Decreto sicurezza, una bomba sociale

Decreto sicurezza, una bomba sociale

Monica Sgherri*

Guerra ai poveri -e non alla povertà-, è il cuore del cosiddetto decreto sicurezza di Salvini, già approvato al Senato e, esattamente all’opposto di come viene chiamato, già dalle sue prime applicazioni ha dimostrato che produce insicurezza, e non potrà fare diversamente anche in futuro.

Questo è l’effetto devastante del decreto sicurezza anche sul fronte abitativo, con il via libera a una intensa operazione di sgombero degli immobili occupati.

Sostenere la rendita immobiliare e speculativa, garantire i diritti dei soli proprietari era già il segno distintivo della prima circolare di Salvini del 1° settembre.

Il quadro nazionale in cui si inserisce il decreto è devastante: Anni di mancate risorse per piani di finanziamento per il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, di soldi non spesi nelle casse delle Regioni, di inerzia nel recupero di alloggi vuoti Erp in scandalosa attesa di manutenzione ordinaria e straordinaria, di aumento degli sfratti emessi ed eseguiti per morosità incolpevole (90%) rispetto a tutte le altre tipologie di sfratto, di crescita inesorabile delle liste comunali per l’assegnazione di un alloggio .

Salvini, in nome alla sicurezza a chi rivolge la sua attenzione, forse a chi aspetta un alloggio da decenni? La domanda è retorica ma la risposta è aberrante: Ribadire e difendere legalità e sicurezza solo ai proprietari di immobili! Non una risorsa aggiuntiva per i Comuni per far fronte alle famiglie impossibilitate a trovarsi un tetto nel libero mercato!

Il terreno ideale per sviluppare la risposta autoritaria e xenofoba di Salvini si sviluppa appunto sullo sgombero delle occupazioni di immobili abbandonati da anni: Il segno è quello del puro odio, e al primo posto troviamo gli immigrati siano essi titolari di permesso umanitario o clandestini.

Individuato il più debole della scala sociale, si parte con gli sgomberi e più facili e indolori saranno quelli dove si trovano immigrati perché laddove ci sono “clandestini” (sono così anche quelli provenienti da paesi in guerra che hanno smarrito i documenti), quest’ultimi per evitare il rischio concreto di espulsione, saranno obbligati a fuggire, a scappare a nascondersi altrove. Altro che sicurezza e legalità!

Dello stesso segno lo sgombero dei rifugiati del Baobab: “questo è solo l’inizio” ha dichiarato il Ministro Salvini. Nonostante la loro identificazione, e la verifica che fossero titolari di protezione, lo sgombero è stato effettuato e, senza offrire loro nessuna soluzione alternativa sono stati sbattuti in mezzo alla strada.

“.. sarà da vedere se l’incapace amministrazione comunale romana sarà in grado di offrire un tetto a chi è sgomberato o se, come nell’anno passato, se ne laverà le mani” hanno giustamente denunciato in un comunicato stampa il segretario nazionale Maurizio Acerbo e il responsabile Immigrazione Stefano Galieni.

Il decreto ora approvato al Senato e passato all’esame della camera per essere definitivamente convertito in legge, in qualche punto migliora il testo di settembre, per le famiglie italiane, ossia apre delle contraddizioni sulle quali lavorare per garantire il diritto all’abitare, pur non cambiando il segno oscurantista del decreto, come abbiamo già verificato nelle sue prime applicazioni prima richiamate.

Tornando dunque all’obiettivo di Salvini di un programma radicale di sgomberi, cosa migliora nel decreto ora in approvazione alla camera rispetto alla prima versione di settembre, quali contraddizioni si aprono sulle quali agire per impedire che famiglie, singoli, giovani e anziani siano sbattuti in mezzo alla strada.

Non viene più lasciata all’arbitraria interpretazione Comune per Comune il criterio di definizione di “fragilità” che viene invece ora individuato nei livelli assistenziali degli “aventi diritto dalle Regioni e dagli Enti Locali”.

Quindi quelle famiglie “occupanti” che rientrano nelle fasce Erp rientrano nei criteri di “fragilità” rispetto ai quali dovrà essere garantita una risposta.

Altra novità importante, all’art. 31 bis, riguarda l’istituzione di una cabina di regia per la gestione dello sgombero: quando il Prefetto riceve la richiesta di forza pubblica per il rilascio di un immobile convoca il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica allargando la partecipazione ai rappresentanti della Regione.

Il Prefetto istituisce una cabina di regia (comma 3.1) di cui fanno parte anche i rappresentanti della Regione degli Enti Locali interessati, laddove “ravvisi la necessità di definire un piano delle misure emergenziali necessarie per la tutela dei soggetti in situazione di fragilità che non sono in grado di reperire autonomamente una sistemazione alloggiativa alternativa”.

La cabina di regia ha 90 giorni di tempo per indicare i tempi di esecuzione dello sfratto o al contrario il suo differimento (comma 3.2).

Il differimento ha una durata di un anno (comma 3.3) e al proprietario dell’immobile verrà corrisposto una indennità per la quale è istituito un fondo (comma 3.4) con dotazione iniziale di 2 milioni di euro a decorrere dal 2018.

Ricapitoliamo: È istituita una cabina di regia allargata agli enti locali, e questo è un fattore positivo perché si crea un terreno più favorevole per difendere gli sgomberi, le famiglie sgomberate e pretendere una soluzione. Non una risorsa aggiuntiva ai Comuni per far fronte al “piano delle misure emergenziali” ma il fondo è creato per il “povero” proprietario”.

Ma, in assenza di un piano straordinario di finanziamento dell’Erp cosa potrà mai succedere, o cosa spera Salvini che possa accadere, per limitare il rinvio a una durata di solo anno.  Nella migliore delle ipotesi questo provvedimento rischia di creare una fonte costante di finanziamento ai proprietari di immobili occupati, ma ricordiamolo, occupati dopo anni di abbandono e incuria.

Per questo noi dobbiamo cogliere il varco di pratica politica che i cambiamenti introdotti permetteranno ai soggetti che vivono sulla propria pelle l’abitare in un immobile occupato, e le organizzazioni sindacali, sociali politiche ecc. che lavorano in loro difesa.

Come già è accaduto alcuni Comuni potranno voltarsi dall’altra parte per non vedere le famiglie in situazione di “fragilità”.  Niente è scontato, dal riconoscimento certo delle famiglie “in condizione di fragilità”, alla predisposizione di un piano di emergenza. Come a Roma il Comune può far finta di non vedere nulla, può non intervenire.

Per far fronte a questa nuova stagione autoritaria e xenofoba che vede negli sgomberi di immobili occupati una leva essenziale per politiche autoritarie e populistiche noi dovremo lavorare per costruire città per città coordinamenti unitari dei soggetti che operano a difesa del diritto all’abitare. Soli e isolati non abbiamo molte possibilità di poter essere all’altezza di difendere il diritto all’abitare in un contesto diventato così difficile e autoritario.

L’obiettivo di un coordinamento unitario deve diventare la nostra leva strategica per rimettere insieme tutti i soggetti che lavorano in questo settore.

Il diritto all’abitare, il diritto alla città può così diventare un settore strategico sul quale ricostruire pratiche e contenuti di una sinistra di alternativa.

Sicurezza e legalità significa per noi, casa, lavoro, istruzione.   La stagione di sgomberi annunciata da Salvini deve essere stoppata.

Anche questo è all’ordine del giorno al primo appuntamento del centro-nord domenica 25 novembre che si terrà a Verona, c/o la sede del Partito della Rifondazione Comunista via P. Benedetti, 18, dalle ore 10.00 alle ore 17.00.

Responsabile Casa PRC-S.E.

 

 


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