Gran fermento a Bologna: intervista a Dora Palumbo, candidata sindaca della Sinistra a Bologna

Gran fermento a Bologna: intervista a Dora Palumbo, candidata sindaca della Sinistra a Bologna

Stefano Galieni*

I sondaggi, che ormai ricoprono il ruolo di profezie autoavveranti, danno per vincente al primo turno il candidato sindaco del Pd e liste collegate. Ma a sinistra c’è un gran fermento. Non si è riusciti ad unire, per ragioni che è difficile comprendere a chi è fuori dalle dinamiche interne, ma uno spazio inclusivo lo si è costruito con la candidatura di Dora Palumbo e della lista “Sinistra Unita” in cui hanno confluito Prc- Sinistra Europea e Pci. La lista ha buone aspettative e non parte dal nulla, ma è la stessa candidata che ne spiega la nascita.

«Sono stata eletta nel precedente Consiglio comunale con il M5S. Ho aderito perché speravo in una modalità diversa di fare politica in cui il coinvolgimento e la partecipazione dovevano avere un ruolo fondamentale e il Movimento a Bologna era fortemente caratterizzato a sinistra. Quando i vertici nazionali hanno stretto l’accordo con la Lega sono uscita e passata all’opposizione. Insieme a “Coalizione civica” abbiamo portato avanti numerose battaglie, soprattutto sui temi ambientali ma pensavo che il mio coinvolgimento diretto fosse terminato. Sono stata contattata da numerose forze – da Coalizione civica ai Verdi – per ricandidarmi ed ero contraria ma poi è accaduto un fatto nuovo: Coalizione civica ha deciso di allearsi col PD. Ho avuto una vera e propria crisi di coscienza pensando al fatto che in consiglio sarebbe mancata una opposizione che non fosse quella delle destre. Quando è uscito l’appello “Qualcosa di sinistra” ho aderito, mi sono messa a dare una mano fino a quando in assemblea è stato fatto il mio nome candidata ed ora eccomi qui».

Che fine ha fatto secondo te “Bologna la rossa”

«Si è scolorita da un pezzo. So che per voi è scontato ma ribadisco che il Pd, anche a livello nazionale non è di sinistra. Basti pensare a come tratta i temi del lavoro e i diritti di chi lavora. La città poi è sotto un attacco speculativo senza precedenti. Nascono nuovi quartieri e aumenta l’inquinamento atmosferico. Inevitabile quando domina la logica del profitto. Io vengo da Napoli. Quando sono arrivata, tanti anni fa, nel quartiere di Corticella, c’era un residuo di socialità. Il quartiere era popolato soprattutto da donne e bambini, si andava anche a fare la spesa collettiva. Ora ho cambiato zona ma incontro quando posso le amiche conosciute lì e il clima è cambiato. ettiva. Oggi non ci sono più le porte aperte ma le sbarre alle finestre, per una paura indotta che non ha ragion d’essere. L’offerta culturale che caratterizzava la città è crollata ben prima del covid e anche questo ha contribuito a peggiorare la qualità della vita. Nella città mi trovo bene. Avendo vissuto a Napoli e a Roma questa dimensione più piccola mi sembra più a misura di persona. Ma se ci si vive bene lo si deve molto al comportamento delle cittadine e dei cittadini, non certo all’impegno delle istituzioni. Incontro spesso persone che sono contemporaneamente molto allegre e combattive. Sorgono comitati e associazioni per contrastare tante delle decisioni assunte dall’amministrazione e questo per me è molto importante. Mi piace molto».

Che poi è quella parte di città a cui vi rivolgete come lista

«Si ci rivolgiamo a questa Bologna, grazie a cui ho portato in aula del Consiglio tante delibere e mozioni, che mi ha permesso di dare voce a lavoratrici e lavoratori altrimenti non ascoltati. Come in tante altre città da noi molti servizi sono stati esternalizzati a cooperative creando molti problemi a chi ci lavora: precariato, bassi salari eccetera. Penso soprattutto a chi è impegnato nei servizi sociosanitari o nelle partecipate, lavoratrici e lavoratori che, anche con altri consiglieri abbiamo incontrato molto nella passata legislatura».

Hai parlato molto di lavoro. Da cosa deriva questa tua “sana” attenzione?

«Un tema di cui ho compreso l’importanza in Consiglio. Io sono una geologa, come attivista del M5S ero al “tavolo ambiente” e mi occupavo soprattutto della salvaguardia delle falde acquifere. Ma altri di noi portavano avanti istanze legate al lavoro. All’inizio non mi sono trovata da sola e ho compreso l’urgenza di un impegno in materia».

Quando entrerai in Consiglio quale sarà la prima delibera che porterai?

«Non permettere l’allargamento del “passante di mezzo”. Si tratta, per i non bolognesi, di una tangenziale all’autostrada che, se ampliata, arriverebbe a 10 metri dalle case. Coalizione civica, nella scorsa legislatura,  era contraria ma accordandosi con il Pd ha trovato modo di far diventare “verde” questo progetto. Dicono che ci saranno le colonnine per ricaricare le automobili elettriche e la vernice che assorbirà l’inquinamento. Tutto questo è in totale contraddizione col piano di mobilità sostenibile che avrebbe dovuto permettere di diminuire di 440 mila automobili il traffico verso altre forme di mobilità in tutta la città metropolitana. Se non fai questo, anzi se allarghi le strade, si impedisce, anche a livello nazionale, lo spostamento di merci su ferro e si implementa quello su gomma. Da noi si costruiscono hub per la logistica sugli snodi autostradali e le merci su gomma aumentano. Io l’ho portata avanti come vertenza nel Consiglio della città metropolitana, di cui faccio anche parte. Il polo della logistica ha preso il posto di una risaia, trasformando in industriale un terreno agricolo e questo è un grave danno per la città secondo me. Scusatemi se non faccio grandi discorsi ma il mio approccio alla politica è molto basato sulla concretezza. Se c’è un problema bisogna trovare la soluzione e questa non può sottostare alle logiche di profitto».

Un ultima domanda: ma si poteva evitare la frammentazione a sinistra?

«Noi abbiamo fatto di tutto per evitarla, ma non ci siamo riusciti. Eppure abbiamo svolto in questi mesi incontri, siamo venuti incontro a richieste legittime come quella di presentarsi con propria lista affiancata alla nostra. Anche nella nostra lista convivono diverse anime, io stessa non sono mai stata iscritta ad un partito ma ero parte di un movimento, e alla fine abbiamo trovato un modo per stare insieme senza rinunciare a nulla. PaP all’inizio sembrava disponibile a presentare una lista convergente ma non c’è stato nulla da fare. E ti confesso, a distanza di tempo, non ho ancora capito il perché».

*Transform Italia


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