito) 
3. - un aggiornamento annuale 
4. - una presentazione (annuale) alle associazioni industriali, artigianali e ai sindacato dell’Osservatorio 
5. questo Osservatorio può essere benissimo informatizzato e messo nella rete di Internet 

Quindi l’obiettivo primario è quello di costruire un “sistema informativo” a disposizione delle parti sociali e dei cittadini. 

Non ne so molto delle prerogative di un Ente Locale e tanto meno di quelle di un Assessore al Lavoro - provo a dire la mia: 

? specie in relazione all’aumento dei contratti atipici, perché non pensare ad una formazione, (pagata da una parte dal sistema delle aziende e dall’altra da forme di “consorziamento” degli enti locali) per queste figure tra le più sfigate in quanto non impareranno mai un mestiere 
  
? specie per la aziende artigiane e per le piccole e medie imprese perché non pensare ad una politica promozionale di incentivi per il consorziamento di queste imprese che non riescono a stare sul mercato in quanto i prezzi gli vengono imposti dalla media grande impresa - ricordo che in Italia su 130.000 imprese (metalmeccaniche) ben 100.000 stanno con meno di 50 addetti, con un fatturato medio per addetto che va da 90 milioni a 160 milioni - e quindi per questa via favorirle al rispetto delle leggi - dalla riduzione alle 35 ore alla applicazione della 626, ecc. 
  
? in relazione al cambiamento avvenuto nei tempi di lavoro e di non lavoro dall’ultima riduzione d’orario occorre sperimentare (con la partecipazione) forme di utilizzo “attivo e/o costruttivo” del tempo di non lavoro, e allora qui si possono sperimentare con proficuità le prerogative di ente locale. 

NOTE AL TRACCIATO RECORD DEGLI ARCHIVI DI FONTE INPS - 01M 

NOTE 

da a descrizione     note 

1 2 Ufficio zonale INPS della Prov. di TO 
3 4 Anno competenze 
5 11 Data di nascita    AAAMMGG 
12 13 Provincia di lavoro (se diversa da TO) 
14 14 Qualifica 
14 20 Competenze correnti 
21 26 Altre competenze 
27 28 Settimane retribuite 
20 31 Giornate “ 
32 44 Mesi  “    (1) 
45 48 Codice contratto 
49 52 livello di inquadramento 
53 56 Data cessazione    GGMM 
57 58 Tipo rapporto di lavoro 
59 59 Trasformazione rapporto di lavoro 
60 61 Settimane utili 
62 62 Sesso      M/F 

Nota (1). Se byte 32 - 1 tutti i mesi sono retribuiti; altrimenti nei successivi 12 byte ci sarà 0 sui mesi retribuiti e 1 su quelli non retribuiti 

Nota (2). Bisogna richiedere tutti gli 01M iscritti all’INPS nell’anno 1995 che lavoravano presso imprese localizzate nel comune di Venaria, con i dati individuali del tracciato di cui sopra.

MARCHE

Resoconto comitato politico regionale del 18.12.97 sull’avvio dell’attività d’inchiesta sul lavoro
di Fabio Montanini
Nella riunione del 18.12.1997 il Comitato Politico Regionale delle Marche, allargato a tutti i responsabili del Lavoro delle Federazioni e dei Circoli ed ai compagni impegnati in attività sindacale, ha deciso di avviare l’attività d’inchiesta sui luoghi di lavoro. 

Ha concluso i lavori il compagno Marco Gelmini del gruppo nazionale che segue l’attività d’inchiesta. 

La realtà socio-economica delle Marche è molto diversificata e complessa, dove, nonostante un livello di disoccupazione relativamente basso (circa il 6,5%) rispetto alla media nazionale esistono una serie di problemi che derivano dalla stessa storia della industrializzazione regionale. 

Il lavoro nero possiamo ormai considerarlo una componente organica della nostra attività produttiva, il lavoro precario è divenuto una regola invece che un fenomeno straordinario, i salari hanno mediamente un livello basso che determina un “aumento” dell’orario di lavoro attraverso lo straordinario che in molte realtà produttive è ormai strutturale. 

Molto elevata in percentuale è la disoccupazione femminile e giovanile soprattutto con un livello medio-alto d’istruzione, viceversa perdono lavoro (attraverso crisi aziendali, ristrutturazioni, ecc.) lavoratori con basse qualifiche ed in età avanzata, soggetti che più difficilmente possono trovare una ricollocazione. 

La segreteria regionale ha proposto l’individuazione di un primo ambito di partenza che scaturisce proprio dall’analisi della struttura produttiva marchigiana che vede nei cinque distretti industriali individuati, momenti significativi molto importanti che naturalmente non esauriscono tutti i vari aspetti. Contemporaneamente importante è l’avvio dell’inchiesta nell’altro ambito quello del pubblico impiego, che vede un impegno complessivo di tutto il partito a livello nazionale. 

I 5 distretti industriali proposti su cui incentrare l’attività sono: 

1)  Distretto calzaturiero Federazione di Fermo più Federazione di Macerata (parte sud est Civitanova) 
2)  Distretto del mobile Federazione di Pesaro 
3)  Cantiere navale di Ancona Federazione di Ancona (parte est) 
4)  Distretto metalmeccanico-meccanico ed indotto Federazione di Ancona (parte ovest Jesi-Fabiano) più Federazione di Macerata (parte nord ovest Camerino) 
5)  Distretto di Ascoli Piceno (unico territorio regionale interessato dalla ex Casmez con caratteristiche peculiari) Federazione Picena. 

La proposta della segreteria regionale si basa su due questionari predisposti uno per il pubblico impiego e l’altro per il lavoro dipendente delle piccole e medie imprese. 

Essendo la prima esperienza d’inchiesta che il PRC delle Marche avvia si è pensato di agevolare il lavoro predisponendo una serie di domande utilizzabili in tutti i distretti stabiliti ponendo questioni oltre che sulle condizioni di lavoro nell’impresa o nell’Ente anche sul sindacato e la sua attività, sulla conoscenza della propria azienda e del suo mercato, sulle grandi questioni nazionali come la riduzione d’orario a parità di salario che il nostro partito ha posto con forza nel dibattito politico. 

Comunque la stesura finale dei questionari avverrà in un confronto all’interno delle Federazioni che valuteranno direttamente sul territorio adattamenti o modifiche in base alle esigenze che emergono localmente. 

Il dibattito seguito alla esposizione della proposta ha evidenziato la consapevolezza del partito in merito alla necessità del lavoro d’inchiesta e di un suo utilizzo non temporaneo o straordinario ma come strumento permanente della politica dei comunisti marchigiani. 

Abbiamo registrato positivamente la disponibilità all’impegno dei compagni per raggiungere l’obiettivo di valorizzare l’inchiesta nel suo duplice aspetto, quello della conoscenza e quello del radicamento sociale. 

Nei prossimi giorni si costituirà un gruppo di lavoro regionale ed in ogni federazione che seguiranno l’attività d’inchiesta. 

Per il coinvolgimento più ampio possibile di compagni e simpatizzanti e di altri soggetti sensibili a queste tematiche si è deciso (per il mese di Gennaio) una serie d’incontro allargati nelle federazioni. 

Con queste riunioni territoriali si intende costruire la indispensabile rete di punti di riferimento nei luoghi di lavoro e studiare laddove non ci siano, forme di pubblicizzazione, informazione e sensibilizzazione per l’avvio concreto dell’inchiesta. 

Come già detto per il mese di gennaio p.v. è prevista la fase di preparazione operativa in modo che a febbraio inizi il lavoro vero e proprio di distribuzione e ritiro dei questionari, a primavera contiamo di avere i dati elaborati per le pubblicazioni e per arrivare al loro utilizzo nella attività politica quotidiana. 

Non di secondaria importanza è stato considerato l’obiettivo interno di questo lavoro e cioè lo stimolo alla ripresa di una attività politica in larga scala che coinvolga nuovi compagni e nuove soggettività, in particolare forze sociali che si pongono in alternativa alla involuzione di stampo liberista della società italiana.

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