L’ennesima bufala per fregarvi col “voto utile”

L’ennesima bufala per fregarvi col “voto utile”

di Marco Grispigni*

Un ‘classico’ in campagna elettorale, specie quando il proprio ‘prodotto’ è poco appetibile, è l’accorato invito al ‘voto utile’.

Per queste elezioni europee, il voto utile è il ritornello all’union sacrée per fermare l’avanzata delle destre razziste e fasciste. L’appello è di quelli che possono aver successo perché il terrore dell’avanzata delle destre radicali è reale e nel nostro paese l’operato del governo giallo-verde è una realtà quotidiana.

Ecco quindi che il Pd, sostenuto dalla stampa fiancheggiatrice, in primis Repubblica, ammonisce a ogni pié sospinto che i barbari sono alle porte e che se non votiamo Pd rischiamo di avere Salvini o la Le Pen come presidenti della prossima Commissione europea: roba da rimpiangere Juncker e Barroso.

Perché questo pericolo, ribadito ogni giorno, è un’ennesima menzogna su cui si basa la campagna elettorale del PD?

Le destre radicali e neofasciste avanzano in molti paesi europei e sono al governo in nove dei ventotto paesi. Tutti i sondaggi danno alcune di queste forze in crescita elettorale. Siamo quindi di fronte alla necessità di unirci tutti e tutte per impedire l’avvento del nuovo fascismo?

Assolutamente no. Proviamo a leggere i dati reali e le dinamiche politiche in atto, andando al di là delle fosche (e interessate) previsioni che ci vengono ripetute quotidianamente (l’ultimo caso simile è stata la minaccia di un destabilizzante voto ai neofranchisti di Vox in occasione delle elezioni politiche spagnole).

La destra radicale non è unita e compatta. Partiti con contenuti abbastanza simili si trovano nel Parlamento europeo in famiglie politiche diverse: oltre al raggruppamento dell’Europa delle nazioni (quello del ministro delle lenzuola e della Le Pen), sono nel Partito popolare stesso (quello con cui si dovrebbe salvare l’Europa dal fascismo con la grande coalizione insieme al Partito socialista europeo), oppure nel gruppo dei conservatori ECR, e in alcuni casi anche in quello EFDD, il gruppo degli euroscettici in cui ci sono i Cinque stelle e l’Ukip.

Questo avviene per diversi motivi. Dapprima è difficile mettere insieme chi ha come slogan principale “prima gli italiani” (o i francesi, o i tedeschi, eccetera, eccetera). Poi perché uno dei temi principali di alcuni partiti razzisti e neosovranisti è quello del rifiuto dell’egemonia tedesca sull’Europa. Questo approccio violentemente antitedesco rende difficile un rapporto stretto e di collaborazione politica sia con i tedeschi dell’AfD che con le destre radicali al governo nei due paesi guida del gruppo di Visegrad, il Fidesz di Orban e il PiS (Diritto e Giustizia) polacco. La Polonia e l’Ungheria, infatti, hanno basato la loro crescita economica proprio sullo scambio commerciale con la Germania e quindi a quel paese guardano non come a un nemico.

Quel è il risultato di questo quadro composito quando ormai mancano pochi giorni alle elezioni?

La famiglia politica dell’estrema destra europea, l’Europa delle nazioni, parte dal dato attuale: quello di essere il gruppo politico più piccolo nel Parlamento europeo (39 eurodeputati, pari a poco più del 5%). Il maggior partito in questo gruppo era quello della Le Pen, che nel 2014 fu il primo partito in Francia e che quindi in queste elezioni, al massimo, potrebbe confermare il numero dei deputati. Questo primato probabilmente potrebbe passare alla Lega, che sicuramente aumenterà di molto i propri deputati (vediamo se i nuovi saranno capaci di battere il record di assenteismo di Salvini). Gli altri partiti di questa coalizione, i famosi undici dell’adunata delle destre europee di sabato a Milano, forse cresceranno ma i loro paesi, essendo ‘piccoli’ eleggono un numero ridotto di deputati. I sondaggi, infatti, per quanto possano essere attendibili, danno questo raggruppamento in forte crescita con una sessantina di eurodeputati. Sessanta significa un aumento considerevole, intorno al 50%, ma siamo su cifre assai lontane da quel rischio sbandierato di far saltare gli equilibri politici del Parlamento europeo. Per rimanere ai numeri dei sondaggi il PP perderebbe una quarantina di deputati passando a 180 (tre volte l’estrema destra) e i Socialisti, con un arretramento anche loro di una quarantina di seggi, scenderebbero intorno ai 150. Le loro perdite potrebbero tranquillamente essere compensate dai liberali (l’Alde), dati in leggera crescita.

Questo per dire che pur se in un quadro pessimo, segnato dalla crescita dei partiti di estrema destra e in molti casi neofascisti, non siamo affatto di fronte al rischio di madame Le Pen Presidente della Commissione.

Il cosidetto ‘voto utile’ è in realtà l’ennesima truffa alla quale dovremmo ormai essere abituati. L’Europa segnata negli ultimi dieci anni dalle politiche di austerità che hanno massacrato lo stato sociale, impoverito milioni di persone, sollevato l’indignazione e il rigetto che si è manifestato in maniera eclatante con la vittoria del “leave” nel referendum britannico, dovrebbe essere difesa votando chi in questi anni, con le due Commissioni Barroso e con quella Juncker, l’Europa l’ha guidata.

Bella idea, allora si che forse fra cinque anni il rischio di un Parlamento europeo in mano all’estrema destra potrebbe divenire reale.

Ci pensino bene quindi quei compagni/e che terrorizzati dal fascismo montante pensano di ‘turarsi il naso’ e votare Pd. Sarà per voi un sacrificio inutile. Contro la destra razzista, ma anche contro quell’Europa che come un apprendista stregone quel razzismo e quel fascismo ha resuscitato dall’oblio della storia, c’è una sola difesa: più Sinistra.

 * Studioso dei movimenti sociali e politici degli anni sessanta e settanta ha pubblicato diversi libri sull’argomento. Dal 2000 lavora a Bruxelles nelle istituzioni europee. 


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