Il Mediterraneo visto da Beirut

Il Mediterraneo visto da Beirut

di Francesco Piobbichi

Leggo da Beirut che ieri notte davanti le coste libiche sono disperse in mare 70 persone che si aggiungono alle 30 morte e disperse la settimana scorsa nel Canale di Sicilia, che si aggiungono alle altre 400 persone disperse nella tragedia di cui nessuno parla dell’imbarcazione partita dall’Egitto una decina di giorni fa. 500 persone nel giro di pochi giorni sono state inghiottite dal mare. I governi europei che hanno trasformato il mare Mediterraneo in una frontiera chiusa senza fornire alternative concrete a queste persone hanno una grande responsabilità rispetto a queste tragedie. Quello che mi fa rabbia in questo lavoro è constatare oggi, qui dal Libano quanto sia semplice evitare queste morti. Il 3 maggio se tutto va bene portiamo in Italia con un viaggio sicuro quasi 100 persone, di cui 40 sono minori e una trentina sono bambini. Saranno ospitate dalle strutture della Fcei e dalla comunità di Sant’Egidio senza nessun costo per lo Stato Italiano dato che il progetto è interamente finanziato da risorse private. Una goccia nel mare, ma è anche uno schiaffo all’indifferenza dell’Europa, ed è una dimostrazione che la società civile è migliore di chi ci governa. Di questo progetto molti stanno parlando, ma i governi europei di fatto stanno facendo l’opposto, costruiscono muri. L’Italia ha dato alla Turchia oltre 200 milioni di euro per chiudere la frontiera, ed i siriani ora cercheranno altre vie, forse ancora più rischiose. Con quei soldi ad esempio potevamo portare in sicurezza con un progetto come il nostro più di centomila persone. Se avessimo invece avuto l’intera cifra che paga l’Europa ad Erdogan (6 miliardi) allora avremmo potuto accogliere 3 milioni di persone.

Mi fa schifo parlare di numeri e soldi quando si parla di salvare vite, eppure sono costretto a farlo per rendere conto dell’enormità della cosa. Sia chiaro a tutti che chiudere una frontiera non vuol dire fermare il flusso, ma semplicemente spostare in avanti nel tempo la dinamica del fenomeno migratorio che si presenterà con una nuova rotta, magari più rischiosa. Lavorare per aprire un corridoio umanitario richiede per me accettare la logica dei compromessi anche con i governi come il nostro che, pur permettendo la sperimentazione del progetto, portano avanti scelte sbagliate come quella del processo di Kartoum e l’esternalizzazione delle frontiere in continuità con la politica dell’Europa.

Oggi i corridoi umanitari, che permettono ai soggetti vulnerabili di presentare richiesta di asilo in Italia senza rischiare la vita, non sono un semplice slogan ma una possibilità concreta di esercitare un’altra idea di gestione della frontiera e di società e rappresentano una risposta reale alle morti che avvengono nel mar Mediterraneo. Non abbattiamo le frontiere con i corridoi umanitari e chi lo pensa sbaglia, più modestamente diamo la possibilità di esercitare un diritto a chi scappa dalla guerra e dalle persecuzioni, ed una possibilità a chi fugge dalla miseria. Un diritto sancito da una Costituzione che amo e difendo anche per questo motivo.

dalla pagina facebook di Francesco Piobbichi

piobbichi1

disegni dalla frontiera


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