DIBATTITO / Per una percezione unitaria della sinistra come identità, prima che come cartello elettorale

Stefania Castellana 

La difficoltà dell’attuale fase politica rende piuttosto ostica la redazione di un’analisi puntuale e, in qualche modo, utile al dibattito in uno spazio così breve. È tuttavia evidente che il 4 marzo ha segnato uno spartiacque sia per il Paese che per la sinistra e la crisi di identità che attraversa Rifondazione Comunista dopo aver sostenuto il progetto PaP ne è un ulteriore segnale. La maggior parte degli interventi si è concentrata sul dibattito legato al ruolo di RC nei confronti di PaP che, di per sé, rende palpabile l’esistenza di un problema legato da un lato alla gestione della comunicazione da parte del movimento, dall’altro al posizionamento di RC nell’ambito di questa esperienza. Dico subito che la mia personale posizione è che se cessione di sovranità (o presa di coscienza di una subalternità, preferisco questa definizione) ci deve essere, questa deve avvenire nei confronti di un progetto destinato a essere inclusivo nel tempo e che, soprattutto, ai proclami permetta di dar seguito ai fatti. Sinora, l’atteggiamento che io rilevo in PaP non collima con la mia personale visione di una nuova sinistra. Che, tuttavia, non vuol dire che il tempo non possa portare a una convergenza di visione a seguito di qualche correzione sotto il punto di vista gestionale e anche comunicativo.

E proprio questo aspetto della comunicazione mi permette di aprire una parentesi, a mio parere, di fondamentale importanza nella prospettiva della costruzione di un soggetto di sinistra ampio. L’utilizzo dei social network è senza dubbio diventato importantissimo, ma rispetto a quella che è la nostra storia culturale ha una grossa falla: la superficialità. Ed è stata, purtroppo, una delle caratteristiche che ha connotato la nostra campagna elettorale, con “meme” sempre all’attacco di qualcuno – e mai propositivi – e un programma di buon senso nelle parole d’ordine ma carente sotto il punto di vista dei contenuti. Per restare alle questioni di mia competenza – cultura e patrimonio storico-artistico – l’assenza di riferimenti precisi all’abolizione della Riforma Franceschini  è sintomatico di quanto rilevato sopra.

Pertanto ritengo fondamentale un cambio di atteggiamento generale: innanzitutto, non possiamo stare a rimorchio dell’agenda propagandistica di Salvini e co., limitandoci a dissentire. È necessaria una azione  propulsiva, che individui dei temi e prospetti uno sviluppo concreto per una soluzione. Ciò, nella condizione di estrema frammentazione in cui versa la sinistra in Italia, è estremamente difficile. Come ricucire i vari brandelli? La presenza fisica e il dibattito sui territori è fondamentale, ma credo fermamente che per arrivare a un’unione di intenti ci debba essere una condivisione di battaglie da portare avanti. Dalla riflessione su esperienze a me vicine viene un invito: la costituzione di una piattaforma di informazione di sinistra che si faccia portavoce delle istanze da tutti i territori. Non si tratta dell’ennesimo sito internet ma di un progetto, da discutere anche con i compagni delle altre realtà politiche e dei territori, nel quale far confluire, in maniera organica, materiale di informazione dai territori e sulle principali tematiche sulle quali, spesso, siamo impreparati (o assenti). Uno strumento che sia di informazione ma anche, e soprattutto, di formazione; che sia un punto di riferimento per il popolo della sinistra e che si caratterizzi come spazio di dibattito reale, evitando la dispersione in mille rivoli dell’informazione. Un’esigenza di cui, peraltro, alcuni compagni si sono già fatti portavoce in altri contesti.

L’ esempio di buona pratica a cui faccio riferimento viene, ancora una volta, dal mio comparto di appartenenza (totalmente dimenticato dalla sinistra), quello dei Beni Culturali. L’esperienza a cui faccio riferimento è la piattaforma Emergenza Cultura, nata due anni fa da una manifestazione che riuniva gli operatori della cultura contro il volontariato e le riforme che stanno strangolando la tutela del patrimonio, aprendo a una utilizzazione dello stesso in chiave aziendalistica e non di crescita culturale del Paese. Il sito ospita quotidianamente denunce, interventi dai territori, approfondimento sulle tematiche di carattere nazionale e internazionale legate ai Beni Culturali. È diventato, insomma, un punto di riferimento per un popolo di lavoratori (anche se non li riconosce nessuno come tali) che non ne aveva.

Nel mondo in cui l’informazione viaggia tramite web senza alcun filtro e con un parterre di fruitori sempre meno abituato alla pratica della verifica delle informazioni, avere un luogo in cui poter trovare la soluzione di sinistra, in un’unità di intenti dichiarata da principi che siano comuni a tutte le organizzazioni partecipanti, sarebbe un grande passo avanti verso la percezione di qualcosa di nuovo e ampio che si muova dai territori, che resista alla dittatura della superficialità, che dimostri che c’è una base ma anche dei vertici impegnati per la costruzione di una nuova consapevolezza di essere cittadini. Di essere di sinistra.

In questo credo che Rifondazione possa essere in grado di dare, dal punto di vista intellettuale e dell’analisi – ma anche politico, se ci sarà la volontà – un grosso contributo.

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