No, ministro Valditara, se la scuola pubblica va a rotoli non è colpa di Pierino

Valeria Allocati*

 

Mentre il mondo della scuola ancora discute e riflette sulla protesta di alcuni studenti e studentesse durante il colloquio  dell’esame di Stato e sulle punizioni promesse dal Ministro Valditara, ecco che arriva il via libera definitivo del Consiglio dei Ministri ai regolamenti che riformano il voto di condotta e la valutazione degli alunni e delle alunne della scuola secondaria. Un segnale “forte e chiaro” commenta da subito il Ministro dell’Istruzione e del Merito, indicando poi quelli che  dovranno essere  i valori e le parole d’ordine da seguire nella scuola di domani: rispetto, merito e responsabilità. Le sanzioni disciplinari sono indicate, nel contempo, come elemento formativo del percorso educativo.

Più forte e chiaro di così non si può, pugno di ferro e tolleranza zero.

La capacità relazionale torna ad essere intesa come “condotta”; bisogna valutare quindi il comportamento dei ragazzi e delle ragazze e la loro docilità a conformarsi alla disciplina scolastica. E se ciò non avviene le conseguenze arrivano con mano pesante: bocciatura secca per chi non raggiunge il sei, mentre per chi riceve una votazione solo sufficiente si introduce la formula dell’epochè: sospensione del giudizio di ammissione che obbliga il discolo di turno a presentare entro settembre un elaborato su tematiche di cittadinanza attiva strettamente collegate alle proprie mancanze. Posto che tale elaborato sarà poi veramente farina del  proprio sacco, è legittimo chiedersi quale ingenuità può guidare chi pensa che basti un compituccio estivo per far superare difficoltà relazionali, disagi o altro. Evidentemente interessa solo la  forma o la punizione in sé.

Ma arriviamo al vero nodo posto dalla riforma. In caso di sospensione superiore ai due giorni  la scuola dovrà disporre lo svolgimento di attività di cittadinanza solidale presso strutture convenzionate con le istituzioni scolastiche e individuate nell’ambito di elenchi predisposti dall’amministrazione periferica del Ministero. Ovviamente solo quelle istituzioni private o convenzionate considerate degne di redimere secondo valori e parametri individuati dall’alto. Ennesima e pericolosissima forma di esternalizzazione del processo educativo che allontana ed espelle chi è in difficoltà e affida poi ad un ente esterno il compito di intervenire, formare e valutare. A quali costi e condizioni non si sa. Nessuna riflessione o investimento di risorse economiche e umane per supportare concretamente, con attenta programmazione collegiale, le situazioni problematiche, per rimuovere le ragioni, le cause sociali e soggettive che generano difficoltà relazionali, dispersione scolastica, comportamenti disfunzionali. Nessuna  riflessione sul contesto sociale, familiare, personale entro il quale matura un dato comportamento. Ancora  una volta si tace sul processo formativo compiuto dai ragazzi, sui livelli di partenza, sull’inclusione e sulle strategie da adottare per rimuovere ostacoli e disuguaglianze. Non sarà certo  lo spauracchio del voto di condotta ad arginare il disagio e il malessere che serpeggia tra i banchi di scuola e la paura della bocciatura non servirà neanche a promuovere quel senso di responsabilità e senso civico a cui fa riferimento la riforma che, nel suo progetto autoritario, non va oltre un programma di  addestramento dalle profonde analogie con retaggi di un triste passato. Potrà servire al massimo a cucire la bocca a quella parte di studenti e studentesse che ancora con coraggio esprimono liberamente il proprio pensiero critico e dissentono, rifiutando le tante forme di omologazione e controllo del sistema scolastico.

Un provvedimento populista salutato già con favore da molti dirigenti e insegnanti e che  troverà il plauso anche di quella  parte dell’opinione pubblica che bacchetta con soddisfazione le giovani generazioni considerate sempre più maleducate e fannullone.

Che la scuola pubblica sia da anni sotto attacco, nel suo modello costituzionalmente determinato, è sotto gli occhi di tutti. Oggi cogliamo il frutto marcio di pseudo riforme che da decenni sono state orientate a trasformare la scuola in un’ottica aziendalistica e privatistica, svenduta alle logiche d’impresa e ai suoi principi regolativi: offerta formativa, concorrenza, competitività, sostenibilità finanziaria, crediti, debiti, prodotti finali, certificazioni, test, orientamento, lavoro e merito. È questo il linguaggio della scuola di oggi che si accompagna a tagli selvaggi e una  profonda  impostazione classista. E il tema della valutazione resta il nodo centrale: asse portante e spina dorsale della scuola della Costituzione ma anche indicatore  per capire quale  direzione e orientamento si intende intraprendere. Valutare il percorso di crescita umana e culturale dei ragazzi e delle ragazze  non vuol dire, come oggi si intende, misurare un prodotto finale, standardizzare un risultato deciso altrove, omologare, in nome di una presunta oggettività, una prestazione quantificabile e misurabile, certificare una competenza o controllare conoscenze e nozioni. È un lavoro ben più complesso e difficile che compete alla responsabilità del corpo docenti e alla professionalità del singolo insegnante. E se questo è vero per la valutazione disciplinare ancor di più lo è per la riesumata condotta. No, Ministro Valditara, i problemi della scuola pubblica oggi sono altri e richiedono risorse economiche e radicale cambio di rotta, non è colpa del Pierino di turno. 

*Direzione Nazionale PRC-S.E.

 

 

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