Calabria, elezioni regionali. Mimmo Lucano capolista al fianco di De Magistris: “Il suo progetto mi ha convinto”

Calabria, elezioni regionali. Mimmo Lucano capolista al fianco di De Magistris: “Il suo progetto mi ha convinto”

di Alessia Candito*
L’ex sindaco di Riace: “Le mie parole d’ordine iniziano tutte con la A. Aree fragili, accoglienza, acqua pubblica, ambiente, agricoltura, antifascismo”
Non ci sono più gli archi in legno che parlavano del borgo dell’accoglienza. I gradoni colorati dell’anfiteatro mostrano i segni del tempo e dell’incuria. Ma la Riace svuotata di quei progetti di integrazione che l’hanno resa un modello nel mondo, per l’ex sindaco Mimmo Lucano non è più solo motivo di rammarico, ma uno stimolo in più per riprendere la battaglia. Obiettivo, la Regione al fianco di Luigi De Magistris e alla testa di “Calabria resistente e solidale”, una lista che raccoglie tutte le sigle della “diaspora comunista” più attivisti storici della sinistra calabrese. “Non nasce da una sommatoria di sigle – spiega Lucano -  siamo quelli che si sono ritrovati insieme nelle battaglie sociali, ambientali e civili degli ultimi vent’anni”.
Sarà candidato capolista in tutte le circoscrizioni. Come mai questa scelta?
“Non l’ho chiesto io e la cosa quasi mi imbarazza. Anche da sindaco non mi sono mai sentito “il primo cittadino”, ma il portavoce di tutti, anzi soprattutto degli ultimi. La mia è una candidatura che è stata voluta dal basso. E più basso di me in questo momento non si può”.
Perché ha scelto di sostenere Luigi De Magistris nella corsa alla presidenza?
“Il suo progetto per la Calabria mi ha convinto. Da pm a Catanzaro si è schierato contro la grande borghesia mafiosa, le logge massoniche e lo ha pagato. Da sindaco di Napoli ha combattuto per l’acqua pubblica, contro la camorra, ha aperto al dialogo con i centri sociali. Se c’è qualcuno che in questa regione può rompere gli schemi è lui. E penso che per la prima volta in Calabria ci sia l’occasione per portare al centro del dibattito un’alternativa di società”.
Il Pd l’ha cercata spesso, come mai ha sempre detto no?
“Mi hanno contattato anche di recente. Ma non potrei mai candidarmi con il Pd perché è un partito che ormai non ha nulla a che fare con la sinistra. È scivolato molto di più verso il centro, se non verso la destra vera e propria. Del resto, adesso non si è fatto alcun problema a governare con la Lega, a cui ha permesso di tornare al ministero dell’Interno”.
Cosa si aspetta da queste elezioni?
“In Calabria abbiamo l’occasione di costruire un altro modo di fare le cose, di governare. Questa regione può diventare un laboratorio politico che dimostra la possibilità di andare oltre gli schemi tradizionali di centrodestra e centrosinistra, di dare voce a tutti quelli che non si riconoscono in nessuno dei due e al momento non hanno voce. A Riace, prima che venisse abbattuto, abbiamo dimostrato che è possibile. Adesso quell’esperienza può diventare un simbolo di una Calabria diversa”.
Ha già in mente un programma?
“Ci penso da tempo, le mie parole d’ordine iniziano tutte con la A. Aree fragili, accoglienza, acqua pubblica, ambiente, agricoltura, antifascismo. E poi c’è la A rovesciata, che è quella della sanità pubblica che deve diventare di serie A, ma al momento è la cartina tornasole della differenza fra ricchi e poveri, perché chi ha soldi può curarsi in fretta, dai privati o andando fuori, chi non ne ha deve subire i tempi infiniti e i disservizi del sistema sanitario calabrese. Quando sono nato io, i figli degli impiegati e dei signori nascevano in ospedale, quelli dei contadini, dei pastori, degli ultimi in casa. Stiamo tornando a questo e non è accettabile”.
Come si legano tutte queste A?
“Nelle aree fragili calabresi – cioè i borghi, i piccoli paesi che si stanno spopolando per mancanza di occasioni di vita e lavoro – c’è l’anima vera della Calabria. Lì l’accoglienza può essere un fattore di rigenerazione sociale, di crescita, di nuove economie. Il mio sogno è uno Sprar regionale, con progetti non solo affidati, ma anche gestiti dai Comuni, con personale formato per questo e non distribuiti ad una giungla di cooperative che spesso si scoprono vicine ai partiti di quella destra che tuona contro “il business dell’immigrazione”.
Questo in che misura contribuirebbe allo sviluppo della Calabria?
“Primo, potrebbe essere occasione per formare e stabilizzare l’esercito di Lsu e tirocinanti, oltre che assumere tanti giovani professionisti, al momento spesso costretti ad andare al Nord o a accettare paghe da fame. La scuola di Riace era solo un edificio abbandonato. È rinata grazie ai tanti bambini che qui sono stati accolti e ha dato lavoro a tanti che altrimenti sarebbero stati costretti ad andare via. Lo stesso sta succedendo in tutta la Calabria con i centri per l’istruzione per adulti. Ripopolare i paesi è anche uno strumento di riqualificazione ambientale, in una terra devastata dal dissesto idrogeologico. Ci sono urgenze che sono rimaste uguali dagli anni Sessanta”.
 
In che senso?
“In Calabria c’è ancora bisogno di una nuova riforma agraria, che metta in discussione il latifondo che ancora esiste e spesso è abbandonato dagli antichi proprietari. Potrebbe essere occasione per creare una filiera etica del cibo, in grado anche di rompere la dittatura della grande distribuzione, e trasformarsi in occasione di lavoro dignitoso per tanti. Non possiamo più tollerare che questa sia la regione delle baraccopoli di lavoratori migranti sfruttati come schiavi, del caporalato. E cos’è l’antifascismo, se non spiegare che l’odio per il diverso, per gli ultimi che hanno predicato in questi anni è solo un modo per nascondere i veri responsabili di questa situazione?”.
L’antimafia sociale come si lega a tutto questo?
“Noi non dobbiamo dimenticare la lezione di quegli attivisti calabresi che hanno perso la vita per combattere i clan. Peppino Valarioti era il segretario del partito comunista di Rosarno ammazzato perché lottava contro i mafiosi che controllavano i latifondi, perché si batteva per i diritti degli ultimi. Lo stesso ha fatto Giannino Losardo a Cetraro. L’antimafia sociale deve camminare insieme alla lotta per la giustizia sociale, i diritti, la costruzione di un’alternativa per strappare gli spazi ai clan. Con De Magistris su questi temi siamo sulla stessa lunghezza d’onda”.
*Repubblica, 01 MARZO 2021

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