DIBATTITO / Il rischio di una discussione all’indietro

Franco Ferrari

Nando Mainardi 

Sono tanti i nodi e i temi che un partito come il nostro sarebbe chiamato ad affrontare. Pensiamo alla fase politica inedita in cui ci troviamo. Cinque Stelle e Lega incassano i risultati del disagio sociale prodotto da decenni di politiche liberiste, da una ridefinizione dei rapporti di forza tra le classi talmente potente da ridisegnare il “percepito” sociale e l’immaginario culturale. Invece abbiamo l’impressione che il centro del dibattito, del detto e del non-detto, sia Potere al Popolo sì/Potere al Popolo no e poco più.

Ovviamente rispettiamo ogni posizione, ma ci sembra che questo dibattito sia un indizio della nostra stessa crisi, più che il contributo alla ricerca di una via d’uscita. Premettiamo che non eravamo e non siamo sostenitori acritici del percorso di Pap. Ci sembrano evidenti alcuni limiti e ristrettezze di visione del gruppo dirigente che ha fino ad ora diretto tale percorso. Ci pare però un grave errore rispondere “dichiarando guerra”, con il rischio per di più che la “guerra” faccia danno solo dentro il nostro partito.

Pensiamo che la linea politica del Prc di questi mesi sia stata e sia sostanzialmente giusta. Abbiamo fatto bene ad aderire a Pap ai tempi del fallimento del Brancaccio. Ricordiamo che l’unica, reale, alternativa sarebbe stata aderire a Liberi e Uguali, ovvero unirci in posizione subalterna a una sommatoria di gruppi dirigenti segnata dal moderatismo.

Certo: ci si può sempre presentare come Prc. Ma anche qua, abbiamo passato questi anni a dire che Rifondazione è necessaria, ma non autosufficiente. Non ci ritorniamo. Come pure abbiamo fatto bene, anche dopo le elezioni, a continuare a investire in Pap, che – pur tra le difficoltà – ha messo in movimento qualche migliaio di compagne e compagni singoli o legati a lotte e movimenti sociali, praticando insieme adesione e autonomia.

A confermare che già ora la nostra linea politica non è né subalternità né cessione di sovranità ad altri, c’è stato il passaggio delle amministrative, in cui il Prc ha animato proposte di liste di alternativa agli altri poli – coerentemente con la posizione che abbiamo maturato in questi anni – scegliendo, in base alle caratteristiche del contesto locale, la forma politica più adeguata.

L’esito delle elezioni politiche ci ha detto che non è Potere al Popolo, oggi perlomeno, il contenitore in grado di rappresentare tutto il campo della sinistra di alternativa e la domanda di sinistra esistente nel nostro Paese. Su questo non c’è bisogno di particolari approfondimenti: è un dato di realtà. Il punto, però, è che se il nostro compito è quello di lavorare per una prospettiva unitaria nel campo della sinistra di alternativa, allora vale la pena continuare a lavorare dentro Potere al Popolo, contrastandone gli atteggiamenti autoreferenziali quando necessario, per costruire insieme questa prospettiva più larga.

Non è con atti di rottura – come abbiamo ripetuto tante volte in questi anni – che si aiuta o si rafforza l’unità. Né certo questa azione di divisione aumenterebbe la popolarità del nostro partito, che già viene rappresentato – ingiustamente e non solo all’interno delle discussioni di Pap – come un fattore dividente. Non si risponde al settarismo di alcuni contrapponendovi il nostro settarismo.

Al contempo è evidente che se domani la gabbia moderata di Leu implodesse, o se emergessero effettivamente nuove iniziative o nuovi protagonismi, il nostro compito sarebbe quello di creare un nesso tra le diverse soggettività e tali iniziative, provando a unire e ad ampliare il campo. Pensiamo che non sia utile rompere pregiudizialmente con coloro con i quali abbiamo condiviso una battaglia politica difficile, per rincorrere quelli che, al momento, stanno da un’altra parte e che ripetutamente, nel passato, hanno chiesto a Rifondazione di sciogliersi in percorsi all’insegna del moderatismo. Insomma: non diciamo che non si sia sbagliato nulla. Ma i limiti di cui dovremmo discutere sono, a nostro parere, altri. Non il rapporto tra noi e Pap.

 

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