Questo 5 Gennaio 2019: all’insegna della disobbedienza costituzionale

Questo 5 Gennaio 2019: all’insegna della disobbedienza costituzionale

Per tanti anni abbiamo vissuto questa data, come un appuntamento obbligato, per rivendicare il valore della lotta alla mafia e della legalità; elites politiche e potentati economici, istituzioni di ogni tipo, forti della subalternità di una parte del movimento e di opportunistiche complicità, si sono impossessate di queste parole d’ordine e se ne sono fatte scudo per i loro interessi di parte, le loro carriere, i loro affari, fino a farle diventare foglie di fico della continuità dell’accumulazione illecita.

È maturata allora la consapevolezza che l’antimafia o è sociale o non è, che più che i riti istituzionali o le celebrazioni, i palcoscenici, i tavoli per l’ordine pubblico, il moralismo perbenista e piccolo borghese della domenica, occorresse la moltiplicazione delle pratiche sociali, avere spazi da rendere pubblici, confiscare e fare confiscare i beni mafiosi per consegnarli alla fruizione della collettività, conquistare e garantire diritti alle periferie e agli ultimi dei quartieri ultimi.

Oggi dobbiamo prendere atto che ancora questo non basta. Dobbiamo prendere atto che la Sicilia e Catania sono depredate, che la nostra città è andata in dissesto finanziario, che le sue risorse sono state saccheggiate per responsabilità del centrodestra e del centrosinistra, di Bianco come di Scapagnini, di Stancanelli, di Pogliese e di Musumeci. Che i predatori come il cavaliere Mario Ciancio, e i tanti oligarchi della borghesia mafiosa, nella sanità, nella gestione dei rifiuti, nelle grandi opere pubbliche, nel governo del territorio, l’hanno fatta da padroni, in una spartizione più o meno tacita dei ruoli e degli arricchimenti.

Oggi la rabbia e il dolore dei penultimi, come pure l’egoismo dei primi, vengono scaricati sugli ultimi, sui proletari migranti, condannati alla esclusione e alla clandestinità, al lavoro servile e schiavistico, in una guerra tra poveri, che fa il gioco di chi sta in alto nella scala della società. La criminalità e la borghesia mafiose si giovano di questo stato di cose, perché la sicurezza viene intesa come problema di ordine pubblico per la violazione del decoro urbano, per l’occupazione delle case sfitte, per la contestazione dei cantieri delle grandi opere, dei tunnel della Val di Susa, come del Muos di Niscemi, o delle trivellazioni del mare di Licata. Perché ad ogni anno che passa si allentano, per legge, i controlli e i vincoli sulle attività economiche, si riducono gli oneri sociali sui benestanti e si accrescono quelli sui meno abbienti.

La Costituzione, nonostante la vittoria referendaria del No, è violentata ripetutamente, già da molto tempo, la semina della paura è funzionale al propagarsi dell’odio, della violenza, della superiorità della razza (“prima gli italiani”).

È necessario rompere questo andazzo e questo stato di cose. Occorre opporsi al violentismo leghista salviniano e al qualunquismo antipolitico grillino. È l’ora della disobbedienza civile e della sua diffusione, se si vuole garantire la difesa della civiltà e costruire una nuova umanità.

Ultimi e penultimi vogliamo e dobbiamo unire nella lotta alle tecnocrazie finanziarie europee, al razzismo gialloverde, alla famelicità dei potentati economici, alla mafiosità di alcuni esponenti istituzionali e delle tolde di comando, all’accumulazione illegale e prepotente delle mafie.

Le parole e i buoni propositi non bastano più, è l’ora che lotte democratiche e lotte di classe si uniscano. È l’ora della disobbedienza civile.

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