Da chi viene (e a cosa serve) il “tesoro” di Renzi

Da chi viene (e a cosa serve) il “tesoro” di Renzi

di Dino Greco -
E bravo Renzi! Il sindaco di Firenze, taumaturgico guaritore degli italici mali, aspirante al radioso futuro di presidente del Consiglio, “rottamatore” della gerontocrazia che affolla i partiti e moralizzatore di una politica spendacciona e corrotta, ha ieri reso pubblici i nomi dei suoi finanziatori privati (con i relativi importi).
Lo ha fatto con plateale orgoglio: “L’elenco dei finanziatori del comitato per le primarie e della Fondazione BigBang è online. Un impegno che avevo preso e che ho mantenuto”. Poi ha aggiunto: “Spero che questo esempio sia seguito da altri, così abbiamo dimostrato che si può fare politica anche senza finanziamento pubblico ai partiti. Prima lo aboliamo, rispettando il referendum e dunque il volere dei cittadini, meglio è…”. E se ne capisce la ragione. Basta dare un’occhiata ai nomi e alla “caratura” economica dei personaggi che hanno versato a Renzi il proprio generoso ma, beninteso, privato obolo.
Tra i finanziatori, almeno tra quelli che hanno autorizzato la pubblicazione del proprio nome, ve ne sono diversi che fanno capire bene chi si fila l’enfant prodige della politica italiana.
C’è David Serra, bocconiano, finanziere d’assalto, già collaboratore di Morgan Stanley, fondatore, insieme al francese Erich Halet, di un hedge found (fondo speculativo). “Aria da bravo ragazzo e gergo anglofinanziario di rigore – raccontano Giorgio Dell’Arti e Massimo Parrini -, per lui il rialzo è upside, lo stipendio è la compensation, si punta su un titolo perché c’è high convinction. Il regalino suo e di sua moglie, Anna Barassi, è di 100mila euro. Poi troviamo l’imprenditore Guido Ghisolfi, vicepresidente del gruppo Mossi&Ghidolfi, artefice del più grande impianto al mondo di bioetanolo di seconda generazione a Crescentino (Vercelli) e ideatore dell’implementazione degli impianti di produzione di pet (la plastica delle bottiglie per acque minerali e soft drink). Si prosegue con Paolo Fresco, presidente della Fiat fino al gennaio del 2003 e oggi nel Consiglio d’amministrazione di Capitalia; fu lui a negoziare il famoso scambio con General Motors che portò nelle casse dell’azienda torinese due miliardi di dollari. Anche da lui, e dalla moglie Edmée Jacquelin, sono arrivati 25mila euro. Quindi c’è la Isvafim spa, società che fa capo ad Alfredo Romeo (lui ha donato 60mila euro), a buon titolo nel gotha degli immobiliaristi italiani: Consigliere di presidenza di Assoimmobiliare, Consigliere nazionale di Ifma (International facility management association), Consigliere nazionale Aici (Associazione nazionale consulenti immobiliari). Il gusto del lusso è una costante della sua vita: una villa a Posillipo, un eden a sei piani con giardino sulla spiaggia, prato inglese, piante grasse bordure fiorite. Tanto sulla spiaggia che nel 2008 l’antiabusivismo aprì un procedimento e sequestrò l’area. Sfogliando i nomi si trova anche Simon fiduciaria, (20 mila euro anche da lì) che vuol dire Grande Stevens, cospicuo beneficiario dello scudo fiscale con cui Berlusconi e Tremonti hanno “ripulito” i capitali esportati nei forzieri svizzeri. E ancora, Jacopo Mazzei, presidente della Cassa di risparmio di Firenze e azionista di Intesa Sanpaolo; e Renato Giallombardo, esperto in fusioni, ristrutturazioni, acquisizioni societarie, operazioni di private equity, join venture nazionali e internazionali (da loro, 10mila euro a testa).
Il totale dà la non disprezzabile cifra di 814mila euro.
Eccola qui la via maestra che ripulisce la politica dei suoi vizi, quella indicata da Grillo e che furoreggia da destra a sinistra. Il futuro radioso che è davanti a noi dice che la politica, ma anche l’informazione, saranno sempre più un privilegio dei ricchi i quali, come è noto, non fanno del filantropismo e sanno scegliere con chirurgica precisione i propri beneficiati. Come negli Stati Uniti, dove questa selezione censitaria è ampiamente collaudata, e dove la metà dei parlamentari che giungono a fine mandato diventano, ufficialmente, lobbisti delle potenti multinazionali che li hanno foraggiati e fatti eleggere anche prima.
Che esistano persone che possono diventare proprietari di partiti, giornali, televisioni, case editrici non provoca qui da noi significative reazioni. Tant’è che non si riesce a neppure a venire a capo del mastodontico conflitto di interessi che ammorba la nostra democrazia da un ventennio. La gente, e soprattutto i poveri cristi, sono nauseati dall’uso vergognoso che si è fatto delle risorse pubbliche, e a istinto vorrebbero lapidare chiunque si opponga alla cancellazione di qual si voglia forma di finanziamento pubblico. Come spesso accade, i guasti provocati dalla cancrena corruttiva vengono usati proprio da coloro che ne sono i responsabili per abbattere ogni forma di pluralismo e distruggere le condizioni che, pur nell’asimmetria delle forze in campo, possono rendere un pò meno impari la lotta politica.
L’egemonia delle classi dominanti si è spinta così avanti da riuscire anche in questo capolavoro: convincere i subalterni a privarsi dei mezzi per sottrarsi alla condizione di marginalità politica, oltre che di sfruttamento, che li mantiene sotto il giogo.
Renzi insiste nella sua crociata ed è felice di dimostrare che lui non mette le mani nelle tasche dei cittadini per fare politica. I soldi glie li danno i suoi amici, quelli di cui sopra. Avete capito perché?


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