Questione di folla

di Alba Vastano*

Si è insediato il Conte bis, ma non è il nostro governo. Non può esserlo per chi ritiene che l’unica forma di governo possibile debba essere conforme allo Stato di diritto sancito dalla Costituzione repubblicana. E non è certo il governo del cambiamento. Ѐ invece ancora una volta il governo dei riformisti, di chi della politica e della democrazia ne fa personalismi, ne fa inciuci di palazzo. Il leghista dell’odio che voleva pieni poteri ha dovuto mollare la presa, lasciando momentaneamente (?) il campo libero. Sì, ma alle politiche liberiste, quelle che hanno distrutto lo Stato sociale, proprio quelle che infine lo hanno favorito nella sua iniqua funzione di ministro dell’interno. Di male in male , non c’è il peggio nel male, sia pur con un breve respiro per lo sventato pericolo del golpe salviniano, di colui che chiedeva pieni poteri.

E ora? Dicono le voci del coro “Lasciamoli lavorare, lasciamogli mettere in atto i 26 punti dell’agenda imposti da Di Maio. Hanno appena iniziato”. Sembra un mantra. Da quanti governicchi li lasciamo fare? Cosa resterebbe dei principi e dei diritti costituzionali sociali, già messi a dura prova, se li lasciassimo ancora fare. Se le residuali forze della sinistra radicale si posizionassero sempre più nel cono d’ombra, ultima triste location dove lorsignori vorrebbero dargli il de profundis. E mentre la sinistra extraparlamentare è ancora in fase down, in attesa di riaggregazione e ricomposizione dei frammenti sparsi, Salvini si lecca le ferite per il suo golpe fallito? Sembra proprio di no, nonostante l’abbronzatura boriosa del Papeete abbia lasciato il posto ad una pallida maschera risentita e nel contempo altezzosa.

Non fa altro che, da scaltro gatto degli stivali, solcare il Paese per seminare odio e zizzania com’è sua natura e tentare, con le elezioni regionali, la rivincita sul golpe fallito. Presa la rossa Umbria, quali bottini regionali porterà ancora a casa? Si salverà dalle sue grinfie la non più rossa Emilia Romagna? Intanto il seminatore di odio non demorde. Semina bava di rancore verso tutti e con lui ha la folla. Non il popolo, bensì la folla. E la folla è imprevedibile, strana, impulsiva. La folla è solo calca anonima senza politica, senza costruzione di un progetto utile a dare una svolta a questo paese, senza idealità. La folla si assembla come un gregge intorno al suo pastore che poi, inesorabilmente, a sera, la chiuderà nell’ovile. Quello che la folla salviniana non sa. Per il resto brandelli di popolo in ordine sparso ad occhieggiare, nei media, le porte girevoli di palazzo. Oggi in gran fermento per continui passaggi da una poltrona all’altra. Movimenti convulsi di palazzo come fosse un megastore i cui avventori acquistano merce d’occasione, passando compulsivamente da un reparto all’altro, mentre nascono nuovi stand (partitini). Ѐ davvero il caos. Tornando alla folla, interessante è analizzare come si è passati dalla forma popolo, citata nella Costituzione, alla massa politicamente informe inneggiante oggi ad un borioso capopopolo, coadiuvato da uno staff velenoso, almeno quanto lui

Questione di folla

Folla. Presenza di una massa attiva e consapevole o soggetta ad obnubilamento delle coscienze? Per avere l’immediata consapevolezza di quanto si vuole intendere, di paragonabile all’impeto delle piazze salviniane, si pensi ad un riferimento estremo. Basterebbe visitare un book d’immagini risalenti agli anni bui del ventesimo secolo, allor quando un uomo calvo e muscoloso si affacciava al balconcino di un edificio sito in una fra le più belle piazze della capitale e da lì recitando la litania “Dio, patria e famiglia” , con un prepotente e altisonante timbro vocale chiamava a raccolta gli Italiani, affinché gli dessero pieni poteri. In nome della sacralità della famiglia (che lui stesso tradiva ogni giorno) e per onorare la patria (che lui stesso tradirà). E la folla esaltata impazziva,non sapendo che quella malsana euforia avrebbe portata il Paese nella guerra più devastante della storia dell’umanità. Ora quella massa di persone inneggiante a un dittatore fascista può definirsi Popolo? Considerando quanto siano diversi i concetti di popolo e folla non è improprio affermare che stiamo parlando di realtà diverse, appunto.
Partiamo dal significato dei lemmi. il popolo è “ quel complesso di individui dello stesso Paese che avendo origine, lingua, tradizioni religiose e culturali, istituti, leggi e ordinamenti comuni, sono costituiti in collettività etnica e nazionale, o formano comunque una nazione, indipendentemente dal fatto che l’unità e l’indipendenza politica siano state realizzate” (Fonte: Treccani). In termini giuridici, il popolo è quella collettività di persone (individui) cui sono attribuiti i diritti di cittadinanza nello Stato. L’articolo 1 della Costituzione italiana recita “ la sovranità appartiene al popolo…” .L’articolo 3 (che esprime il principio di uguaglianza) recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”

La folla è “.. quel particolare tipo di aggregazione sociale che si forma quando una moltitudine di individui è riunita, in maniera temporanea, in uno stesso luogo e nella quale lo spazio di ciascuno dei partecipanti è limitato in modo considerevole dalla presenza degli altri (dal latino fullare, lavare i panni, in cui è implicita l’idea del premere, dello stringere)” (fonte Treccani). Quindi la folla è (come vocabolario definisce) “L’accalcarsi di una moltitudine anonima di persone”. Massa indefinita,un “volgo” impazzito e allo sbando.
Oltre alla definizione di folla riportata dalla autorevole enciclopedia Treccani, esistono molti riferimenti letterari che analizzano la psicologia della folla. Il Manzoni nel XII capitolo dei “Promessi Sposi”, descrive i tumulti di una folla impazzita per la crisi del grano. La folla ha fame e perde la bussola, segue chi grida di più e dice “Follow me, vi sfamerò” e vi si affida. L’analisi che ne fa il Manzoni ha due facce: è giusto protestare e seguire un capopopolo se si analizza il problema e si protesta per una rivendicazione di diritti uguali per tutti. Non è giusta la protesta quando il comportamento è irrazionale, seleziona i diritti ed esclude gli indifesi, impone comportamenti divisori e emarginanti, risponde ad un capopopolo come fosse un novello dio, in nome di una fittizia religione che tutto risolve e fa giustizia. Il Manzoni, nella sua analisi sul concetto di folla , esprime una ferma condanna quando questa calca anonima non fa altro che inveire e non medita ricercando le vere cause dei problemi.

Ma sul concetto di folla ci sono varie correnti di pensiero anche in filosofia e in psicologia. Gustave Le Bon nel suo saggio “Psicologia delle folle” (1895) analizza il ruolo delle folle nella società di allora. Sostiene che le folle agiscono con “una forza di distruzione priva di una visione d’insieme indisciplinata e portatrice di decadenza, mentre le minoranze spesso sono forze capaci di creare”. Scrive ancora Le Bon nel suo saggio che le folle sono sempre attraversate da sentimenti autoritari e di intolleranza, capaci di creare una visione collettiva in cui l’individuo si deresponsabilizza e tende a cedere il controllo e il potere a uno o pochi individui che sappiano suscitare entusiasmo collettivo e creare il necessario carisma per sedurle. La folla non ha bisogno di pensare, ma di essere sedotta per deresponsabilizzarsi. Per ottenere questo è pronta a tutto e il capopolo diventa il totem, il guru sacrale. Dio.

Così, basandosi su una folla manipolata ad hoc, nascono i regimi autoritari. Una folla costituita da una moltitudine di persone che, perde il buonsenso. Così accade oggi nell’assembramento che vediamo nelle piazze della destra. Ed è così che le destre al potere riempiono oggi le piazze. Con la folla acclamante un demagogo che chiede pieni poteri e riversa le colpe della mancanza “del grano” su chi colpe non ha. Quando ciò avviene è la fine della democrazia e dello Stato di diritto. Ma si sa che le destre fasciste e i loro leader hanno bisogno dell’ignoranza dei sudditi che riempiano tumultuosamente le piazze, che li acclamino e di un capro espiatorio stabile su cui far convergere la causa dei tutti i problemi derivanti dalla crisi della politica. Così è stato nel triste e tragico ventennio del secolo scorso. Così sta per ripresentarsi oggi, senza che possa intervenire il popolo, privato di una legge elettorale equa come il proporzionale puro a ripristinare la democrazia e i diritti.

*Collaboratrice redazionale del periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

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