Nihon Hidankyo e il Nobel per la Pace 2024: “La lotta parte dai nostri drammi”
Laura Tussi*
Qui sopra vedete la città di #Hiroshima appena dopo essere stata distrutta dalla bomba atomica americana.
Le poche persone sopravvissute a quella tragedia si chiamano #hibakusha e proprio loro sono l’anima di Nihon Hidankyo, l’associazione che ha vinto il Premio Nobel per la Pace 2024.
Da Paolo Ferrero a Roberto Lovattini, da Salvatore Izzo a Luciano Vasapollo la nostra Laura Tussi ne ha parlato con una serie di esperti e attivisti del mondo pacifista e antinuclearista.
Nihon Hidankyo è l’associazione dei hibakusha, i sopravvissuti alle bombe atomiche, che ha vinto il Nobel per la Pace 2024. Ecco una carrellata di commenti da parte di esperti e attivisti per la pace, accomunati da alcune riflessioni. Due su tutte? L’importanza di non dimenticare il genocidio in corso e il valore della testimonianza di chi la guerra, in particolare quella nucleare, l’ha vissuta sulla propria pelle.
“Per gli sforzi per raggiungere un mondo libero da armi nucleari e per dimostrare attraverso testimonianze dirette che le armi nucleari non devono mai più essere usate”. È questa la motivazione in base alla quale il Premio Nobel per la Pace 2024 è stato assegnato all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo, che riunisce i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Con la preziosa collaborazione di Ennio Cabiddu e Fabrizio Cracolici, noti attivisti per la pace e la nonviolenza, ho voluto raccogliere una serie di testimonianze rispetto al tema del nucleare e all’assegnazione di questo Premio Nobel per la Pace.
«Il premio Nobel per la pace spesso rappresenta il vertice dell’ipocrisia occidentale», ha osservato Giorgio Cremaschi, portavoce di Potere al Popolo/Usb. «I cosiddetti saggi che assegnano il premio, di nomina politica da parte del parlamento della Norvegia, paese fondatore della NATO, quasi sempre agiscono con una precisa ottica politica. Essi danno il premio a chi corrisponda all’idea occidentale della pace e dimenticano gli altri. Così ad esempio Gandhi non fu mai premiato per non dare fastidio al colonialismo britannico, mentre hanno ricevuto il Nobel Theodore Roosevelt e Barack Obama, mentre facevano guerre. A volte però il premio va in mani giuste, anche se per ragioni geopolitiche tutte da scoprire».
Il Premio Nobel per la Pace 2024 secondo importanti personalità
Dialoghi con Giorgio Cremaschi, Raffaele Crocco, Paolo Ferrero, Salvatore Izzo, Roberto Lovattini, Luigi Mosca, Luciano Vasapollo. In collaborazione con Ennio Cabiddu e Fabrizio Cracolici
Con la preziosa collaborazione di Ennio Cabiddu e Fabrizio Cracolici, noti attivisti per la pace e la nonviolenza, abbiamo commentato le testimonianze di queste illustri personalità, che mi hanno scritto personalmente, rispetto al tema del nucleare e del Premio Nobel per la pace 2024.
Questo afferma Giorgio Cremaschi: “Il premio Nobel per la pace spesso rappresenta il vertice dell’ipocrisia occidentale. I cosiddetti saggi che assegnano il premio, di nomina politica da parte del parlamento della Norvegia paese fondatore della NATO, quasi sempre agiscono con una precisa ottica politica. Essi danno il premio a chi corrisponda all’idea occidentale della pace e dimenticano gli altri. Così ad esempio Gandhi non fu mai premiato, per non dare fastidio al colonialismo britannico, mentre hanno ricevuto il Nobel Theodore Roosevelt e Barack Obama, mentre facevano guerre. A volte però il premio va in mani giuste, anche se per ragioni geopolitiche tutte da scoprire. Così quest’anno lo ha ricevuto l’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo, che a nome delle vittime di Hiroshima chiede il bando delle armi nucleari. È il secondo Nobel su questo tema in pochi anni, nel 2017 esso fu assegnato all’organizzazione internazionale ICAN, da sempre impegnata contro le armi nucleari”.
Armi che invece sono sempre più all’ordine del giorno del dibattito politico militare, con le disquisizioni folli su un loro utilizzo limitato e controllato. E che soprattutto sono al centro di una nuova generazione di investimenti bellici da parte di tutte le grandi potenze e dei loro vassalli.
Continua Giorgio Cremaschi: “Vassalli come l’Italia che sta installando bombe atomiche a Ghedi e Aviano e sta buttando via miliardi per comprare gli F35 che potrebbero trasportarle. Bene dunque il premio Nobel all’organizzazione pacifista giapponese, anche se in questo momento sarebbe stato ben più incisivo premiare chi sostiene il popolo di Gaza, sottoposto al genocidio israeliano. Lo ha ricordato con un commovente discorso lo stesso leader di Nihon Hidankyo. Che ha detto tra le lacrime che oggi Hiroshima è a Gaza, e che quelle popolazioni oggi andrebbero premiate. Ma è una illusione aspettarsi che i norvegesi del Nobel assegnino un premio in rottura con gli USA, Israele e la NATO. Quindi valorizziamo il buono di questo premio e soprattutto facciamo nostre le parole di chi lo ha ricevuto: ‘oggi Hiroshima è Gaza’.”
Sostiene il Politico Paolo Ferrero interpellato sul valore e le idealità del Premio Nobel per la pace di quest’anno: “Ho trovato particolarmente condivisibile la scelta di attribuire il Nobel per la pace al gruppo di attivisti giapponesi Nihon Hidankyo che nell’atto di ricevere il premio hanno sottolineato come la Situazione a Gaza sia ‘come il Giappone di 80 anni fa’. In questa sottolineatura si ritrova tutta l’umanità di questa organizzazione e delle persone che ne fanno parte: la capacità di partire dal proprio dramma per lottare affinché nessuno abbia più a soffrire una situazione simile. E’ la capacità di ‘usare’ la sofferenza per superarla, di trarre un insegnamento generale dalla propria disgrazia. Questo è il tratto di umanesimo universalistico che caratterizza l’associazione che ha ricevuto il Nobel e che glielo fa meritare pienamente”.
Prosegue nella sua analisi Paolo Ferrero: “Faccio notare che questo atteggiamento che giustamente viene premiato è l’esatto opposto di quello posto in essere dal governo israeliano che utilizza l’olocausto per sostenere che in nome della difesa dello stato di Israele, sia possibile fare ad altri popoli – palestinesi ma in generale chi si trovi sulla strada dell’espansionismo israeliano - cose non troppo dissimili da quelle che i nazisti fecero al popolo ebraico. Vi è qui un approccio inumano e criminale che dalla immane sofferenza del proprio popolo fa derivare il proprio diritto a ripetere le pratiche di sterminio e genocidio. E’ questo un atteggiamento non solo inumano e criminale ma rifiutandosi di cogliere l’elemento universale dell’insegnamento che deve scaturire dall’olocausto, nei fatti lo relativizza e rende quelle morti inutili, insensate. E’ la peggiore offesa che può essere fatto alle vittime dell’olocausto”.
L’assegnazione del premio Nobel per la pace ai superstiti e familiari delle vittime di Hiroshima e Nagasaki va salutato certo con rispetto, per il valore della testimonianza che essi hanno offerto come un monito all’umanità intera, cui fu inferta una ferita che mai potrà rimarginarsi.
I chiarissimi professori e decani Salvatore Izzo e Luciano Vasapollo, della facoltà di lettere e filosofia, università La Sapienza di Roma, constatano: “Resta l’amarezza per un riconoscimento così tardivo che, se anche pone attenzione ai rischi crescenti di una escalation nucleare, sembra ignorare temi come il genocidio palestinese, il calpestamento del diritto internazionale da parte di Israele in particolare in Libano e la politica espansionistica della NATO, fenomeni che mettono a rischio il futuro di tutti”. E come per i due docenti, la nostra speranza è che il Nobel per la pace assegnato quest’anno stimoli una presa di coscienza che aiuti a identificare le pesanti responsabilità dell’Occidente, che, oggi come allora, compie scempio dei popoli non asserviti alla visione unipolare.
Raffaele Crocco, Direttore delle realtà editoriali Unimondo e Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo afferma: “Le ragioni di questo Nobel per la Pace loro se le portano sulla pelle, nelle ossa, nelle molecole malate. Se davvero premiassero ogni volta quelli che la Pace la costruiscono dopo aver vissuto l’orrore, forse il Mondo sarebbe migliore. E in Pace”. E’ una grande cosa che quest’anno, 2024, il premio Nobel per la pace sia andato all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo. La motivazione non lascia spazio a dubbi. ‘Per gli sforzi per raggiungere un mondo libero da armi nucleari e per dimostrare attraverso testimonianze dirette che le armi nucleari non devono mai più essere usate’.
Continua Crocco: “Dire una cosa del genere in un momento come questo, con la scheggia impazzita Israele che dilaga nel Vicino Oriente, con la Russia che minaccia di usare l’atomica se in pericolo e con un’Europa che corre a riarmarsi ‘perché non si sa mai’, o è un atto di coraggio o è pura miopia, incapacità di leggere il Mondo. Chi premia con il Nobel è quasi sempre come chi invoca la guerra per risolvere i problemi: la guerra non l’ha vista davvero, non l’ha vissuta sulla propria pelle. Per questo il riconoscimento a Nihon Hidankyo significa dare più voce e più forza a chi vuole evitare il suicidio dell’umanità. Lo vuole evitare, perché l’ha vissuto. E sa che l’unico modo per fermarlo è eliminare per sempre ogni arma atomica dal Pianeta”.
Prosegue il docente e attivista di pace Roberto Lovattini: “Finalmente una buona notizia per coloro che credono in un mondo libero dal pericolo nucleare e dedicano la loro vita ad immaginare e a realizzare una società senza gli orrori delle guerre.
Il Comitato Norvegese per il Nobel ha assegnato il Premio Nobel per la Pace all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo. Questa organizzazione è stata fondata ed è tuttora formata dagli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.
Un riconoscimento importantissimo non solo alle sofferenze di queste persone, ma anche per l’impegno e la costanza che hanno messo nel tenere sempre alto l’appello per il disarmo nucleare ma anche per tutte le armi in generale”.
Quindi non è solo un premio rivolto all’impegno passato, ma anche l’invito a ripercorrere le strade di questi hibakusha e costruire un futuro migliore.
E’ anche un monito a tutte quelle nazioni, come l’Italia, che ancora non hanno ratificato il Trattato TPNW (Trattato di proibizione delle armi nucleari).
Per questa ragione alla larga dalla demagogia. Non chiediamo alle autorità italiane celebrazioni fuori luogo di questo premio Nobel, ma l’effettiva realizzazione di un’Italia che ratifichi il Trattato e sia priva di ordigni nucleari sul proprio territorio.
Prosegue Lovattini :”Oggi gli ordigni nucleari hanno un potere distruttivo notevolmente superiore alle due bombe che uccisero almeno 200.000 persone a Hiroshima e Nagasaki. Quello che sta succedendo attualmente nel mondo, gli scontri a distanza, almeno per il momento, tra le superpotenze non ci rassicurano e una guerra nucleare distruggerebbe la nostra civiltà”.
Oggi essere per il disarmo nucleare e delle armi convenzionali, per la pacifica convivenza e per trattative diplomatiche che affrontino i nodi irrisolti e conflittuali tra le nazioni non è utopia ma l’unico modo di essere realisti.
Così conclude lo scienziato italo-francese Luigi Mosca: “Quanto a questo nuovo Premio Nobel per la Pace per gli hibakusha direi che è soprattutto importante per il suo ruolo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Certo non basterà per giungere ad una eliminazione effettiva e totale degli armamenti nucleari: per questo penso che occorrerà riuscire a motivare uno o più Stati dotati di armi nucleari perché diano inizio ad un processo di disarmo nucleare dall’interno stesso del loro ‘club’”. Ciò che dovrebbe motivare questi Stati è il fatto che una guerra nucleare, il cui rischio è già molto elevato ed ancora in aumento, avrebbe un impatto spaventoso prima di tutto su loro stessi !