Partire dalla Resistenza

I media si occupano di scuola, tranne eventi eccezionali, all’inizio dell’anno scolastico e alla fine a ridosso dell’esame di maturità. Quello, che dovrebbe essere uno dei settori della società sotto costante osservazione, non riceve che sporadiche e superficiali attenzioni.
Da qualche anno, a causa dei terremoti che hanno mostrato la fragilità della stragrande maggioranza degli edifici scolastici e universitari, si ricordi a questo proposito quello che è successo all’Aquila, l’attenzione si è concentrata sulla sicurezza delle strutture, che secondo dati anche dello stesso MIUR sono solo in piccola parte rispondenti agli standard di sicurezza.
Si tratta di un problema importantissimo, che mette direttamente il dito nella piaga del patto di stabilità, per il quale Comuni e Province, responsabili degli edifici scolastici, non riescono a mettere in sicurezza quello che dovrebbe esserlo prioritariamente. Il conflitto tra pareggio di bilancio e la tutela della vita umana svela la natura cinica di un sistema fondato sull’interesse e la cura esclusivamente di profitti e rendite, che una ridistribuzione della ricchezza metterebbe ovviamente in discussione.
Sarebbe il momento di aprire vere e proprie vertenze territoriali su questo problema, che dovrebbe essere al centro dell’interesse di genitori, studenti e insegnanti, facendo scoppiare in modo diffuso contraddizioni che mettono oggettivamente in discussione uno dei più perversi atti imposti dall’Europa di MaastrichT.
Il governo e il MIUR danno su questo terreno assicurazioni più che generiche, siamo infatti lontani dalle fanfare, anzi fanfaronate renziane, che nelle prime dichiarazioni da presidente del Consiglio prometteva di mettere mano per prima cosa all’edilizia scolastica.
Su ciò che non si fa invece si mette la sordina, come la vera copertura delle cattedre disponibili, che specialmente al nord stanno causando disagi e ritardi nell’avvio dell’anno scolastico. Non parliamo del personale ATA, largamente insufficiente su tutto il territorio nazionale. Gli effetti della prima applicazione della 107 (buona scuola), lungi dall’essere seriamente verificati a partire dall’alternanza scuola lavoro, si fanno sentire e forse apriranno finalmente anche da parte degli studenti e studentesse una qualche reazione contro forme becere di sfruttamento e soprattutto contro la sottrazione di tempo scuola già fortemente ridotto. In questo clima la resistenza, che ha già prodotto un risultato positivo sulla chiamata diretta degli insegnanti, può essere alimentata anche da granelli inseriti in un ingranaggio tanto connotato e forte ideologicamente quanto fragile nell’applicazione e nella compatibilità costituzionale.

Loredana Fraleone
resp. Scuola Università Ricerca

091001scuola

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