Inchiesta sul lavoro precario nella distribuzione a Trieste…

Ne parliamo con Paolo Hlacia responsabile commissione lavoro

A Trieste state facendo un’inchiesta sul lavoro precario nella distribuzione, come avete deciso questa iniziativa ? Perché il lavoro precario in particolare? E perché nella distribuzione?

L’iniziativa parte dalla decisione della commissione lavoro di affiancare alla propaganda per il SI nel referendum sull’art.18 una iniziativa specifica sul terreno dell’estensione dei diritti. La scelta del lavoro precario e della distribuzione parte invece da un lungo ragionamento che abbiamo tentato di svolgere all’interno del Partito con poche soddisfazioni. Ancora oggi dopo almeno tre anni di lavoro ci sono compagni e anche dirigenti che non sanno i numeri del LAVORO nella Provincia di Trieste.

Cosa intendi per i numeri del LAVORO?

Sono stanco di sentire nelle discussioni interne al Partito la riproposizione, molte volte inesatte, delle teorie sulla fine del lavoro, e in antitesi dati internazionali sull’aumento dei lavoratori dipendenti e materiali oppure riferimenti alla CLASSE che coincidono con una presunta centralità delle tute blu. Poi questi analisti a ripetizione non sanno nemmeno quanti sono i lavoratori attivi nella loro provincia, quanti sono i soggetti a reddito, quanti sono i pensionati.

Dove avete trovato i dati necessari a ricostruire una fotografia della situazione?

Non è troppo difficile, le fonti sono le stesse che usano ad esempio gli analisti della associazione industriali di Trieste a cui è stato commissionato uno studio poi edito sotto il titolo "Condividere lo sviluppo". Si parte dai dati dell’ultimo censimento, si confrontano con i dati INPS e sindacali sulle diverse categorie e si ha una prima fotografia. Poi si prendono i dati sull’occupazione dell’agenzia del lavoro regionale e si elabora il tutto.

Si riesce a ricostruire una mappa del precariato con lo stesso sistema?

E’ molto più difficile, anche perché la grande flessibilità durante l’anno ti consente di accedere a dati percentuali sull’occupazione ma niente di più. Riesci in qualche maniera a quantificare il fenomeno. Ad esempio dai dati Inps sulle ritenute d’acconto si rileva che Trieste può definirsi la capitale dei Co. Co. Co. in Italia.

Che indicazioni politicamente rilevanti si possono trarre da questa ricerca?

Voglio essere provocatorio e polemico. Su 200.000 cittadini a reddito circa 115.000 sono pensionati. Fino all’anno scorso Trieste era la città più vecchia d’Italia, primato che ha perso dopo il sorpasso di Savona. Se più della metà dei cittadini a reddito è pensionata anche l’attività e le iniziative del Partito dovrebbero tenerne conto e invece niente, si preferisce dibattere sul mancato rilancio dei Giovani Comunisti rifacendosi al dibattito nazionale. Grandi discussioni sui metalmeccanici (che in Provincia sono proprio pochini) e quando chiedevamo alle riunioni quanti erano gli autisti della Trieste Trasporti (trasporto pubblico locale) nessuno sapeva quantificare. Gli autisti della Trieste Trasporti sono 600 (senza contare amministrativi e manutenzione) i lavoratori della Ferriera di Servola sono 740 (senza indotto). E’ banale dire che non sapere quantificare queste situazioni comporta una scarsa capacità di analisi e proposta.

Eppure esisterà anche a Trieste un numero rilevante di lavoratori dipendenti con contratto indeterminato?

Certo che ci sono: Sanità e amministrazione pubblica sono le due grandi fabbriche della Provincia per numero di lavoratori, le Poste hanno 1000 dipendenti e la Wartsila Grandi Motori ne ha 1300 circa con le basi. Ma quando siamo andati ad indagare nelle fabbriche e nel pubblico impiego le tendenze dei rapporti di lavoro abbiamo riscontrato la stessa precarizzazione che si registra a livello nazionale. La politica delle esternalizzazioni, delle delocalizzazioni, degli appalti interessa tutti i settori. E’ questo il dato comune, il minimo comune denominatore dallo stabilimento Alcatel al porto ai servizi alla persona del Comune. E’ su questa condizione comune di precarietà che si può ricostruire una massa critica che superi le vecchie divisioni di categoria, è qui che si fa la ricomposizione.

Siete riusciti a condividere questi ragionamenti all’interno del Partito?

Solo in parte. Quando è uscita la pubblicazione della Associazione Industriali sul lavoro nella Provincia qualche compagno ci ha detto che questo era il lavoro di analisi che la nostra commissione avrebbe dovuto svolgere e noi questo lavoro lo avevamo già fatto e anche pubblicizzato all’interno. Ci scontriamo ancora con una separazione netta tra il Partito e i soggetti. Sembra quasi che il Partito debba dire la sua su precari, donne, migranti; esprimere comprensione e solidarietà ma non porsi il problema di essere agente e stimolo all’autorganizzazione. Anche nel caso che si arrivi ad essere volano di comitati e di iniziative territoriali queste sono viste come separate dalla attività del Partito al suo interno che si occupa di altre cose : strategie, alleanze elettorali, organismi dirigenti, ecc.

Sei molto critico sulla discussione interna…

Ti faccio l’esempio del Forum Ferriera. Mentre il Social Forum Trieste segue l’altalena di successi e riflussi dei forum nazionali abbiamo costruito un Forum di discussione comune sul futuro della Ferriera di Servola con il Comitato Servola Respira, una lista civica (La tua Trieste) che nasce da un circolo culturale , Legambiente e WWF, Verdi e Rifondazione, FIOM, FIM-CISL e UILM. Questo è stato costruito con difficoltà dovute alle contrapposizioni storiche di interessi tra abitanti, salute e difesa dell'occupazione. Per far questo abbiamo fatto una inchiesta tra i lavoratori, una tra gli abitanti, una sul futuro della Ferriera rivolta contemporaneamente a lavoratori e abitanti, abbiamo fatto interviste mirate ai lavoratori migranti e interviste che poi sono andate in onda su una radio locale a tutti i soggetti interessati e rappresentativi (sindacalisti, politici, ecc). Subito prima del referendum sugli elettrodotti un comitato per il doppio SI ai referendum ha utilizzato questa rete per costituire comitati contro l’installazione delle antenne e sembra proprio che l’iniziativa sia partita con il piede giusto. Chi non ha partecipato al lavoro d’inchiesta ovviamente si sente un po’ tagliato fuori da questa esperienza, ma è colpa nostra?

Insomma 10, 100, 1000 inchieste e forum…..

Non credo si possa fare diversamente per realizzare anche l’innovazione necessaria al Partito nel rapporto con i movimenti e la società. Partire dal dato della precarietà come tendenza generale dei rapporti di lavoro e dal dato che il settore del commercio conta almeno 13000 addetti a Trieste (saranno molti di più in realtà, proprio in ragione della precarietà dilagante) ci costringe a fare inchiesta . Non è difficile costruire un questionario: abbiamo fatto alcune interviste, rubato qua e là da questionari di altre città le domande che ci interessavano e scelto il nuovo centro commerciale della città per fare la prima distribuzione e raccolta. Ma su questo la prossima volta. Ciao