DIBATTITO / Porte aperte al popolo di sinistra

Franco Cilenti

Noi come PRC lavoriamo da almeno un decennio alla costruzione di una unità della sinistra plurale, non per opportunismo elettorale o paura della nostra insufficienza organizzativa. Questo tortuoso cammino l’abbiamo fatto, e continueremo a farlo, perché questo è il nostro DNA culturale che ci porta ancora oggi a lavorare dentro quello che vorremmo fosse un movimento in itinere, aperto alle realtà e ai singoli della sinistra diffusa e dispersa in mille rivoli e diatribe che sui social non potranno mai trovare sintesi.

Ho sempre considerato ogni tentativo di costruzione unitaria come un laboratorio di lavoro politico per analizzare la grave patologia che rende inferma la sinistra antiliberista/anticapitalista e determinare un farmaco condiviso che permettesse di individuarne le problematiche prioritarie, tenendo conto, comunque, dei possibili effetti collaterali contro i quali abbiamo preventivamente proposto un vaccino “Stiamo insieme se concordiamo sull’ottanta per cento”. Mi riferisco a tutti i tentativi, dalla Sinistra Arcobaleno in poi, ovviamente con tutti i distinguo determinati dalle fasi politiche e dai soggetti promotori e partecipanti. Bene, mi pare che l’unica costante dentro questi laboratori, sconfitti dal punto di vista elettorale e quindi naufragati, sia stata la pretesa, dichiarata o meno, dello scioglimento del PRC tramite ipocrisie nascoste dietro mantelli unitari e vere e proprie pugnalate alla schiena, nonostante la nostra disponibilità piena e coerente dal punto di vista organizzativo, in primo luogo sui territori, lavoro di elaborazione e dispendio di energie del gruppo dirigente nazionale. Ho una lettura manichea del passato? Non credo, come non credo che la nostra attuale sofferenza dentro il percorso di PaP abbia motivazione diverse!

Non mi dilungo sulla nostra indispensabilità organizzativa e capacità politica resistente e propositiva ma pare evidente la fragilità della nostra alterità se nella sinistra, a destra e a manca, tutti lanciano petardi che nelle loro intenzioni si possono declinare come Opa per acquistare un terreno che loro giudicano come un “orticello che nulla conta più” tanto da permettersi l’arroganza, o l’infantilismo, che tutti noi abbiamo sentito nel “famoso” videoappello al voto della Carofalo in questa ultima tornata amministrativa.

Sarebbe ridicolo se non fosse tragico, per le sorti del percorso intrapreso dopo il “Brancaccio”, questo atteggiamento che non definirei politico ma semplicemente fuori dalla realtà dello stato di cose presenti. Quindi leggo questi comportamenti, esplicitati dalle piccole componenti in quasi tutti i territori, come un boicottaggio dell’idea originaria che ci ha portati come PRC a promuovere con l’ex OPG questo nuovo progetto. Un’idea e una pratica che noi dobbiamo continuare testardamente portare avanti per radicare la convinzione dell’utilità di PaP come laboratorio proponitore di un polo con le porte aperte a tutte/i quelle/i, organizzazioni e singoli, che oggi vagano altrove.

Mentre scrivo leggo una dichiarazione di Acerbo “Oggi a Napoli abbiamo fatto una bella discussione con Luigi de Magistris, Eleonora Forenza Viola Carofalo e tante/i altri su come costruire un’alternativa in questo paese. Forte sintonia tra noi. Credo che ne verranno buone cose.” Bene, resta comunque urgente, per dare concretezza alle intenzioni dei nostri interlocutori e compagni di strada, un altro agire nelle relazioni e nelle iniziative di militanza che sono l’unica verifica realistica dello stato del progetto. Senza illudersi che questa verifica la possiamo avere sui social e dalla “democrazia” digitale.

 

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