Intervista a Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale

Intervista a Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale

A cura di Alba Vastano -

La legge Calderoli, senza le correzioni della Corte costituzionale, è davvero un colpo gravissimo contro il Popolo e a favore dei ricchi. Direbbe Machiavelli che palesa in modo evidente “l’insolensia dè ricchi”. Essa, come ho detto sopra, insieme alla proposta di legge sul “premierato” e alla proposta di legge sulla “separazione delle carriere dei Magistrati”, distrugge lo “Stato democratico di diritto”, meglio si direbbe lo “Stato comunità”, rendendo inattuabile la “tutela” dei “diritti inviolabili dell’uomo” e “l’adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica economica e sociale”, sanciti dall’articolo 2 dell’ancora vigente Costituzione” (Paolo Maddalena)

La legge 86 del 2024 che ha come primo firmatario il ministro leghista Calderoli, non sembra passarla liscia nella sua attuazione. Il motivo primo e fondamentale è che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 192 del 2024 l’ha tranciata in più punti che ha reputato incostituzionali. Qualcos’altro però non è andato proprio liscio ed è stato un duro colpo per i Comitati contro le autonomie che si sono spesi al massimo e per sei anni consecutivi (ndr, dal 2019, con la prima assemblea al liceo ‘Tasso’ di Roma) per diffondere in ogni territorio del Paese l’informazione sui danni che avrebbe apportato il ddl Calderoli (ndr, ormai legge) sull’unità del Paese (art. 5 della Costituzione).

Si tratta della bocciatura del referendum abrogativo dell’intera legge per il quale sono state raccolte, promotori i Comitati, oltre un milione di firme sulle 500mila necessarie. La stessa Corte Costituzionale che ha bocciato la legge 86 in 7 punti, ha reso noto, con un comunicato, l’inammissibilità del referendum . Per conoscere i motivi dell’inammissibilità del referendum occorrerà attendere la sentenza, così come evidenzia il prof. Maddalena nella prima risposta nell’intervista a seguire. Di questo ed altro sulla spigolosa questione sull’autonomia differenziata che ha come origine la riforma del titolo quinto del 2001, il prof Maddalena, con la sua competenza comprovata da costituzionalista, (ndr, avendo ricoperto nella Corte le più alte cariche), ne spiega tutti i passaggi di legge

A.V. :Il 20 Gennaio l’ufficio comunicazione e stampa della Corte Costituzionale ha reso noto che ‘la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario sulla legge n. 86 del 2024, come risultante della sua sentenza n.192 del 2024’. Sono noti i criteri di inammissibilità su cui si è basata la Corte costituzionale?

P.M.: Per poter rispondere a questa domanda, occorre aspettare la sentenza della Corte costituzionale sull’argomento e leggere le relative motivazioni. Intanto mi sembra importante ricordare che il comunicato stampa del 20 gennaio 2025 “ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari” e che “il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata come tale, e in definitiva sull’articolo 116, terzo comma della Costituzione”. In altri termini, e qui sta “la poca chiarezza” del quesito, chiedere l’annullamento di una legge di attuazione della Costituzione, senza altra specificazione, implica un giudizio sullo stesso “principio fondamentale” della autonomia differenziata e, quindi, su una disposizione costituzionale, nel caso l’articolo 116, comma 3, della Costituzione, che non può essere oggetto di referendum, il quale, come è noto, riguarda soltanto le leggi e gli atti aventi forza di legge. Probabilmente l’abrogazione della intera legge si sarebbe potuta avere se il motivo dell’illegittimità costituzionale, come a suo tempo suggerì qualche giurista, fosse stato individuato nella mancanza di chiarezza della legge di attuazione dell’autonomia differenziata, la quale è scritta in modo talmente contorto, confuso e contraddittorio, da porre in dubbio la sua stessa “consistenza giuridica”. Peraltro altro argomento per denunciare l’illegittima attuazione dell’art. 116, terzo comma, Cost., è il mancato riferimento alla necessità che il trasferimento di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, e cioè di particolari funzioni, sia approvata con “legge delle Camere a maggioranza assoluta dei componenti”. Tale omissione ha portato la Corte costituzionale a parlare soltanto di “una legge di differenziazione” per l’approvazione delle intese.

A.V.:La sentenza 192 del 2024, nello specifico, quali punti della legge Calderoli ha ritenuto incostituzionali?

P.M.: Piuttosto che elencare i sette punti annullati dalla sentenza n. 192 del 2025 della Corte costituzionale, che possono (e devono) essere letti dagli interessati, consultando la sentenza, la cui elencazione appesantirebbe inutilmente il presente discorso, mi sembra opportuno ricordare che essi riguardano i criteri per la ripartizione delle materie tra Stato e Regioni, le procedure parlamentari per la definizione del LEP, la determinazione delle aliquote di partecipazione per il finanziamento delle nuove funzioni, il percorso di approvazione dei LEP, la loro individuazione da leggi di settore, e così via dicendo.

Molto importante è, peraltro, sottolineare che la sentenza in questione ha valutato la legge Calderoli nel contesto della “forma di Stato” dell’Italia, una “forma di Stato” che riconosce il ruolo e l’autonomia delle Regioni, unitamente ad altri fondamentali “principi”: l’unità della Repubblica, la solidarietà tra le Regioni, l’eguaglianza e la garanzia dei diritti dei cittadini e l’equilibrio di bilancio. Di qui la indiscutibile conseguenza che la cosiddetta “autonomia differenziata” non può essere concepita come “un riparto di potere” tra i diversi livelli di amministrazione pubblica, ma come la “distribuzione di funzioni” tra Stato e Regioni, secondo il principio di “sussidiarietà”, sancito dall’art. 118 Cost. Ciò in pratica significa che la Corte costituzionale ha fatto salva la struttura essenziale dell’ordinamento costituzionale, in pratica cancellando quelle disposizioni della legge Calderoli che parlano di una “attribuzione di materie” o di “complessi di materie”, facendo chiaramente intendere che la “differenziazione” deve riguardare solo particolari aspetti di queste materie, e cioè, come ho detto, singole “funzioni” inerenti a dette materie medesime.

A.V.: A questo punto la legge Calderoli è comunque, ad oggi, una legge monca ed anche di difficile interpretazione . Se non verrà modificata, lei come vede il prosieguo nell’applicazione di ciò che resta della legge 86?

P.M.: La legge Calderoli non è diventata “monca” per effetto della sentenza della Corte costituzionale. Questa sentenza, al contrario l’ha, per così dire, raddrizzata, ed è compito di tutti, Regioni e singoli cittadini, sorvegliare affinché le Regioni rispettino quanto la Corte costituzionale ha sancito in questa sentenza.

A.V.:Il fulcro del dibattito che i coordinamenti contro le autonomie differenziate hanno portato in discussione dal 2019, fino alla raccolta di oltre un milione di firme per il referendum, si è incentrato molto sulla questione dei LEP. Può fare chiarezza sull’importanza di definire i LEP nel rispetto dei criteri di sostenibilità economica paritari per ogni regione e che, in realtà e per la mancata equità, penalizzano da sempre il Sud del Paese?

P.M.: A proposito dei LEP, la sentenza della Corte costituzionale è molto chiara. Essa ha innanzitutto censurato il fatto che la legge Calderoli, nel prevedere una “delega legislativa” per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ha parlato di una “delega” in bianco, senza precisare che la stessa deve contenere, nell’interesse di tutti i cittadini, “idonei criteri direttivi”. In tal modo la legge Calderoli ha esautorato i poteri del Parlamento e ha posto tutto nelle mani dell’Esecutivo, seguendo una politica che è propria dell’attuale Governo. Altra disposizione, annullata per gli stessi motivi, è quella che prevede, addirittura, che sia il Presidente del Consiglio dei Ministri a determinare l’aggiornamento dei LEP. Per gli stessi motivi, è stata annullata anche la disposizione secondo la quale, per la determinazione dei LEP fino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge Calderoli, si attua la procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023), la quale prevede che la determinazione dei LEP è effettuata, per l’appunto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

E c’è ancora un’altra disposizione della legge Calderoli annullata dalla Corte costituzionale: è quella che riguarda la possibilità del Governo di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote di compartecipazione al gettito dei contributi erariali. Così il Governo , nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, può premiare anche le Regioni più spendaccione e inefficienti, mediante un aumento dei contributi erariali, il cui onere, ovviamente, viene a gravare su tutti i cittadini italiani.

A.V.: Professore, leggendo il quesito referendario si nota facilmente che è posto davvero con la massima semplicità e chiarezza e quindi non è, ad oggi, chiaro il motivo per cui la Corte lo abbia ritenuto confuso. Resta comunque una legge che appare mutilata e resta intatto l’impianto del Titolo Quinto (riforma 2001) che è il problema originario In tal caso l’ultima chance sarebbe un percorso , sicuramente laborioso e lungo, di revisione costituzionale ?

P.M.: La legge non è stata mutilata. Come ho appena detto, essa è stata resa conforme a Costituzione dalla sentenza della Corte costituzionale, che, in parte, come si è visto, ha annullato le disposizioni palesemente in contrasto con la Carta costituzionale e, in particolare, ha dato delle “interpretazioni costituzionalmente orientate”, come quando, per fare un solo esempio, a proposito del già citato finanziamento delle “funzioni” trasferite mediante compartecipazioni al gettito dei contributi erariali, ha precisato che ciò dovrà avvenire, non sulla base della “spesa storica”, ma prendendo a riferimento “costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza”.

Quanto poi all’osservazione che, mentre il quesito referendario parlava in modo chiarissimo di annullamento totale della legge, mentre , la Corte lo ha considerato “non chiaro”, rinvio a quanto ho già detto alla risposta n. 1, ulteriormente precisando che l’oggetto della critica della Corte è il fatto che il “quesito” non riguarda la sola attuazione della norma costituzionale, ma la norma costituzionale in se stessa, che non può essere oggetto di referendum.

A.V: Intanto i Comitati promotori della lotta contro tutte le autonomie sono sempre più in allarme e non demordono nell’evidenziare i rischi connessi all’autonomia differenziata. In particolare nella materia più importante per i cittadini di tutte le regioni, ovvero la salute pubblica. Il Presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, denuncia che la frammentazione delle competenze regionali può compromettere l’equità del Servizio sanitario nazionale. Equità, già compromessa, com’è noto, fra le regioni del nord e il Sud. Come rispondere a Cartabellotta?

P.M.: Il Presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ha pienamente ragione. Ma la distruzione della Sanità pubblica è un obiettivo della legge Calderoli e dell’attuale Governo, non certo addebitabile alla sentenza della Corte costituzionale, la quale, a ben vedere, ha ampiamente”svuotato”, con i suoi annullamenti e le sue interpretazioni costituzionalmente orientate, i contenuti essenziali di detta legge. Insomma, è necessario attuare la legge sulle autonomie differenziate come risulta dopo le correzioni della Corte costituzionale, piuttosto che pensare a un altro referendum.

Del resto è proprio la sentenza in questione che sollecita le Regioni e tutti i cittadini a ricorrere alla Corte costituzionale, rispettivamente con ricorso in via principale e con ricorso incidentale, in tutti i casi le leggi di approvazione delle intese, le cosiddette “leggi di differenziazione”, presentino disposizioni in palese contrasto con le prescrizioni sopra enunciate.

A.V.: Fallita la strada del referendum per le ragioni che ha dettagliatamente spiegato, ai Comitati quale iter, che sia ancora efficace nella lotta contro le autonomie differenziate, consiglierebbe di seguire e quale, invece, l’iter da lasciare andare perché inutile?

P.M.: Quanto all’attività dei comitati referendari contro la legge Calderoli, che hanno svolto centinaia di iniziative e assemblee su tutto il territorio nazionale, a cui hanno partecipato migliaia di persone, raccogliendo oltre un milione di firme, va detto in primo luogo che si è trattato di un’attività altamente meritoria.

Va aggiunto tuttavia anche che essi, anziché studiare a fondo la sentenza della Corte costituzionale e i doveri che a loro derivano da quest’ultima, si sono lasciati convincere dalle menzogne del Calderoli, che ha propagato la falsa idea che la sua legge non è stata toccata nel suo contenuto essenziale dalla sentenza della Corte costituzionale. Tale legge, al contrario, insieme con la proposta di legge sul premierato e sulla separazione delle carriere, mira a scardinare alle radici l’unità del popolo italiano, eliminando del tutto la tutela dei diritti umani prevista dall’art. 2 della vigente Costituzione repubblicana.

E’ sulla base di quanto detto che ritengo che i comitati di non dovrebbero perdere tempo per un secondo referendum ma dovrebbero invece impegnarsi a controllare l’azione dell’esecutivo nella formulazione delle intese e nell’approvazione delle relative leggi “di attribuzione delle differenziazioni” affinché siano conformi ai principi fondamentali sottolineati dalla sentenza della Corte costituzionale, impugnando queste stesse leggi davanti alla Corte costituzionale qualora si discostino da detti principi. Del resto, come ho detto, quest’ invito è rivolto alle Regioni e a tutti i cittadini italiani dalla stessa sentenza in questione.

A.V.: Infine, con l’autonomia differenziata verrà anche meno, specie nelle regioni meno abbienti, quel meccanismo di solidarietà necessario a prevenire le diseguaglianze, in particolare quando si tratta della salute pubblica. In effetti sembra di capire che con l’autonomia le risorse necessarie per le esigenze sanitarie dipenderanno dalla capacità fiscale di ogni territorio. Infine la legge Calderoli sta producendo la secessione dei ricchi, così citata dal prof. Viesti? .

P.M.: La legge Calderoli, senza le correzioni della Corte costituzionale, è davvero un colpo gravissimo contro il Popolo e a favore dei ricchi. Direbbe Machiavelli che palesa in modo evidente “l’insolensia dè ricchi”. Essa, come ho detto sopra, insieme alla proposta di legge sul “Premierato” e alla proposta di legge sulla “separazione delle carriere dei Magistrati”, distrugge lo “Stato democratico di diritto”, meglio si direbbe lo “Stato comunità”, rendendo inattuabile la “tutela” dei “diritti inviolabili dell’uomo” e “l’adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica economica e sociale”, sanciti dall’articolo 2 dell’ancora vigente Costituzione.

I comportamenti del Governo in carica dimostrano del resto in modo inequivocabile che l’obiettivo è quello di far sì che chi vince le elezioni, peraltro considerando “maggioranza” il 40 per cento dei votanti, e cioè la “minoranza” dei votanti stessi, con l’aggiunta di ridicoli premi anch’essi detti di maggioranza, può fare quello che vuole, mentre ai cittadini, disorientati e resi indifferenti da quaranta anni di propaganda menzognera, spetta soltanto, come direbbe il Manzoni, “servire e tacere”. L’esempio è quello di Trump, che chiama “criminali” i poveri e usa in modo trionfale le “deportazioni” degli immigrati e “la cosa più spaventosa (come nota Concita De Gregorio, su La Repubblica del 25 gennaio 2025, p. 7) non sono Trump, Musk, le nazional-oligarchie nella versione aggiornata per le App. Sono coloro che applaudono e si consegnano esultando, al nuovo schiavismo“.

A.V.: Per concludere professore, saltato il referendum abrogativo, si può almeno sperare ch i 7 punti di incostituzionalità rilevati dalla Corte porteranno ad una riscrittura della intera legge? Come si comporterà ora la maggioranza di governo, fatta salva la sentenza n.192 del 2024 della Corte Costituzionale?

P.M.: Non si tratta di riscrivere una legge. La legge vigente è quella che risulta dal testo originario nella forma corretta dalla Corte costituzionale. Quello che è, a mio avviso, auspicabile è che i Centri studi di Camera e Senato si assumano il compito, davvero non facile, di scrivere un testo che, ripercorrendo la legge Calderoli evidenzi oltre alle parti “annullate” anche quelle “costituzionalmente orientate” dalla sentenza in parola.

A.V.: E infine una domanda a cui, in realtà, ha già risposto, ma la questione del referendum mancato resta scottante. In realtà coloro che hanno firmato per avere il diritto referendario hanno l’impressione di essere stati deprivati di un diritto costituzionale e di esprimere il loro dissenso. Qual è il suo parere?

P.M.: La risposta è in quello che ho scritto sulle altre domande.

Vorrei concludere ribadendo che l’opera dei Comitati non è affatto terminata, poiché – come ho detto – essi hanno ancora molto da fare e da lavorare.

da www.blog-lavoroesalute.org


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