IX Congresso – Non siamo disposti a rassegnarci

IX Congresso – Non siamo disposti a rassegnarci

di Linda Santilli

Il nostro congresso, nel pieno del suo svolgimento, mi pare porti il tratto di una ambivalenza: da una parte stanchezza mista a sconforto dei compagni e delle compagne e tentazione di abbandonare il campo; dall’altra indisponibilità a rassegnarsi e desiderio mai domato di cambiare il mondo. Sono i due elementi che convivono simultaneamente e che fanno da sfondo alle assemblee mettendo a nudo una autenticità non solo comprensibile, ma che ci protegge dal rischio di essere diventati autistici, o marziani fuori dalla realtà. Che altro sennò in un contesto così avverso e con un partito ridotto ai suoi minimi storici?

Ma se la grandezza delle difficoltà in cui ci imbattiamo è direttamente proporzionale al bisogno di non abbandonare la presa e reagire, sarà proprio da questa ambivalenza che potranno spuntare dei frutti utili. Utili a chi? Alla sinistra, dunque a Rifondazione, esattamente in questo rapporto di rimando, per cui l’una viene prima dell’altra. Infatti credo che dovrebbe essere chiaro a tutti che il nostro partito, così come le altre forze esistenti a sinistra del Pd, incapaci di porre anche solo un freno alla degenerazione in atto, non possano più pensare di salvarsi per contribuire a cambiare le cose, se non dentro la rinascita di una sinistra unita alternativa alle politiche che hanno messo in ginocchio il paese da ogni punto di vista. Una sinistra che esiste in tutta Europa tranne che da noi. E quindi, al di là di quello che scriviamo nei nostri documenti, e di quante volte evochiamo parole come unità, sinistra, cambiamento, rinnovamento, chiunque oggi si percepisca come autosufficiente, è destinato al silenzio e all’ininfluenza assoluta, condannandosi o al minoritarismo o al moderatismo, che prima ancora che epiteti utilizzati per denigrarsi, sono due facce della stessa medaglia dato che conducono allo stesso risultato: l’assenza di una sinistra politica capace di far valere le ragioni degli ultimi.

Siamo davvero convinti che non esista una terza via? Che l’Italia sia destinata ad avere una sinistra così impotente, rassegnata, indisponibile a cercare soluzioni praticabili? L’ostinazione con cui si tende a riprodurre lo schema delle due strade obbligate, ricorrendo – ogni volta e ciascuno a proprio modo – alle categorie dell’inevitabilità e della necessità, non è forse un alibi per sottrarci all’autocritica e per giustificare chi la propria insufficienza, chi la propria incoerenza?

Da queste domande siamo partiti noi promotori e promotrici dei due emendamenti al documento 1 intitolati rispettivamente: “ per l’unità della sinistra d’alternativa” e “rilanciare rifondazione, rinnovare il gruppo dirigente”, convinti che una terza via ci sia e vada costruita a tutti i costi, anche se tra tutte è la più difficile da attraversare.

Certo che è la più difficile, perché chiede innanzitutto di rompere lo schema rassicurante in cui siamo ingabbiati ormai da anni, secondo cui se siamo ridotti all’ininfluenza politica dipende esclusivamente da regole del gioco truccate, dalla forza manipolatrice massmediatica, dal sistema maggioritario, da questa legge elettorale. E quindi altri gruppi dirigenti ed altre modalità di attuazione della linea politica non avrebbero modificato di nulla la situazione.

Ma questa lettura se prevalesse sarebbe letale perché ci farebbe precipitare in una definitiva impotenza. Ebbene, noi non siamo disposti a rassegnarci al fatto che al momento si possa giocare solo un ruolo di testimoni, in attesa che cambino le condizioni oggettive e che la storia ci darà ragione. Pensiamo invece che si possa cambiare rotta e che disponiamo delle risorse e delle energie per farlo.

La fiducia nel nostro partito e nella sua capacità propositiva e rigeneratrice è un punto centrale dei nostri emendamenti.

Un partito che è in grandissime difficoltà, poi anni di isolamento e di sconfitte, che però dispone ancora di un patrimonio preziosissimo di uomini e donne che nonostante tutto non hanno mollato, sono ancora qui disposti a spendersi e lo saranno ancora, probabilmente, se da questo congresso sapremo aprire un varco sul futuro.

Se sapremo raccogliere e tradurre concretamente il desiderio dei nostri compagni e delle nostre compagne di incidere e di riprendere in mano il destino soggettivo del partito e la volontà diffusa che chiede rinnovamento: nelle pratiche e nel modo di funzionare, nell’attuazione della linea politica e nella costruzione dell’unità a sinistra, nel ricambio necessario dei gruppi dirigenti che guardi anche alle nuove generazioni.

Non ci basta resistere, vogliamo tornare a crescere come forza politica e a contare, almeno provarci.


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