Strage nel Mediterraneo è come quella di Cutro: non è stato un caso

Strage nel Mediterraneo è come quella di Cutro: non è stato un caso

 

di Maurizio Acerbo*,

Stefano Galieni**

 

E ora anche la Grecia ha la sua strage epocale – il numero dei morti resterà non accertabile – e i suoi ministri che si sono voltati dall’altra parte senza pensare alla priorità dei soccorsi. Del resto, Nea Demokratia, come FdI e la Lega da noi, come tante forze in Europa, utilizza da anni l’illusione della Fortezza Europa per incrementare consensi.

I morti di Pylos, come quelli di Cutro, di Malta, di Lampedusa e di Sfax, sono gli effetti collaterali di un’altra silenziosa politica di guerra dichiarata unilateralmente dall’Ue. Il naufragio è avvenuto con modalità ancora da appurare ma mostra analogie con quanto avvenuto il 26 febbraio davanti alle coste calabresi: alarm phone, la stupenda rete attiva h 24 che raccoglie chiamate di soccorso avvisa, l’agenzia Frontex di vigilanza alle frontiere avvista la vecchia imbarcazione, grazie ai suoi potenti mezzi ma, durante la notte, il naufragio. Intanto si conferma che non è più soltanto la Tripolitania da cui parte da anni la maggior parte dei richiedenti asilo, quella finora sostenuta da UE, Italia e Turchia, ad utilizzare le persone come arma di ricatto.

Anche il generale Haftar, dal cui territorio è partita l’imbarcazione affondata, reclama la sua parte. Un nuovo, vecchio attore, di una Libia ancora divisa fra due governi, due parlamenti e tante milizie, con cui l’Europa dovrà fare presto i conti. La mediazione raggiunta dai 27 ministri dell’Interno Ue, l’8 giugno a Lussemburgo sarà per almeno ancora un anno pura propaganda. I meccanismi dell’accordo per fermare l’ immigrazione “illegale”, aumentare i rimpatri, rafforzare le esternalizzazioni dei confini, giungere all’obbrobrio giuridico per cui l’asilo sarà garantito solo a chi fugge da paesi secondo i nostri governi “non democratici”, dovrà trovare modo di realizzarsi col prossimo parlamento che sarà eletto nel giugno 2024. Un parlamento in cui presumibilmente avranno più forza le destre xenofobe e a cui quello in carica offre su un piatto d’argento, lo strumento principale per fare campagna elettorale: la chiusura dei confini.

Una scelta di cui sono ampiamente responsabili anche i sedicenti governi europei progressisti che, per lavarsi la coscienza, hanno inserito qui e là, nel testo dell’accordo raggiunto, parole come “rispetto dei diritti umani”, “garanzie per i minori”, senza che tali parole vuote possano realmente vincolare i governi. Quella che ci aspetta sarà, grazie anche alla dichiarazione dello stato di emergenza, un’estate rovente e, temiamo, caratterizzata da altre tragedie, da altri omicidi di massa o, come sarebbe giusto chiamarli, migranticidi. Dalla Tunisia, dalle “tante Libie”, dalla Turchia e dalle rotte balcaniche si continuerà a cercare la fuga.

La fuga o la morte in viaggio, non ci sono soluzioni alternative. In assenza di una sinistra disponibile a rompere gli accordi con i dittatori e a garantire vie legali d’accesso per fermare le catastrofi, ci restano poche ma importanti cose da fare. Sostenere ong e solidali, mobilitarsi anche contro la grande speculazione dell’accoglienza emergenziale che si prepara in Italia, cercare di rompere un circuito conformista dalle profonde radici colonialiste con cui circolano le informazioni e si costituisce il pensiero comune. Qualcosa si muove, soprattutto in ambiti poco visibili e spesso non rappresentati dell’Europa migliore. Il 10 luglio, promossa dalla rete Stop border violence partirà un Ice (Iniziativa delle cittadine e dei cittadini europei).

Avremo un anno di tempo per raccogliere almeno un milione di firme in 7 o più paesi europei. Firmando si chiede il concreto rispetto dell’art. 4 della Carta europea dei diritti fondamentali, da tutti ratificata ma che impone il rispetto delle persone fuori e dentro i confini dell’UE. Se ciò avvenisse, tanti accordi bilaterali con i paesi di fuga dovrebbero essere strappati, tante pratiche di respingimento arbitrario non potrebbero essere eseguite, tanta violenza non potrebbe essere esercitata impunemente. Siamo consapevoli che tali sforzi difficilmente muteranno i rapporti politici ma permetteranno di affrontare un problema rimosso e di doversi schierare.

Come Rifondazione Comunista e come Unione Popolare, parteciperemo a questo tentativo di esercizio democratico perché certi che altrimenti l’Europa non ha ragione di essere. L’Ue neoliberista e guerrafondaia è la stessa che chiude le porte ai migranti e porta la responsabilità del migranticidio in corso. Ursula accoglie a braccia aperte Giorgia mentre continua la strage nel Mediterraneo.

 

*Segretario di Rifondazione Comunista -Sinistra Europea

**Responsabile Immigrazione di Rifondazione Comunista -Sinistra Europea

 

Dall’Unità del 16/06/2023


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