La Lombardia si prepara a fronteggiare un attacco nucleare? Intervista con Vittorio Agnoletto
Laura Tussi
A pochi giorni dalla apertura all’ONU della terza conferenza degli Stati parte del Trattato di
Proibizione delle armi nucleari TPNW. In Lombardia il pericolo di una guerra nucleare viene
avvertito e si adottano misure di mitigazione.
Il medico Vittorio Agnoletto, docente presso l’Università Statale di Milano, è noto non solo per
essere stato portavoce del Genoa Social Forum nel 2001 in occasione del G8, ma anche per il suo
impegno nel dibattito pubblico su temi che mettono in relazione salute, ambiente e giustizia
sociale. In particolare, ha lavorato attivamente nell’ambito della medicina sociale, promuovendo
una riflessione critica sugli effetti delle politiche economiche e neoliberiste sul benessere delle
popolazioni. Attraverso il suo lavoro accademico e la partecipazione a numerosi convegni e
iniziative, Agnoletto ha contribuito a far luce sul legame tra salute pubblica e dinamiche sociali ed
economiche, cercando di stimolare un approccio più umano e sostenibile alle politiche sanitarie. Lo
ha intervistato la nostra Laura Tussi
Con il medico e attivista per la pace Vittorio Agnoletto commentiamo una serie di provvedimenti
che la regione Lombardia ha adottato negli ultimi mesi per rispondere a una eventuale minaccia
nucleare.
La regione Lombardia si sta preparando all’emergenza nucleare. A dicembre 2022, ha approvato
una delibera che stabilisce le procedure di emergenza per il rischio radiologico e nucleare.
Un atto che potrebbe sembrare una semplice misura di prevenzione, ma che solleva interrogativi
inquietanti: perché proprio ora? Perché includere riferimenti a scenari di terrorismo o incidenti
industriali?
A due anni dall’approvazione, il piano regionale ha portato alla creazione di depositi di ioduro di
potassio e a corsi di formazione per operatori sanitari.
Il 28 dicembre del 2022 la regione Lombardia ha approvato una delibera che riporta come
titolo “Approvazione delle procedure regionali per le emergenze radiologiche e nucleari.” In
questa delibera la regione prende in considerazione una possibile situazione di
contaminazione diffusa e non chiaramente circoscrivibile. Tutto questo che significato ha?
Queste sono le parole presenti nella delibera e riporta degli esempi, tra i quali: atto terroristico,
lavorazione accidentale di sorgenti, incendio con coinvolgimento di sorgenti. Non nomina
ovviamente la possibilità della guerra nucleare, ma non bisogna essere particolarmente furbi per
notare che questa delibera avviene esattamente 10 mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina e
riprende una direttiva dell’Euratom che esisteva già da tempo la n. 59 del 2013.
Quindi cosa significa che per nove anni non se ne è fatto assolutamente nulla?
Dieci mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina la regione Lombardia approva questa delibera ed è
una delibera a 360 gradi. Tant’è vero che contiene quattro allegati. Il primo allegato è relativo alla
“Linee di indirizzo regionale per la gestione delle emergenze radiologiche nucleari” e dà tutte le
indicazioni agli ambiti sanitari di come devono muoversi. Il secondo allegato tratta delle “Indicazioni
per il campionamento di matrici alimentare di origine vegetale e acque destinate al consumo
umano, nel caso di emergenze radiologiche e nucleari” e il terzo contiene le “Indicazioni per la
protezione e il controllo degli animali produttori di alimenti e il controllo degli alimenti per animali e
di quelli di origine animale destinati al consumo umano.”
Il quarto allegato dà le “Linee di indirizzo regionali per la gestione ospedaliera di persone esposte a
irradiazioni e/o contaminazioni acute in relazione ed eventuali emergenze radiologiche.”
Quindi è proprio un quadro a 360 gradi?
Sì. Certamente. Vengono presi in considerazione tutti gli aspetti che possono verificarsi in caso di
una contaminazione nucleare e sono fornite indicazioni precise alle ATS, alle ASST, agli ospedali e
all’ARPA; in ogni ATS si precisa chi deve coordinare l’azione da un punto di vista sanitario e i
diversi ruoli che dovranno svolgere gli operatori di queste strutture.
Trascorrono altri dieci mesi e alla fine di ottobre del 2023 subentra una seconda delibera.
“Approvazione di schema di intesa tra regione Lombardia e Ministero della Salute per la custodia e
messa in disponibilità di antidoti nei depositi regionali di regione Lombardia”.
Viene deciso di istituire 30 micro depositi sparsi nel territorio regionale dedicati allo
stoccaggio di milioni di compresse di ioduro di potassio. È vero?
E’ così. Lo ioduro di potassio dovrebbe proteggere la tiroide dell’assorbimento di iodio radioattivo
emesso in seguito a un incidente nucleare, però chiunque sa che le conseguenze sul corpo umano
in caso di un’esplosione nucleare non si fermano certo alla tiroide e non dipendono solo dallo
ioduro di potassio: vi possono essere problematiche che riguardano anche cesio, plutonio ed altri
isotopi. Le conseguenze causate da alcuni isotopi radioattivi possono coinvolgere anche uno
spazio situato a centinaia di chilometri di distanza da dove si verifica la tragedia nucleare.
Come procede in seguito la Lombardia?
Passa ancora un anno e arriviamo al novembre del 2024, quando la direzione generale del welfare
della Lombardia organizza un corso intitolato “Procedure regionali per l’emergenza radiologiche e
nucleari” che è rivolto agli operatori di Regione Lombardia, dell’ARPA e dell’ATS; inoltre, la
Regione invita tutte le ATS a organizzare un corso simile. Non è un caso che il primo incontro
venga organizzato dall’ATS di Brescia attorno a metà dicembre, mi pare il 18 dicembre, rivolto
sempre al personale delle istituzioni citate prima.
Perché non è un caso?
Perché in provincia di Brescia vi è la cittadina di Ghedi dove sono stoccate delle bombe nucleari
che non sono, oltretutto, neanche gestite dall’Italia, ma dagli Stati Uniti nel quadro di una
collaborazione Nato.
Che cosa vuol dire?
Questo significa che, in caso di guerra nucleare, Ghedi diventa immediatamente un obiettivo.
Sono state poi individuate le strutture capofila?
Certo. E per quanto riguarda Milano, la struttura capofila per gestire soggetti potenzialmente
esposti alle radiazioni, nonché soggetti provenienti da zone limitrofe, è l’ospedale di Niguarda.
Questi i fatti.
Allora chiariamo bene alcuni passaggi. Primo, in questo caso, non ho nulla da criticare rispetto
all’azione dell’assessore al welfare. È compito delle istituzioni provvedere alla protezione dei
cittadini e di coloro che abitano il territorio e quindi da questo punto di vista, la regione sta
prendendo le precauzioni che è in grado di assumere. Noi sappiamo che nel caso di una guerra
nucleare servono a poco, ma non critico la scelta della regione di attivare questo tipo di interventi,
perché sono interventi che hanno l’obiettivo di proteggere la popolazione. Siamo comunque di
fronte ad un’indicazione nazionale proveniente dal governo, non è una scelta unicamente della
regione Lombardia.
Significa che chi ci governa ha messo in considerazione che uno degli scenari futuri, possa
essere quello del conflitto nucleare?
Certamente. Perché altrimenti non si sarebbero mossi immediatamente dal dicembre del 2022.
Infatti, le armi nucleari a Ghedi ci sono da ben più che due anni.
Queste delibere lombarde sono la conferma di quello che noi pacifisti continuiamo a dire, ossia:
attenzione perché, se andiamo avanti così, vi sarà un rischio di guerra nucleare con tutto quello
che comporta. Ricordiamo quanto diceva Einstein: «Non so con quali armi verrà combattuta la
terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clave e pietre».
Quindi questo che cosa vuol dire?
Significa che non siamo solo noi pacifisti a dire: guardate che sussiste il pericolo di un conflitto
nucleare; chi ci governa ne è consapevole e mette in conto questo possibile rischio. Solo che
questo rischio è dovuto anche alle scelte che stanno facendo e che hanno fatto e che faranno
quelli che stanno governando; quindi, loro sono una delle cause di questo pericolo e anziché
fermarsi e modificare le loro scelte politiche danno indicazioni per attivare precauzioni che, tutti
sappiamo, sarebbero comunque insufficienti.
In questa situazione quasi contemporaneamente è avvenuto un altro fatto.
Il 16 dicembre 2024 un’azienda ha comprato una pagina intera del Corriere della Sera, quindi ha
pagato una bella cifra, per annunciare che, dal febbraio 2025, quindi adesso, metterà a
disposizione un kit per i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari al modico prezzo di 1200
euro.
La paura della guerra come strumento per moltiplicare i propri profitti attraverso una pubblicità
destinata a sua volta ad aumentare la paura del conflitto.
Dunque, morte, profitto, paura sono tre elementi fondamentali dell’attuale narrazione
dominante?
Questo è lo scenario. Vi è anche chi alimenta la paura per specularci sopra politicamente e/o
economicamente. Ho riflettuto molto se rendere pubblico tutto questo, perché io non voglio
diventare a mia volta uno strumento per creare paura.
Poi però ho pensato che fosse un dovere civile spiegare quello che sta accadendo, perché questo
può aiutare il movimento pacifista per dire: “non accusateci più di raccontare delle storie e non
accusateci di creare falsi allarmismi, infatti la situazione è talmente seria che voi stessi, che siete al
governo, avete dato ordine di fare tutto quello che ho raccontato fino adesso”
La mia scelta di rendere pubblica questa vicenda ha come obiettivo quello di cercare di aumentare
la consapevolezza dei rischi che stiamo correndo e quindi di dare uno strumento in più al
movimento pacifista.
Aggiungiamo che a Brescia si è formato ed è attivo da tanto tempo un comitato che lavora
su questi argomenti, che ha mandato una lettera al prefetto di Brescia per sapere quali piani
di prevenzione a livello territoriale sono stati presi per proteggere la popolazione così come
previsto dalla legge. Qual è la risposta?
Il comitato ha detto mandateci i piani di prevenzione territoriale attuali e se non sono aggiornati,
mandateci almeno quelli precedenti. Non è arrivato nulla. Le istituzioni hanno invece il dovere di
preparare la popolazione su come si deve comportare in caso di un incidente nucleare. Questo in
generale, nella zona di Brescia a maggior ragione a causa degli ordigni nucleari che sono presenti
e quindi questi piani di protezione e di evacuazione dovrebbero essere pronti da tempo.
Aggiungo che oggi è ancora più importante dare queste informazioni di quanto lo poteva essere
anche solo un mese fa, perché oggi il nostro governo ha scoperto le carte e ha detto chiaramente
che ha intenzione di rilanciare il nucleare e i rischi, seppure differenti, ci possono essere anche con
un utilizzo del nucleare civile.
Il governo vuole fare cartastraccia di un referendum?
Noi, società civile, ci opporremo e useremo tutti gli strumenti necessari per evitare un ritorno al
nucleare.