
100 anni fa nasceva Marisa Musu, partigiana e comunista
Pubblicato il 18 apr 2025
Stefania Brai
Sulla tessera di Rifondazione di quest’anno, per ricordare l’ottantesimo anniversario della Liberazione, insieme a Lidia Menapace e Pier Paolo Pasolini c’è l’immagine di Marisa Musu. È a mio parere un fatto importante non solo perché Marisa è stata “dimenticata” anche da noi che dovremmo invece avere cura più di tutti della memoria dei nostri compagni e delle nostre compagne e non solo perché Marisa è stata medaglia d’argento al valore militare, da sempre comunista e tra le fondatrici del nostro partito; ma perché credo sia tra i nostri compiti ricostruire la memoria della nostra storia a fronte del tentativo della sua cancellazione o manomissione messo in atto da questo governo di destra – ma non solo -. Ma anche perché penso che sia ancora più importante ricordarci e far conoscere il ruolo che i comunisti e ancora di più che le comuniste (visto che sono spesso anche da noi dimenticate) hanno avuto non solo nella guerra contro nazifascismo, ma nella costruzione quotidiana della democrazia nel nostro paese, anche dopo la Liberazione e per tutto l’arco della loro vita. Ricordare e anche discutere su cosa sono state i comunisti e le comuniste nella nostra storia credo possa essere utile a ragionare su che comuniste e comunisti vogliamo essere. Se è vero che il senso della storia è anche quello di contribuire a costruire un orizzonte.
Marisa, in pieno fascismo, contro il pensiero allora dominante, contro la non possibilità di scelta della propria vita, deicide invece di essere “fabbro” del proprio destino e a 16 anni entra nell’organizzazione clandestina del Pci e a 18 nella Resistenza aderendo, col nome di “Rosa”, ai Gruppi di azione patriottica, guidati da Franco Calamandrei, insieme a Carla Capponi, Luigi Pintor, Rosario Bentivegna.
Dopo la Liberazione e in tutta la sua esistenza ha continuato ad essere “fabbro” di se stessa e delle proprie idee lottando per la giustizia sociale, per i diritti dei popoli, a fianco dei Palestinesi, per i diritti dei bambini. “Io ho avuto questo intermezzo di attività armata, ma già una settimana dopo la Liberazione ero a fare riunioni di donne nelle borgate, nei quartieri popolari. Ho immediatamente smesso i panni mentali della persona che faceva la lotta armata, perché sono stata travolta da quest’attività straordinaria che era un partito comunista a Roma che sorgeva nelle borgate, nei quartieri popolari, donne straordinarie, e mi dovevo occupare del fatto che loro volevano che il prezzo del pane diminuisse, che il loro figlio lavorasse, volevano la fontanella nelle borgate…”.
Una vita da militante a tutto campo, da comunista sempre “irrequieta” come lei stessa si definiva. Una comunista che non ha mai lasciato decidere ad altri il proprio percorso, “una comunista che ha sempre inteso la politica come processo che nasce dalle esigenze della società civile e non come amministrazione della società civile”, come ricordava suo figlio Sergio Poeta.
Sono alcuni anni che scrivo di Marisa in occasione del 25 aprile per ricordare una comunista e una compagna straordinaria a cui ho potuto volere bene e che con il suo compagno Ennio Polito ha accompagnato la vita mia e di Citto per tanti anni, fino alla sua morte. Amicizia che andava però costruita “giorno per giorno” e mai data per scontata. Anzi a volte messa anche in discussione, nonostante la comune militanza prima nel Pci e poi in Rifondazione. Ma proprio questo la faceva essere una “amicizia” vera.
Oggi, in occasione dei cento anni dalla sua nascita e di una bellissima tessera di Rifondazione comunista credo che per ricordare gli 80 anni dalla Liberazione possa essere utile ragionare sulla Resistenza anche a partire dalle parole di Marisa su via Rasella, su quella difficile eredità, sulle infinite polemiche che nacquero su quell’azione militare (considerata dagli stessi alleati la più importante della Resistenza europea in una capitale occupata dai nazifascisti) e su una sua riflessione sulla Resistenza stessa e su un certo tipo di pacifismo.
Nel dopoguerra Marisa scrive: “Iniziata la guerra fredda la sinistra cambia i temi stessi della Resistenza. La sinistra ritiene che la posizione da assumere sia quella di un totale e incondizionato pacifismo che andrebbe a cozzare con il carattere bellicoso delle azioni partigiane. L’essenza combattiva della Resistenza e la Resistenza stessa sono stati abbandonati dal resto della sinistra. Se oggi esaminiamo l’immagine della Resistenza che la memoria ha tramandato è soprattutto legata a Marzabotto e alla Fosse Ardeatine, cioè a tutti quei luoghi che per la Resistenza hanno significato sconfitta e umiliazione. La storia di via Rasella è emblematica: una grandiosa ed efficiente azione di guerriglia urbana svenduta dalla sinistra solo per le sue vittime. È come se la sinistra in un clima di guerra fredda debba immedesimarsi nel ruolo dell’agnello per paura del lupo”.
Ma oggi, come alcuni anni fa, vorrei anche ricordarla con le sue parole sulla militanza comunista e sul ruolo del partito: “Ho vissuto tutta la mia esistenza lottando e lavorando perché si realizzasse il socialismo e oggi tutto sembra crollato, annientato, svanito nel nulla, o, peggio, nel disprezzo… Le grandi battaglie alle quali ho partecipato con tanto entusiasmo si sono risolte quasi tutte in grandi sconfitte…. È scomparso dalla mia vita, con la fine del Partito comunista, quel senso di comunanza umana che per oltre cinquant’anni, dovunque mi trovassi… annullava differenze di cultura, creava un linguaggio comune e un comune sentire….”. “Certo la mia nuova militanza (Rifondazione comunista) è cosa molto dissimile da quella ultraquarantennale nel Pci e sarebbe sbagliato fare paragoni. Innanzitutto non è per sempre, come credetti, sbagliando, che dovesse essere quella. Ma forse proprio sottoporla continuamente a verifica, secondo gli avvenimenti e le posizioni politiche, la rende valida e stimolante. Sono convinta della necessità che vi sia in Italia una forza di sinistra non omologata, non rassegnata alla supremazia del sistema che sembra definitivamente vittorioso, una forza che, superata la tentazione di essere solo testimonianza, assolva giorno per giorno il ruolo di contestazione e di proposta, rimettendo in corsa valori che non hanno perduto la loro attualità”…
Era orgogliosa di essere comunista e, sapendo di dover morire, scrisse:: “Non passate sotto silenzio che sono stata comunista dal lontano 1942″.
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