L’emergenza casa scompare dai programmi elettorali (ad eccezione di Potere al Popolo)

L’emergenza casa scompare dai programmi elettorali (ad eccezione di Potere al Popolo)

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di Bianca Di Giovanni -

Nella seconda Repubblica nessun tema ha avuto tanto spazio nelle promesse elettorali come quello della casa. Tutti ricordano Silvio Berlusconi annunciare l’addio all’Ici (allora si chiamava così) sugli alloggi di residenza. Matteo Renzi lo ha seguito, agguantando i favori della gran parte degli italiani storicamente proprietari dell’abitazione in cui abitano. La destra ha pensato (e condonato) anche alla stanzetta in più, la loggetta coperta, il terrazzino trasformato in veranda, alle “libere” destinazioni d’uso, producendo un numero considerevole di piani casa. Si sognava una società in cui tutti diventassero proprietari, grazie alle cartolarizzazioni di tremontiana memoria. che alla fine però hanno assicurato solo ricchi incassi alle società di collocamento dei beni immobiliari. Con il centrosinistra il tema si è declinato in altro modo: sgravi per le ristrutturazioni, per gli affitti degli studenti, per la sicurezza sismica, per il risparmio energetico, per i condomìni, fino a chi vuole riorganizzare giardini e balconi, oltre agli sconti fiscali a chi affitta la seconda casa con la cedolare secca.

Una sola cosa è comune a tutti e due gli schieramenti: il sostanziale azzeramento dell’edilizia popolare pubblica. Tanto che, nonostante il gran parlare di casa e di “tetti” per le famiglie, l’emergenza abitativa ha raggiunto livelli allarmanti, soprattutto nelle grandi città (a Roma c’è una lista d’attesa di 16mila famiglie, a fronte di assegnazioni di 490 case l’anno). Si stima un fabbisogno di 600mila alloggi per garantire il diritto all’abitazione ai più deboli, evitando le migliaia di sfratti che spesso coinvolgono famiglie con minori o disabili (nel 2016 ci sono stati 61.718 sfratti, di cui quasi 55mila per morosità, con 35mila esecuzioni operate con la forza pubblica).

Eppure, terminata la lista di aiuti fiscali destinati ai proprietari, a conferma che la casa in Italia è considerata più una rendita che un pezzo di welfare, (aiuti che peraltro hanno aumentato la diseguaglianza tra chi è proprietario e chi non lo è), la politica ha cancellato il tema. Berlusconi ormai parla solo di flat tax. Renzi si concentra sui benefici del Jobs Act e sui diritti civili. Evidentemente quel richiamo a Fanfani che il giovane leader dem aveva indicato oggi è sbiadito. I 5 Stelle puntano sul reddito di cittadinanza. Così la “parola” casa resta nelle mani dei populisti di destra, che a ogni occasione utile lanciano lo slogan “le case agli italiani”, infrangendo tutte le convenzioni internazionali e i Trattati europei, che impongono parità di trattamento tra autoctoni e stranieri regolarmente residenti nel caso di un bene così importante per la sopravvivenza. Da aggiungere, poi, che nei manifesti della destra non compaiono proposte – neanche per i poveri italiani – per il recupero del patrimonio immobiliare abbandonato o per risanare il fenomeno delle occupazioni illegali, spesso gestite da clan malavitosi (su cui, perlatro, non si sentono proteste). Nei programmi elettorali delle forze politiche che, stando ai sondaggi, hanno più possibilità di andare al governo, non c’è traccia di questo argomento.

Nel programma di Liberi e Uguali c’è l’indicazione al diritto alla casa, con un riferimento al recupero delle case abbandonate, che oggi pesano sui bilanci delle banche. Gli unici che (meritoriamente) parlano esplicitamente di un piano di edilizia popolare sono i gruppi riuniti nella lista Potere al Popolo. Nel loro programma si parla di un sostanzioso investimento pubblico nelle case popolari, che, oltre a risolvere un pesante e perdurante problema sociale, farebbe da volano dell’economia, alla stregua delle grandi opere tanto propagandate a destra e a manca. Almeno una proposta c’è: peccato che sia di una lista che ad oggi non sembra riuscire a raggiungere la soglia del 3% necessaria ad entrare in Parlamento.

 


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