4 dicembre. Ultimo appello per il No alla deforma. Intervista a Giovanni Russo Spena

4 dicembre. Ultimo appello per il No alla deforma. Intervista a Giovanni Russo Spena

Ci siamo. A brevissimo il “verdetto” sulla sentenza più attesa dall’Italia dal referendum del ’46…

Entriamo subito nel cuore di un evento epocale, con Giovanni Russo Spena, ex parlamentare, responsabile dipartimento giustizia direzione nazionale Prc.

Russo Spena, rispetto a democrazia e diritti cosa cambierà da lunedì nel Palazzo e di conseguenza nel Paese se vincesse il No? E se avesse la meglio il Sì?

Questo referendum ha una rilevanza storica. Non è affatto indifferente se vince il “Si” o il ”No”. Per motivi fondativi che parlano della nostra democrazia. Innanzitutto la controriforma Renzi / Boschi/ Verdini non è una “revisione”, ma un’altra Costituzione rispetto a quella costruita dai Partigiani nella Resistenza e scritta dalle madri e dai padri costituenti. Manca, quindi, a questo governo, che usa la “nuova” Costituzione come legittimazione plebiscitaria di Renzi (il Parlamento è ridiventato la mussoliniana “aula sorda e grigia”), come clava per spaccare il paese e consegnarlo, senza più contraddizioni normative, ai poteri finanziari europei e italiani. Questo è un primo aspetto di grave incostituzionalità. Vi è un eccesso, un abuso di potere. Ma vi è di più. La Costituzione renziana è un oltraggio allo stesso costituzionalismo, all’idea stessa di Costituzione. Le Costituzioni sono patti di convivenza. Servono a unire, non a dividere. Devono garantire tutti, maggioranze e minoranze.

La costituzione di Renzi è la Costituzione di una minoranza arrogante e pericolosa, che si crede onnipotente, rifiuta il confronto con le opposizioni ed il dissenso democratico, minacciando lo scioglimento delle Camere, alimentando il terrorismo economico del potere finanziario, negando la libera sovranità popolare con gli interventi dell’ intero potere politico globale. Renzi dice che viene superato il bicameralismo. Ma invece nasce un bicameralismo farlocco, imperfetto. Nasce, infatti, un Senato non eletto dai cittadini, come vuole il principio della sovranità popolare, ma dai consigli regionali rendendo costituzionali i maneggi e gli accordi tra le segreterie dei partiti per raggiungere l’equilibrio numerico e scegliere i nominativi che andranno a godere anche dell’immunità parlamentare.

Le Costituzioni fondano l’autorevolezza dei popoli anche su aspetti evocativi, simbolici (come la nostra Costituzione nata dalla Resistenza). Che effetto avrà, se dovesse vincere il “Si”, una Costituzione che nasce da un colpo di mano che ha umiliato il Parlamento, che diventerà luogo di mera ratifica delle decisioni assunte dal governo e protesi del potere finanziario? La nostra democrazia parlamentare viene trasformata in un sistema autocratico. I poteri politici sarebbero tutti concentrati nell’esecutivo (cioè nel “capo” assoluto). Peggio di un sistema presidenziale in cui il Parlamento ha poteri autonomi ed esistono bilanciamenti e controlli. Qui viene negato anche il sistema proporzionale (“una testa, un voto”), mentre la crisi italiana è proprio crisi di rappresentanza non di stabilità (che è fin troppa ). I comunisti sono monocameralisti. Io da presidente del gruppo del PRC ho presentato, a nome del partito, molti progetti di architettura istituzionale monocameralista. Ma il monocameralismo pretende il proporzionale, che rappresenta l’intero pluralismo politico, l’eguaglianza del voto, il ruolo delle minoranze. I comunisti hanno sempre avuto come concezione la “centralità del Parlamento”, concentrando in esso la rappresentanza della sovranità popolare e il controllo sull’attività del governo.

Nel tuo tour di campagna per il NO sei uno dei “testimonial” dei paladini della Costituzione in molte regioni. Quali testimonianze da parte delle soggettività locali e dei cittadini hai raccolto, ad esempio, in Campania, regione dove negli ultimi mesi il suo appello per il No è stato sicuramente battagliero e sistematico?

Stiamo tentando di costruire, in Campania, comitati popolari per il NO che vadano oltre l’aspetto di una riforma sbagliata ed autocratica. Abbiamo tentato di diffondere, a livello popolare, la convinzione che la controriforma è la stabilizzazione istituzionale di quello stesso potere che ha approvato le “leggi della mattanza sociale” contro disoccupati, giovani, pensionati, insegnanti, studenti, lavoratori, impiegati, ambiente, diritto all’abitare, ecc.

É diventato senso comune il fatto che la “clausola di supremazia”, contenuta nella controriforma, significa spazzare via i tantissimi comitati territoriali contro inceneritori, discariche, grandi opere pessime (TAV, Ponte sullo Stretto, ecc.).

Abbiamo impostato i comitati su una precisa analisi: la tendenza attuale è quella di contrastare la bancarotta delle élites con quella che Dahl chiama la “fuga dalla democrazia “. Democrazia e capitale, dentro la crisi della globalizzazione liberista, diventano sempre più contrapposti. Vi è un conflitto incessante tra la sovranità popolare e la potestà del capitale. La crisi tende ad imporsi come norma, come mercato assoluto. Impone verticalizzazione delle decisioni, rafforzamento degli esecutivi, svuotamento dei luoghi democratici. Il governo Renzi è allineato perfettamente, al di là di una tardiva pessima improvvisata demagogia, alle politiche liberiste europee, che si affidano anche all’autoritarismo emergenziale, allo ” Stato di eccezione “, che nega anche la protesta sociale.

E nelle altre regioni? Quali propendono più che altro per il Sì e quali per il No, se si può fare un sondaggio, ovviamente approssimativo?

Mi sembra, dalle tante assemblee, che nel Sud il NO sia molto più diffuso. Ciò è dovuto a più fattori: massima insopportabilità popolare per le politiche governative, colonialiste e predatrici, di rapina nei confronti del Sud; il malessere e le sofferenze del Sud acuiscono la critica (certo, non sempre limpida ed anticapitalista) al potere centrale; la difesa della sovranità popolare viene vista come essenziale per l’autodifesa. Poi il PD nel Sud è solo un insieme di feudi che tutelano interessi personali. Ho impressione che nel Nord il Si sia più diffuso per la diversa composizione sociale e per la differente distribuzione della ricchezza; per cui è più forte una parziale delega al potere liberista. E, forse, il PD ha ancora un’organizzazione in grado di supportare campagne di massa. Vi è, inoltre, una maggiore influenza dei mass media, (quasi) tutti spasmodicamente tesi a costruire la vittoria del Si.

Per soffermarci sulla questione delle presunte illegalità nella campagna referendaria. In Campania, da fonti media che riportano notizie di intercettazioni telefoniche, sembra siano state messe in atto dal governatore De Luca (su sollecitazione del premier) in combutta con alcune clientele locali, interventi mirati a promuovere un possibile voto di scambio a danno della esiti referendari. É un danno irreversibile. Come si potrebbe arginare la cosa in tempo, visto che andrebbe ad alterare gli exit poll? E quali azioni si possono mettere in campo per scongiurare i brogli nelle urne?

Ho sempre ritenuto, anche di fronte ai plebisciti deluchiani di Salerno, che De Luca sia il prodotto di una contemporaneità liberista e repressiva. É un uomo d’ordine razzista che utilizza, per fini politici, una spaventosa e pervasiva ramificazione clientelare. Il suo agire è certamente qualificabile, anche giuridicamente e processualmente, come “voto di scambio ”. La Commissione Antimafia e la Procura hanno il compito di indagare se i comportamenti ultra-clientelari sono anche configurabili come reato. Il dato nazionale più preoccupante è il pieno appoggio di Renzi a De Luca, dimostrazione della sua concezione della politica come mero supporto a se stesso “all’uomo solo al comando”. Non importa se il voto è mafioso, verdiniano o clientelare “basta che mi faccia vincere”, sembra dire Renzi.

Entrando nel merito della riforma, puoi farci un excursus, dalle origini ad oggi. Chi l’ha “ordita” in primis? Possiamo pensare a Napolitano quando nel 2013, in seguito alla famosa spedizione al Colle che gli chiese di rinnovare il suo incarico, pose le ben note condizioni di attuare le riforme in tempi brevi e di modificare la seconda parte della legge costituzionale. Così come poi è avvenuto per le riforme che hanno smantellato lo stato sociale e cosa sta per avvenire se passasse la riforma?

Napolitano ha responsabilità gravissime. Ricordo quello che ha scritto Salvatore Settis, che ho sempre condiviso. Napolitano, dando inopinatamente via libera a Renzi per scrivere una nuova Costituzione nonostante la sentenza della Corte Costituzionale numero 1 del 2014 che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum, è stato “orientato” dal rapporto stilato dalla J.P. Morgan il 28 maggio 2013, là dove indica nella “debolezza dei governi rispetto al Parlamento”e nelle “proteste contro ogni cambiamento” alcuni vizi congeniti del sistema italiano. “Le Costituzioni dei paesi della periferia meridionale, approvate dopo la caduta del fascismo, hanno caratteristiche non adatte al processo di integrazione economica perché risentono di una forte influenza socialista e sono ancora determinate dalla reazione alla caduta delle dittature. E’ auspicabile che tali Costituzioni vengano prontamente modificate”.

L’Italia è un test essenziale in tal senso. Settis giustamente ricorda che J. P. Morgan è la banca d’affari che sei mesi dopo questo rapporto dovette pagare una multa di 13 miliardi di dollari per aver venduto agli investitori prodotti finanziari pesantemente inquinati, contribuendo in modo determinante alla crisi finanziaria globale del 2008. Napolitano, dunque, ha queste fonti di ispirazione. La velocità delle decisioni, la snellezza, i costi sono solo chiacchiere, foglie di fico per fottere il “popolo bue”.

E dopo di lui gli organi garanti della Costituzione come la corte costituzionale perché non sono intervenuti a bocciare questa deforma anticostituzionale? Ci spieghi a cosa è dovuta l’impossibilità di farlo?

La Corte Costituzionale non ha un potere di controllo preventivo. Con il referendum costituzionale (senza quorum, ricordiamolo sempre) il potere è demandato al popolo. La Corte, dopo il nostro ricorso, già presentato sei mesi fa, interverrà sulla legge elettorale Italicum che presenta indubbi gravi vizi di incostituzionalità. Qualsiasi futura riforma della Costituzione che venisse ritenuta necessaria dopo la eventuale vittoria del NO, deve essere puntuale, precisa, limitata come previsto dall’art.138 della Costituzione.

E veramente entriamo nel merito della legge Boschi. Russo Spena, non pensi che è stata scritta “con i piedi”? Si va a modificare, con deroga, l’articolo 138 che contempla il procedimento di revisione costituzionale e si vanno anche a modificare i principi fondamentali. Inoltre in un unico referendum si aggregano riforme su articoli di aree di appartenenza diverse. Come si è arrivati a una sorta di maggioranza assoluta che ha permesso il referendum invece di bocciare la legge?

È, infatti, una grave anomalia costituzionale il quesito unico per materie disomogenee. É frutto di una agghiacciante incultura e tentativo di truffa elettorale. Facciamo fesso il popolo, nascondiamo i veri obiettivi della controriforma. Il quesito non è un titolo giuridico, ma solo uno spot elettorale. Abbiamo fatto ricorso, ma invano. Il potere, anche quello giudiziario, è compatto intorno a Renzi. É un vero e proprio blocco politico, che la vittoria del NO potrebbe iniziare a disarticolare.

Con l’esempio di corruzione eclatante della Campania sulla questione dei voti di scambio, non pare abbastanza chiaro che consiglieri regionali e sindaci, diventati anche senatori e quindi con l’immunità parlamentare, non sarebbero certo credibili come rappresentanti di tutti i cittadini, ma saranno solo garanti del loro personale tornaconto o del loro orticello politico?

Il Senato diventerebbe un Senato di “nominati”, un dopolavoro di consiglieri regionali e sindaci eletti per svolgere un’altra funzione. Né rappresenteranno gli interessi locali. Non si tratta, infatti, come in Germania di un Senato federale, ma di consiglieri locali eletti come rappresentanti “nazionali”. Che svolgono, tra l’altro, funzioni importanti nazionali ed internazionali pur senza votare la fiducia ai governi. Un pasticcio giuridico inverecondo. Spiegabile solo con la volontà del governo di avere la maggioranza assoluta dei “nominati” a sua disposizione. Lo Stato in ostaggio del sovversivismo dei ceti dominanti (Gramsci).

Non c’è più tempo per convincere gli indecisi fra il Sì e il No o gli astensionisti. Ma a poche ore dal voto, semmai fosse possibile un convincimento “last minute”, cosa ti senti di dire a questi cittadini per smontare il mantra renziano “velocità delle leggi, risparmio e cambiamento”?

Questo pericoloso sovvertimento dell’ordine costituzionale della nazione viene contrabbandato con mistificazioni ideologiche di tipo tecnico. In realtà si vogliono abbattere i valori fondanti della Costituzione che non è puramente liberale, ma ha forti tendenze “socialiste”, come si evince dagli articoli 1- 2 e 3 (soprattutto il secondo comma: “la Repubblica rimuove… ecc”), l’art. 36 sulla necessità di un salario, uno stipendio, una pensione dignitosa, ecc. Del resto, come può conciliarsi con il costituzionale “diritto al lavoro” il precariato organizzato, il lavoro “acquistato” con i voucher che i governi del centrosinistra (che esprimono Marchionne come proprio riferimento strutturale) hanno varato?

Se vincesse il No, secondo te, Renzi manterrà quello che ventila, ovvero si dimetterà e si andrà a elezioni? E a chi converrebbe in tal caso? Forse al Movimento 5 Stelle che ne avrebbe vantaggio nella corsa al governo? E se fosse modificata la legge elettorale, così come da ultimatum di Cuperlo per passare al Sì, quale scenario intravedi si prospetterebbe riguardo le prossime politiche?

Se vincesse il NO l’unica prospettiva democratica sarebbe la formazione di un governo istituzionale (non un governo tecnico, che sarebbe, in perfetta continuità ancor più un governo del potere finanziario) che vari, in 7 mesi, la nuova legge elettorale a forte propensione proporzionale e porti il paese al voto. Noi al tavolo istituzionale non vogliamo essere, pur se invitati per la nostra rappresentanza europea. Tenteremo di condizionare dall’esterno con le lotte, organizzando il conflitto. Dando proiezione e prosecuzione politica alla forza del ”NO sociale” che abbiamo organizzato nei territori. Penso che non dovremo sciogliere i tanti comitati. Essi saranno anzi rafforzati dalla vittoria del NO e dalle convulsioni politiciste che indubbiamente nasceranno all’interno delle élites politiche indebolite dal voto polare.

intervista di Alba Vastano

Fonte: La città futura

russo spena


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