Lo spot nelle stazioni Fs è legale? Scontro tra Pap e lista +Europa

il manifesto – di Eleonora Martini -

Campagna elettorale. Il segretario del Prc Maurizio Acerbo denuncia come «illecita» la propaganda di Emma Bonino proiettata sui megaschermi dei maggiori scali ferroviari italiani. Immediata la risposta: «È perfettamente lecita. La polemica è strumentale e fuori bersaglio»

Per i simpatizzanti dei radicali della lista +Europa è una bella sorpresa, ma di sicuro fa un certo effetto. Non è così usuale infatti vedere il volto di Emma Bonino, impegnata in uno spot elettorale, proiettato sui mega schermi o sui monitor lungo i binari della stazione Termini di Roma (ma anche a Milano, Torino, Napoli, Bari e nei maggior scali italiani) al posto dei soliti volti della «partitocrazia italiana» (per usare il linguaggio tanto caro a Marco Pannella).

Alcuni interrogativi possono sorgere spontanei, e sono leciti: quanto sarà costata questa pubblicità, chi l’ha finanziata, e come ha fatto una lista piccola ad aggiudicarsi questa ghiotta opportunità, che forse vale di più (in termini di potenziali elettori) degli screen aeroportuali sui quali stiamo vedendo in questi giorni la faccia del leghista Matteo Salvini?

Domande che, con tutt’altro piglio, il segretario del Prc Maurizio Acerbo, candidato di Potere al popolo, ha tradotto in un attacco frontale fatto rimbalzare sui social media (dove inevitabilmente si è scatenato il solito bailamme da ultrà della politica) e in una «denuncia per pubblicità illegale». Per Acerbo, che annuncia di aver inviato un esposto «a procura, prefetto, questura, sindaco e vigili», quel tipo di «propaganda elettorale luminosa è espressamente vietata, nel mese precedente alle elezioni» dalla legge 212 del 1956 modificata nel 1975 e dalla circolare del ministero dell’Interno emanata nel 1980 per adeguare le norme alle tecnologie che allora cominciavano a modificare i mezzi di comunicazione.

Secondo Acerbo, gli spot sui megaschermi che Grandi stazioni vende alle concessionarie pubblicitarie sono fuori legge come ogni «propaganda luminosa o figurativa a carattere fisso, in luogo pubblico» nei 30 giorni prima del voto. Anche perché, come spiega la stessa circolare, la norma mira ad «assicurare parità di condizioni per la propaganda, eliminando qualsiasi privilegio determinato da maggiori possibilità finanziarie». È la stessa ratio che sta dietro il divieto di affiggere manifesti fuori dagli spazi dedicati. «Il paradosso – conclude Acerbo – è che queste minime regole del rispetto della democrazia le ho apprese proprio dai radicali».

Eppure gli esponenti della lista di Bonino non hanno dubbi: «È perfettamente lecita», ribattono. «È una polemica strumentale e fuori bersaglio», scrivono in una nota mostrando come la circolare ministeriale escluda dal divieto «le proiezioni cinematografiche ed i mezzi di comunicazione audiovisivi, anche a circuito chiuso» che non possono essere compresi «nella generica accezione di mezzi di propaganda figurativa o luminosa» (titolo II, paragrafo 2).

E a chi già intravede oscure lobby e chiari complotti dietro l’operazione di marketing, fanno sapere che la lista ha pagato «meno di 300 mila euro» la pubblicità in tutte le maggiori stazioni ferroviarie italiane. Da dove vengono quei soldi? «Da chi ha creduto in noi – spiegano al quartier generale di Bonino – Alcuni radicali storici hanno partecipato alla raccolta fondi anche con 50 mila euro, soldi che saranno restituiti quando saremo eletti».

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