PROPOSTA DI UN “LAVORO DI INCHIESTA” SUL “MOVIMENTO DI GENOVA”

a cura del Gruppo Inchiesta Nazionale

 

Pubblichiamo le note di GIANNI MARCHETTO sulle manifestazioni di Genova (uscite anche sul Manifesto del 7 agosto) perché ci sembra che esse possano offrire un utile punto di partenza per un lavoro di riflessione e di inchiesta sul movimento che è “esploso” a Genova ma che ha una portata che va ben al di là delle manifestazioni contro il “G 8“.

È chiaro che, sul nostro Bollettino di Inchiesta, non interessa tanto documentare le violenze commesse a Genova dagli apparati repressivi dello stato: queste hanno trovato e trovano adeguato spazio su Liberazione, e - per fortuna - anche su molti altri giornali (non solo il Manifesto ma l’Unità e anche giornali “borghesi” come la Repubblica ed altri).

Né ci interessa in modo specifico il dibattito politico - ideologico che, giustamente, si sta sviluppando anche all’interno del nostro partito, e che trova spazio su Liberazione e il Manifesto. Ci interessa piuttosto -coerentemente con la nostra “vocazione”- un lavoro di inchiesta: che in questo caso è particolarmente indispensabile, perché si tratta di un movimento nuovo rispetto ad altri conosciuti in passato, diverso per composizione, spinte ideali, parole d’ordine, ed eterogeneo, che non ha qui un’eccezione negativa, ma significa che vi confluiscono strati sociali, opzioni ideologiche, esigenze politiche che tradizionalmente erano separati (separati tra loro e spesso anche separati dalla politica) e che oggi si trovano di fronte a una grande occasione di saldature e di continuità.

A partire da questi dati, il problema di fronte a cui si trova il nostro partito è come sviluppare il contributo al movimento, che ha saputo dare in modo eccellente sia nella preparazione che nel corso delle manifestazioni di Genova, senza pretese di “egemonia” ma senza limitarsi ad “essere a rimorchio”.

Per questo è utile che i compagni, passati i grandi e importanti momenti di solidarietà immediata (nelle manifestazioni e contro la repressione) si porgano alcune domande molto concrete, indispensabili per definire il nostro contributo futuro al movimento, in quest’ottica, è utile passare dai ragionamenti generali a un’analisi dei “pezzi del movimento” con cui ciascuno ha avuto ed ha un contatto diretto.

Proviamo a indicare una prima traccia, molto sommaria e incompleta, di queste “domande” che dobbiamo porci.

- Anzitutto: chi, nella tua città (o, se questa è molto ampia, nel tuo quartiere, nel tuo luogo di lavoro) ha partecipato alle manifestazioni di Genova? Chi si riferisce alla composizione sociale (operai, studenti, impiegati, intellettuali, ecc.), all’età e al sesso; ma anche al tipo di impegno politico-sociale (chi era già “politicamente impegnato” in partiti o sindacati; chi era impegnato in organizzazioni di altro genere, ad es. di volontariato, e quali). Quali erano le motivazioni più forti che hanno portato le varie persone a partecipare?

- Cos’è successo dopo? Anzitutto, nella partecipazione molto forte (anche se variabile tra le diverse città) alle manifestazioni del “dopo Genova”: chi hanno coinvolto, oltre a tanti compagni/e che a Genova c’erano stati? Ma, al di là di questo: quali forme di “continuitàorganizzativa” sono in piedi, chi vi partecipa, e chi rischia di restare “tagliato fuori”? Quali sono i temi e gli obiettivi su cui si realizza questa continuità, al di là di quello della denuncia/protesta contro la repressione e le violenze? Qual è il nostro ruolo all’interno di questi elementi di continuità organizzativa?

Tutti questi sono “ingredienti conoscitivi” indispensabili per rispondere adeguatamente all’interrogativo di fondo: cosa si pensa di fare per andare avanti? È chiaro che il movimento non può svilupparsi contando solo su “momenti globali”, come Genova: quali sono i temi e gli obiettivi su cui si può lavorare quotidianamente, senza perdere l’ampiezza e la ricchezza di partecipazione rivelatasi a Genova? Quale può essere il nostro contributo, il nostro rapporto con queste forme di continuità del movimento?

Dovrebbe essere chiaro che questa proposta di "lavorare di inchiesta" non è un vezzo sociologico, ma al contrario risponde ad esigenze molto pratiche, organizzative; all'esigenza di contribuire concretamente a far vivere il movimento, senza pretendere di "incasellarlo" in qualche nostro schema "tradizionale".

Per questo proponiamo che il "Bollettino d'Inchiesta" (e il suo sito internet) divengono uno "spazio" in cui i compagni e le compagne portino le loro esperienze, le loro impressioni, la loro analisi, anche molto parziali e "incompiute", ma legate alla "parte" del movimento che hanno vissuto direttamente e con cui continuano ad avere a che fare.