DIBATTITO / Le elezioni e la Politica

 Nicola Candido

Più volte ci siamo detti che non tutto inizia e finisce nelle elezioni. Ce lo diciamo ma poi facciamo al contrario. In questo ambito, e mi riferisco alle elezioni nazionali e non locali perché le due cose, come ogni volta costatiamo, viaggiano su due binari diametralmente opposti, si profilano due ipotesi.

La prima. L’idea della cosiddetta Sinistra unita, plurale, larga, ecc. ecc. Una sorta di mantra che ad ogni elezione ritorna e che nella pratica ha visto sempre più o meno le stesse persone, nelle liste o sui territori, mettersi insieme e poi litigare. Sinistra Arcobaleno, Federazione della Sinistra, Rivoluzione Civile, Altra Europa con Tsipras, Brancaccio. Quest’ultimo caso non è nemmeno iniziato, gli amici di avventura ci hanno lasciato con il cerino in mano, per una poltrona, prima di cominciare. Compagne/i di strada che è meglio perdere che ritrovare. Sempre se non ci piace il cerino. Salvo che per l’Altra Europa le esperienze elettorali sono state disastrose, oltre che brevi, ma ad ogni elezione si ripropone lo stesso schema. Nuovo, partecipato, largo, innovativo, ma sempre lo stesso.

Colpiti da una schizofrenia latente (o conclamata), noi di Rifondazione siamo i primi (chi più, chi meno) a buttarci nell’apoteosi unitaria, con testa e cuore, ma siamo anche altrettanto molto veloci a disilluderci. Tranne la Federazione della Sinistra, tutte queste esperienze elettorali/organizzative sono durate qualche mese. Nemmeno il tempo di farci l’abitudine e, ogni volta, abbiamo perso delle/dei compagne/i preziose/i.

La seconda ipotesi, che coincide con l’ultima esperienza, quella di PAP, è stata simile alle altre, ma con il merito di cambiare almeno le/i compagne/i di disavventura e di attivare energie meno vecchie e diverse. PAP non è certo l’alfa e l’omega di Rifondazione Comunista, ma è l’unica ipotesi, nazionale e un minimo credibile, in campo. Un minimo credibile perché l’altra lo è ancora di meno. I soliti stranoti della Sinistra ci farebbero perdere anche quel minimo di credibilità conquistata dopo anni di traversata del deserto. A differenza delle altre esperienze, PAP, ha un non trascurabile dinamismo sociale e vertenziale e, almeno, non ci dobbiamo rincontrare con i soliti dinosauri (gli stessi dal 2008) con cui ogni volta abbiamo condiviso le disavventure unitarie. C’è un potenziale su cui lavorare, con tutti i limiti che possono sorgere o che sono già sorti. Per inciso. Il risultato del 4 marzo è in parte anche colpa nostra. Non perché le/i compagne/i del PRC non abbiano dato tutto loro stessi (e anche di più) ma perché “rifondazione comunista”, sebbene organizzativamente fondamentale, elettoralmente ha contribuito poco al risultato.

Un po’ di autocritica: l’incoerenza e l’arrendevolezza. Prima delle elezioni ci eravamo detti e avevamo scritto che avremmo continuato con il progetto PAP qualsiasi risultato fosse arrivato (e solamente gli stolti potevano pensare ad un risultato positivo) e ora dopo pochi mesi (come sempre) molte/i compagne/i hanno cambiato idea. Ma come si fa ad avere un minimo di credibilità se cambiamo idea ogni 3 mesi? Come si fa ogni volta a rispiegare e lavorare con le/i compagne/i se ogni tre mesi occorre ripartire da zero? Ma sarà mai possibile credere (e lavorare coerentemente e tutte/i insieme) ad un progetto politico almeno per un paio di anni? Anche per avere un po’ di tregua e poter lavorare sull’elaborazione culturale e politica, ormai assente in tutta la Sinistra. Non pretendo dei decenni, come i tupamaros uruguaiani o come Grillo, ma per avere dei risultati elettorali positivi (per la natura stessa della comunicazione e delle elezioni) serve un lasso temporale di qualche anno. Altrimenti, e lo dico molto amaramente, è meglio saltare un giro. Mai più accrocchi senza regole, strutture, democrazia interna, mai più soggetti nati negli ultimi 4-5 mesi prima delle elezioni. Sarebbe, questa sì, la morte di Rifondazione Comunista. Perdere ulteriori voti e militanti (perché l’aritmetica in politica funziona al contrario) non mi sembra intelligente.

Per i motivi di cui sopra, penso che con PAP ci dobbiamo, almeno, provare. Come? Innanzitutto strutturando e pretendendo che il metodo decisionale sia incardinato in delle regole chiare e dal basso (meglio una testa un voto). Chi, invece, pensa che strutturare PAP vada contro Rifondazione (o che sia la premessa per un suo scioglimento) non ha capito nulla della democrazia. Semmai avremmo dovuto chiederlo prima. Senza iscrizioni, struttura, organizzazione non c’è democrazia e dove non c’è democrazia interna Rifondazione è destinata a soccombere. Come è già successo con la Federazione della Sinistra o con il Brancaccio. Avere paura della “sfida dei numeri” mi sembra assurdo, se pensiamo di essere dei comunisti e di praticare (e non solo declamare) l’egemonia gramsciana.

Infine, al contrario di molti, penso che PAP, al pari di un soggetto come Izquierda Unida, sia lo strumento per le elezioni (anche per le prossime europee) e che la Sinistra, unita e plurale, ecc. ecc., sia invece uno strumento da costruire e testare nelle lotte e (se ci sono le condizioni) da proporre, in certi casi, a livello locale oltre che un laboratorio della “battaglie delle idee”. Ciò perché se non vogliamo parlare con i soliti dinosauri, occorre che qualcosa a Sinistra emerga dalle pratiche quotidiane o che unisca, dove ci sono, esperienze positive preesistenti. Ma è altrettanto indubbio che la Sinistra unita, plurale, ecc. ecc. oggi esistente (e non immaginaria), a livello locale e nazionale, stia ritornando di gran fretta verso il PD e dopo gli ultimi cerini, occorre fare alleanze o percorsi condivisi solo con chi si sia conquistato un minimo di credibilità.

 

 

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