La rinascita della “rete nera”

La rinascita della “rete nera”

Stefano Galieni*

Se non fosse per i continui e precisi rimandi bibliografici, le note, i nomi di persone che fanno parte della storia più oscura di almeno due continenti, “Il ritorno del reich, sulle tracce di un nuovo Piano Odessa, la rinascita della rete nera”, da poco per Round Robin e magistralmente scritto da Andrea Palladino e Antonella Barranca, potrebbe sembrare un romanzo in cui presente e passato si intrecciano, in cui una storia cupa e vischiosa avvolge chi legge. Potrebbe essere un thriller, una spy story, un romanzo storico con tratti gotici; invece, trattasi di pura realtà la cui scia di sangue parte dal massimo fulgore del regime nazista e arriva fino ai giorni nostri. Gli autori ricostruiscono quasi 90 anni di storia, trovando in continuazione nessi, legami, intrecci torbidi e, ai più, insospettabili. I maestri del terrore, le loro ritualità, le visioni con cui si costruisce il loro potere e la loro intoccabilità, si mescolano al giro volgare di soldi sporchi, corruzione, narcotraffico, omicidi, che dovrebbero far perdere ogni aurea di spiritualismo di cui questi “cavalieri maledetti” amano ammantarsi. In realtà trattasi di terrorismo, delinquenza, complicità con i peggiori settori degli Stati di cui diventano obbedienti servitori, formalmente auspicando un mitico ritorno di un nuovo reich per un nuovo fuhrer, nei fatti per condurre una vita spesso sontuosa ed estremamente simile a quella del mondo borghese di cui predicano la dissoluzione. Gli autori partono, come nel sottotitolo, dal “Piano Odessa”, ( Organisation der ehemaligen SS-Angehörigen, in tedesco Organizzazione degli ex-membri delle SS) di cui non è mai stata comprovata una organica esistenza e che consisteva nelle reti che si sono create, alla fine della Seconda guerra mondiale, per salvare dalla cattura e permettere la fuga dorata, di importanti gerarchi nazisti e di comandanti delle SS. Nomi noti come emblema stesso dello sterminio, da Mengele a Eichmann a Stangl, e ufficiali come Barbie (il boia di Lione), Priebke e Hass, condannati per l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Grazie agli aiuti di alti prelati, di funzionari della Croce Rossa Internazionale, dei servizi di USA e UK, già schierati nella appena iniziata “Guerra fredda”, loro e tanti altri passarono impuniti dalle condanne per crimini di guerra, chi attraversando quella che veniva chiamata la “via dei topi”, chi, più comodamente volando in business class verso quello che poteva divenire il terreno fertile per il “nuovo reich”.

Si parte dalle terre del “Chaco” del Paraguay laddove fuggitivi nazisti si incontrano, negli anni, con esponenti della destra radicale italiana anche loro costretti – anche se con i favori in questo caso dei servizi nostrani – alla fuga perché accusati di attentati, stragi, omicidi, del tentativo di ricostruzione del partito fascista sotto l’ascia bipenne di Ordine Nuovo o le rune di Avanguardia Nazionale. Un filone che non si estingue, che si trasmette, sotto le dittature che insanguinano gran parte dell’America Latina negli anni Sessanta e Settanta, di padre in figlio, di fazenda in fazenda, di lobby in lobby. La nuova ragnatela che viene tessuta a partire dagli anni Settanta e che ancora risulta parzialmente attiva, si lega alle nuove frange apertamente neonaziste che si vanno ricostruendo in Francia, Italia, UK, in mezza Europa come se il passato fosse stato cancellato con un colpo di spugna. Il nuovo mito ha le dimensioni del sogno “euroasiatico”, lega con Aleksandr Dugin e con il nazionalismo russo, preso a modello di ritorno alla tradizione e di contrasto alla mescolanza culturale, ma conserva come padri spirituali Julius Evola, René Guénon senza dimenticare i riferimenti politici a Hitler, al mondo dell’esoterismo nazistoide e non solo. Una ricostruzione anche culturale di un mondo in cui il culto dell’eroe puro, del contrasto alla modernità, all’egualitarismo, ai valori illuministici, in nome di una tradizione che definisce il ruolo gerarchico per ogni essere vivente, procede di pari passo e si interseca con i fatti più bui delle dittature latinoamericane, dello stragismo italiano, delle organizzazioni che si formano, vengono sciolte, riprendono vita sotto altre spoglie, spesso con gli stessi protagonisti a svolgere sia un ruolo militare che di ideologi. Un mondo quasi esclusivamente maschile, a cui si accede in maniera quasi sacrale ma che rende agli occhi di chi li compie come comprensibili, gli omicidi, le violenze, l’idea profonda di terrore da provocare. Negli anni che scorrono, Barranca e Palladino, in un continuo andare e tornare dai paesi del Sud America all’Italia, raccontano con precisione le evoluzioni sia delle formazioni politico / militari, sia il loro mutar pelle adattandosi al presente. Non casualmente in tali ambiti il concetto gramsciano di egemonia culturale trova facile ascolto quando non entusiasmo e, al razzismo biologico della prima metà del novecento, si sostituisce quello spirituale di Evola e quello differenzialista di Alain de Benoist, secondo cui nessuna cultura è superiore ad un’altra ma tutte vanno tenute rigorosamente tenute separate ripudiando ogni forma di meticciato, di società multiculturale. Sono i prodromi di quelli che diventano in buona parte d’Europa e non solo, gli scenari odierni. La nascita di gruppi la cui affinità, il cui filo conduttore è nel rifiuto dell’altro visto come “pericolo” come minaccia ad una presunta purezza identitaria nazionale. Le organizzazioni neofasciste e neonaziste odierne, ancora non sciolte nonostante esistano gli strumenti per farlo, hanno soprattutto questo elemento in comune, che spesso si traduce in atti di violenza efferata, altre in azioni dimostrativi ma pericolose come quelle intraprese dalla nave Black Star del gruppo Generazione identitaria, affiliata ad un’omologa francese, che prese il largo in Sicilia per evitare che la nave di una Ong portasse in salvo richiedenti asilo sul suolo italiano. Il libro va letto perché tiene legate le infinite fila di questa rete nera odierna, che ha risorse finanziarie, investe in maniera più o meno lecita, ma produce anche libri, riviste, si dota insomma di quell’armamentario culturale che a chi legge potrà apparire sterile e lontano ma che affascina e costruisce un pericoloso immaginario diffuso. Non è casuale che prima la Lega di Salvini e poi FdI di Meloni diventino i luoghi in cui il legame fra queste forme di associazionismo che rivendica i propri miti, trovano sponda. Lo trovano nella musica, in testi inneggianti al ritorno nel bosco, ad un’idea di natura in cui l’uomo non è normalizzato, lo trovano nella costruzione di un vero e propri back ground culturale, costruito in raduni apparentemente innocenti ma in cui si insegna tanto a combattere quanto ad ascoltare i tenebrosi miti, del reich come della violenza fascista dei decenni passati. Inevitabile che vecchi e nuovi dirigenti di tali forze politiche siano permeati anche da questa formazione. Se i fascisti in doppiopetto degli anni sessanta erano contestati dagli estremisti nazional rivoluzionari di Ordine Nuovo o di Avanguardia Nazionale, quelli di oggi non trovano alcuna contraddizione fra l’aspetto di rispettabili uomini e donne d’affari e l’affermazione di se come guerrieri indomiti pronti a combattere ancora. Il nuovo governo, in cui la leader dovrà certamente mitigare le pretese dei camerati, avrà però anche questa base di riferimento a cui offrire ruoli, forse più culturali che politici, per provvedere a modificare ancora, spostandolo possibilmente in maniera irreversibile verso destra, il pensare comune del Paese.

Ad un anno dall’assalto alla sede della Cgil, gli scenari che si vanno delineando, nell’avvicinarsi del centenario dalla Marcia su Roma, l’inquietudine sale. I mostri del reich sono ormai seppelliti nelle terre paraguayane, brasiliane, argentine, alcuni anche a Roma ma i loro figli e nipoti, i loro adepti, quelli che coltivano il sogno di seppellire definitivamente la Costituzione nata dalla Resistenza, grazie anche all’insipienza dei finti progressisti che li hanno preceduti, oggi hanno l’occasione per tornare a dettare legge. Libri come quello realizzato da Andrea Palladino e Antonella Barranca diventano strumenti utili, forse indispensabili, per provare a raccontare, spiegare, capire. Un volume che va usato come una forbice, per tagliare le maglie della rete nera che sta avvolgendo l’Europa.

da Transform Italia


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