Paolo Pietrangeli, cantautore del 68 italiano: dobbiamo uscire dal buio dell’omologazione

Paolo Pietrangeli, cantautore del 68 italiano: dobbiamo uscire dal buio dell’omologazione

Una intervista realizzata da Argiris Panagopoulos, pubblicata nel quotidiano di SYRIZA “Avgi”, mercoledì 21 Febbraio 2018.«Dobbiamo iniziare, da qualche parte, a costruire una nuova Sinistra, perché viviamo nel buio dell’omologazione politica e culturale che ci hanno imposto dopo il grande movimento del ’68 e la globalizzazione neoliberale”, sottolinea ad “Avgi” Paolo Pietrangeli, il cantautore del ’68 italiano, che con le sue canzoni giunte alle giovani generazioni anche attraverso le versioni di Modena City Ramblers, della Banda Bassotti e di altre band, e arrivate oltre il confine italiano  già da tanti anni. Paolo Pietrangeli che ha collaborato con Visconti e Fellini e ha lavorato in televisione, oggi è candidato con la lista “Potere al Popolo».

Ha cantato appassionatamente il ’68 e alcune delle sue canzoni stanno accanto a Bandiera Rossa e Bella Ciao nelle anime di Sinistra e in particolare nella gioventù di Sinistra e non solo in quella italiana. L’anno scorso abbiamo celebrato l’anniversario dei 100 anni della Rivoluzione d’Ottobre e quest’anno celebreremo il 50° anniversario del maggio del ’68. Come ha vissuto quel periodo?
«L’ho vissuto molto bene, con grande passione e grandi aspettative che hanno segnato la mia vita. È stato un cambiamento intenso e duraturo per l’Italia, perché il ’68 italiano è durato per molti e difficili anni. Ma abbiamo vissuto in un grande equivoco, perché abbiamo pensato che stavamo vivendo l’alba di una nuova era per il mondo, ma in pratica vivevamo il tramonto di una grande era: l’emancipazione dell’uomo scatenata dalla Rivoluzione d’Ottobre. Oggi siamo al buio».

Non abbiamo oggi “la falce e il martello” per colpire il sistema, come dice lei in “Contessa”?
«Esattamente. Abbiamo perso la prospettiva, la visione, l’aspettativa che stiamo costruendo la Storia universale abolendo lo sfruttamento. Alla fine è arrivata la globalizzazione, che ci ha portato ad una omologazione culturale. Se una band come I Beatles uscisse oggi, probabilmente nessuno se ne accorgerebbe. L’industria culturale di oggi cerca l’omologazione e l’appiattimento e non l’innovazione. Spero di vivere un nuovo ’68 questa volta attraverso l’IT, ma per il momento non lo vedo.
Nel dopoguerra, il Partito Comunista Italiano si “sposò”, con il cinema, mentre la televisione era nella “categoria B”. La televisione è stata lasciata nelle mani della Democrazia Cristiana prima e poi nelle mani di Berlusconi. L’egemonia culturale è stata persa anche con questi errori. Non sono un sapientone, un “politico professionista”. Sento di essere un semplice uomo di Sinistra che è sempre stato al suo fianco».

Cosa prova quando sente i giovani cantare con passione le sue canzoni?
«È una sensazione deliziosa, ma a volte penso che da allora la canzone politica non abbia fatto molta strada».

Dovremo creare nuovi movimenti per avere nuove generazioni di cantautori?
«Questo è un compito politico e culturale. Non dovremmo essere condannati a sentire sempre le stesse canzoni. Le canzoni della mia generazione erano i “veicoli” del movimento. Non sono mai state ascoltate alla radio o alla TV e non hanno avuto un grande lancio discografico. Passavano di bocca in bocca, da una compagnia di compagni ad un’altra. In questo senso, siamo stati gli ultimi cantautori di una cultura orale persa dall’era di Omero.
Oggi i movimenti sono molto piccoli. Comunicano con la tecnologia dei cellulari e l’informatica. Siamo le reliquie del vecchio mondo. Ma allo stesso tempo, se prendiamo la “Contessa” per esempio, ha ancora un eccellente simbolismo perché vuole cambiare tutto. Oggi la maggior parte dei giovani non sa nemmeno cosa simbolizza la falce e il martello. Mi piace il fatto che la cantano sperando che possiamo cambiare il mondo».

Ha fatto riferimento alla tradizione orale e alla Canzone Popolare. Com’è stata la sua esperienza dai primi anni ’60 al ’68 e quello che è seguito in Italia per circa due decenni?
«Con alcuni di noi ci siamo trovati in un movimento culturale, nei “Dischi del Sole”, il Nuovo Canzoniere Italiano, registrando le culture popolari del nostro paese, che aveva tentato di cancellare la 20ennale dittatura fascista e i 20 anni dei governi di Democrazia Cristiana. Con il ’68 siamo riusciti a continuare il nostro ricco patrimonio culturale traducendo in canzoni il “grande libro della Storia” del nostro tempo. Queste canzoni erano gli appunti e i pensieri che con una melodia descrivevano l’urgenza del momento. Questa è la continuazione della cultura popolare italiana che descrive la situazione di emergenza in cui vivevano le persone oppresse. Non abbiamo nemmeno pensato a come vendere dischi o come saremmo stati più docili per un pubblico più grande facendo sconto a ciò che credevamo. Abbiamo descritto con la nostra anima e il cuore la vita del proletariato, degli esclusi, dei gruppi sociali e delle persone emarginate».

Chi racconta la vita dei proletari di oggi?
«L’omologazione culturale che stiamo vivendo sta cercando di cancellare ogni tentativo di canzoni di questo genere. Vuole imporre una specie di “mutismo” generalizzato. Non ci sono più le canzoni del mondo del lavoro, le canzoni improvvisate dalle donne delle risaie o dagli operai nelle fabbriche. Non ci sono canzoni di giovani precari che raccontano la loro vita».


Come ha deciso di impegnarti nuovamente in politica?
«
Non riesco a vedere la Sinistra degenerarsi in Commissioni d’Affari che cercano di sopravvivere a proprio vantaggio. Ho vissuto una lunga vita e non voglio andarmene senza che esista una Sinistra. Voglio vedere la ricostruzione di una Sinistra, che scrive le sue canzoni di lotta e della vita di tutti i giorni. Nessuno può dirmi che il Partito Democratico appartiene alla Sinistra o che Liberi e Uguali stanno lottando per la Sinistra. Mi sembra che cercano solo di possedere e condividere il potere e che ciò implica. Gran parte della mia vita è stata quella di creare o cantare canzoni. Mi piace la lista di Potere al Popolo e per questo ho deciso di sostenerlo partecipando. Da qualche parte dobbiamo iniziare».

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