Pandemia, crisi e istituzioni UE. Punti dell’Introduzione  all’incontro dell’Osservatorio UE, 6 maggio 2021

Pandemia, crisi e istituzioni UE. Punti dell’Introduzione all’incontro dell’Osservatorio UE, 6 maggio 2021

Franco Russo

 

1.

L’analisi dell’evoluzione dell’UE (ri)propone questioni attinenti ai criteri metodologici con cui essa viene condotta;

senza essere pretenziosi: non potendo l’UE, soprattutto nella sua dimensione istituzionale, essere descritta secondo canoni interpretativi classici – mercato sovranazionale non riconducibile entro lo schema tradizionale del rapporto tra mercato interno-Stato nazionale, euro ‘moneta senza Stato’, confederazione di Stati o superStato ecc. -, richiedono una necessaria precisazione dei ‘criteri cognitivi’.

Quelli a cui faccio riferimento si ispirano alla teoria degli ‘atti linguistici’ – nella versione che J. Searle ha dato della dottrina di J. L. Austin – sostenendo che in generale i criteri interpretativi delle dinamiche sociali dovrebbero tener conto:

  • della distinzione fondamentale proposta da G. M. Anscombe tra brute facts and institutional facts, tra ‘fatti bruti’ e ‘fatti istituzionali’;
  • della necessità di contestualizzare gli ‘eventi- discorsi’, non nel semplicistico senso dello storicismo di collocarli ovviamente nella loro dimensione storica, bensì in quello definito dalla ‘scuola storica di Cambridge’ guidata da Q. Skinner di individuare nei discorsi la loro ‘forza illocutoria’ e la loro finalità volta a modificare proprio i contesti in cui si svolgono, in altri termini a coglierne gli effetti trasformativi della percezione degli avvenimenti, cioè la formazione del senso comune;
  • di come far cose con le parole, secondo il celebre volume di J. L. Austin, e nel nostro campo di analisi basta ricordare il ‘whatever it takes’ di Mario Draghi del luglio del 2012 con cui le ‘parole’ cambiarono le condizioni entro cui agivano gli operatori dei mercati finanziari;
  • della visione antideterministica della realtà sociale come insieme di pratiche che non possono essere analizzate secondo i parametri del vero e del falso, propri dello statuto conoscitivo delle scienze hard, ma secondo quello dell’efficacia e della non-efficacia delle azioni (anche discorsive), del loro successo o del loro fallimento.

 

2.

Sulla base di questi criteri è utile partire da alcune affermazioni di esponenti delle classi dirigenti UE quali Mario Draghi, Paschal Donohoe, Luis De Guindos, Daniele Franco per tentare di cogliere il’senso’ degli avvenimenti dell’ultimo anno e mezzo.

Draghi, premessa al PNRR: il NGEU rappresenta un cambiamento epocale per l’UE

             replica al Senato, 27 aprile 2021: il PNRR è una nuova stagione di politica fiscale, di

politica del bilancio, a livello europeo  … verso una politica fiscale comune (a patto che si realizzino i PNRR) ;

 

 

 

Donohoe, presidente dell’Eurogruppo, discorso del 21 aprile: the agreement on the RRF is a symbolic crossing of the Rubicon for the EU;

all this was unthinkable before last year and highlights our deeper integration as a

                 result  of this crisis;

Sia detto di passaggio, questo seconda citazione spiega perché abbiamo riportato in manchette la frase di Monnet secondo cui l’Europa sarebbe stato il frutto delle sue crisi, cioè essa sarebbe stata costruita attraverso le crisi e le risposte che ad esse avrebbe dato.

Ritorno alle affermazioni:

 

De Guindos, vicepresidente BCE, 3 maggio: the joint bonds … important step forward  .. also

                   important step is the fiscal stimulus … we need to complete monetary, banking, capital    

                   market union, and a common fiscal policy;

A cosa si riferiscono queste affermazioni relative alla svolta storica che nella crisi pandemica avrebbe intrapreso l’UE?

Si riferiscono all’hamiltonian moment, al momento hamiltoniano – come richiamato da Papi Bronzini in un recente scritto. Hamilton, responsabile del Tesoro nel primo governo federale USA, decise l’assunzione dei debiti pubblici degli Stati dell’Unione a livello federale, insomma la comunitarizzazione dei debiti pubblici dei vari Stati: il governo federale avrebbe risposto della loro solvibilità.

Non siamo certamente a questo punto nell’UE, ma le decisioni relative all’RFF e al SURE, al di là della contabilità del dare e dall’avere per i singoli Stati membri, si muovono verso la comunitarizzazione del debito.

3.

Se si pensa che con il Six Pack e con il Two Pack si è ormai centralizzata la gestione delle politiche di bilancio, si può concludere che si è centralizzato a Bruxelles il ‘potere di bilancio’ il potere fiscale, spogliandone i parlamenti nazionali, senza attribuirlo tuttavia al parlamento di Strasburgo.

Non ci sono solo i prestiti e le sovvenzioni a livello UE (RRF e SURE), perché la Commissione ha varato altre misure nel marzo 2020, poi via via prorogate, particolarmente importanti per consentire, ricorrendo ai deficit di bilancio, l’erogazione agli Stati membri di sostegni finanziari:

  • a lavoratori, dipendenti, indipendenti e disoccupati oltre a persone in situazione di povertà
  • imprese, a cui sono state inoltre offerte garanzie per i crediti e sovvenzioni per gli investimenti.

La Commissione ha varato la clausola di salvaguardia per sospendere il funzionamento del Patto di stabilità e crescita, e il Temporary Framework per sospendere l’applicazione delle clausole del TFUE e dei regolamenti relativi agli aiuti di Stato.

Queste misure hanno consentito agli Stati membri di condurre politiche di spesa in deficit per sostenere i diversi strati sociali, in modo da controllare le tensioni che la pandemia potrebbe scatenare a causa dei suoi effetti di povertà e disoccupazione.

Dunque si sono superate le politiche di austerità per intraprendere politiche di sostegno ai redditi e agli investimenti.

A proposito della strategia degli investimenti, occorre precisare che essa affonda le proprie radici in decisioni decise e azioni intraprese prima dello scoppio della pandemia e si articola nella basilare scelta di promuovere, o di accompagnare con interventi pubblici, un salto di paradigma tecnologico del capitalismo sovranazionale europeo verso la transizione energetica, la svolta ‘verde delle produzioni’, la digitalizzazione.

Un salto di paradigma tecnologico per contrastare il cambiamento climatico: questa scelta è fatta propria dal NGEU e dai Piani nazionali di Resilienza e Ripresa, che si inscrivono in strategie elaborate e attuate già prima della crisi pandemica, e che questa ha semplicemente rafforzate, per esempio mettendo in primo piano l’autonomia in campo sanitario (produzione di farmaci e di apparecchiature oltre che di nuovi ospedali e di espansione della medicina territoriale).

Autonomia che si voleva già promuovere in altri campi quali le materie prime, la produzione di batterie, di semiconduttori attraverso l’Alleanza per le batterie, l’Alleanza per le materie prime, gli IPCEI, il programma Horizon ecc.

4.

Dunque l’UE guida gli Stati membri verso un salto di paradigma tecnologico ed energetico centrato sulla manifattura europea che ruota intorno alla Germania, e basato sulle imprese private, in partenariato con il pubblico quando serve (come nella ricerca, nella formazione, nelle reti).

La visione delle élite dirigenti si può cogliere in due affermazioni.

La prima è di Daniele Franco, ministro dell’economia e finanze, che nella Premessa al DEF 2021 scrive:

‘.. convinzione profonda del Governo è che la partita chiave per il nostro Paese si giochi sulla crescita economica come fattore abilitante della sostenibilità ambientale e sociale’.

Come si vede non sono la sostenibilità ambientale e sociale a guidare l’evoluzione economica, ma la crescita economica dovrebbe avere eventualmente come suoi sottoprodotti la sostenibilità ambientale e sociale.

La seconda è di Mario Draghi, che sempre nella Premessa al PNRR scrive: ‘quanto più si incoraggia la concorrenza, tanto più occorre rafforzare la protezione sociale’. Parole che potrebbero essere uscite dalla penna di un qualsiasi Ordoliberista: le istituzioni pubbliche sono garanti della concorrenza, quale motore della crescita e dell’innovazione, ma per questo occorre stendere delle reti di protezione sociale per rendere ‘socialmente tollerabile’ i prezzi in termini di disoccupazione e disuguaglianze.

La transizione energetica, la svolta verde, e la digitalizzazione comporteranno una feroce selezione delle imprese, e con essa aspri prezzi sociali.

Non si faccia l’errore di confondere le attuali politiche di promozione della transizione verso un nuovo paradigma tecnologico e produttivo con le politiche neoliberiste dell’austerità: pur non essendo in presenza al developmental state, siamo di certo dinnanzi a uno straordinario impegno finanziario e a progetti di partenariati pubblico- privato per accompagnarla.

5

Poche parole sulla BCE. Questa già per gestire la crisi scatenatasi nel 2007-2008, e negli anni successivi per impedire il default del sistema bancario e finanziario, compreso quello di alcuni Stati, era massicciamente intervenuta con una serie di misure quali il Long-Term Refinancing Operations (LTRO), il Security Markets Programme (SMP), l’Asset Purchase Programme (APP), il Targeting Longer-Term Refining Operations (TELTRO), e quando questi si mostrarono poco efficaci, varò il Quantative Easing per l’acquisto di titoli pubblici, oltre che delle banche commerciali. Con queste misure la BCE divenne di fatto, se pur contestato in punto di diritto da parte della Corte costituzionale tedesca, ‘prestatore di ultima istanza’, a garanzia non solo della stabilità monetaria ma anche di quella finanziaria.

Oggi, per contrastare gli effetti sul sistema economico, la BCE ha adottato un ulteriore strumento il Pandemic Emergencing Purchase Programme (PEPP), con cui di fatto, in contrasto anche con la lettera del TFUE, ‘monetizza’ il debito pubblico. Questa monetizzazione del debito pubblico, sia pure con un orizzonte limitato – ma potrà mai la BCE chiedere agli Stati membri indietro i soldi investiti nei titoli pubblici? – , va in parallelo, non con l’austerità come nella Grande Recessione,  ma con le politiche di bilancio in deficit. Per chiudere questo punto e chiarire dove siamo mi servo della tesi, avanzata tra gli altri da Pierre Schlosser ( Europe’s New Fiscal Union, 2019, p. 106), secondo cui nell’UE sono di nuovo appaiate e si sostengono reciprocamente la politica fiscale e la politica monetaria  e così si passati da un regime  in cui c’era un dominio monetario  – dato che ‘the constitutional independence of a central bank reduces the risk of debt monetization and thus institutionalizes monetary dominance … full de-politicization of the central bank (Maastricht Treaty)’ –, a un regime con dominio fiscale, in cui ‘the central bank  must try to finance with seigniorage the demand of the fiscal authority by purchasing the non-sold bonds  .. the printing press ensure the sustainability of debt levels’

 

Due considerazioni per concludere.

Una improntata al pessimo: le classi dirigenti, politiche ed economico-sociali, le élite, stanno guidando la transizione verso un nuovo paradigma centrata ancora una volta sull’impresa capitalistica, senza che si intravedano movimenti sociali alternativi.

La seconda improntata a consapevolezza critica: anche questo nuovo paradigma del capitalismo non fermerà la crisi ambientale perché non sarà in grado di alleggerire l’impronta ecologica della società umana sul pianeta, né diminuiranno le disuguaglianze economiche, di sapere, e le asimmetrie nelle capacità decisionali sulle scelte collettive

 

 

 


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