Roma non si vende, una piazza che non chiede ma è

di Claudio Ursella*

Nel clima surreale di questa campagna elettorale, in cui i candidati aumentano in relazione inversamente proporzionale all’interesse degli elettori, in cui la “trappola” per un candidato, non è la sconfitta ma l’elezione a sindaco, in cui tanti disorientati elettori di sinistra, attendono i comodi di un ex sindaco in cerca di rivalse e di un ceto politico in attesa di garanzie per il proprio “posto”, in questa campagna elettorale fatta di tatticismi, piccole mediazioni, manovre di corridoio, finalmente la città, quella vera, si è mostrata, con la concretezza delle migliaia e migliaia di cittadini, che sono scesi in piazza, non per sostenere un candidato o l’altro, ma per dire a tutti, “Roma non si vende”. Questo ha detto l’immenso corteo di ieri: non venderete il nostro patrimonio comune, i nostri sevizi, il nostro lavoro, le nostre case, le nostre vite e il nostro futuro, per pagare il vostro debito.

E una cosa deve essere chiara, questa piazza “non chiede alla politica di essere ascoltata”: questa piazza è la politica. E’ la politica perchè si misura con due temi generali che sono il fondamento di ogni scelta politica: quello dei luoghi di decisione, e quello del reperimento delle risorse necessarie ad attuare ogni possibile scelta politica.

A fronte di una crisi verticale delle istituzioni e della democrazia, in cui le prime sono ormai totalmente screditate da scandali e corruzione, incapacità e subalternità ai poteri forti della città, e la seconda è ormai negata dallo strapotere burocratico e poliziesco di Corte dei Conti e prefetti, questa piazza propone e pratica, la partecipazione attiva e il conflitto delle tante esperienze di autorganizzazione sociale, delle vertenze territoriali e di lavoro, della ricostruzione dei luoghi di decisionalità a partire da un municipalismo dal basso, di una nuova idea di democrazia che va oltre la rappresentanza, e pratica la partecipazione diretta.

A fronte di una politica ipocrita, che fa promesse elettorali che non potrà mai rispettare, per la subalternità ai vincolo di bilancio e al pagamento del debito, imposti dai vincoli nazionali ed europei, questa piazza rilancia un’idea della politica alta, che non è semplice amministrazione del presente, ma capacità di immaginare l’alternativa, liberando il futuro dal cappio usuraio di un debito, prodotto dalla speculazione e dal malaffare, e che serve ad espropriare la collettività della ricchezza sociale, per garantire gli interessi della finanza parassitaria e improduttiva.

Questa è la politica di cui ha bisogno Roma.

Siamo coscienti che la forza che hanno espresso le migliaia di cittadini scesi in piazza per dire “Roma non si vende”, ancora non è sufficiente a ribaltare la cupola mafiosa, burocratica e finanziaria che opprime la città. Ancora altre energie vanno stimolate e attivate.
C’è una parte della città significativa, che scettica e in parte rassegnata, spera che dal mondo della politica istituzionale ed elettorale, giunga una speranza di cambiamento, e affida ad un voto e ad un candidato le sue speranze.
C’è una parte della città, immensa, che dimenticata e delusa dalla politica istituzionale ed elettorale, ha rinunciato anche al semplice diritto alla delega e alla rappresentanza, e vive il suo malessere sociale e la sua rabbia, indirizzandola verso l’obbiettivo che di volta in volta i media di regime gli propongono: l’immigrato, il lavoratore pubblico “fannullone” e quanti, contro ogni ipocrita “principio di legalità”, si riappropriano del diritto ad una casa, ad uno spazio di socialità, del diritto sindacale a difendere il proprio reddito e il proprio lavoro.

E’ anche per parlare a questa parte della città, che il PRC, che è parte della piazza che ha gridato “Roma non si vende”, rivendica la necessità di dare un segnale forte, di rottura delle ipocrite liturgie della politica istituzionale e elettorale, portando nella stessa campagna elettorale, una proposta politica chiara di contestazione del debito della città di Roma. Questa è la nostra proposta: usare delle stesse istituzioni come terreno di conflitto, per dire che Roma non si vende, il debito va ricontrattato. Per questo stiamo lavorando ad una proposta politica, che si misura con il piano elettorale, ma guarda oltre la scadenza elettorale, per riaprire una stagione politica, in cui l’iniziativa dal basso di quanti ogni giorno praticano partecipazione e conflitto, contesti fin dentro le stesse istituzioni, le politiche di rigore, i vincoli di bilancio, il pagamento del debito, e l’ipocrita legalitarismo, di quanti sono parte del sistema di mafia e corruzione.

Non andiamo in piazza per raccattare qualche voto, nella presunzione di “rappresentare” quanti hanno dato prova di sapersi benissimo rappresentare da se. Siamo in piazza per essere parte di un processo di cambiamento radicale, che parli alla città intera, a quella già cosciente e determinata, a quella in attesa di una prospettiva, a quella rassegnata e sfiduciata, per dire tutti insieme: Roma non si vende, il vostra debito non lo paghiamo.

*Segretario Federazione Romana Prc-SE, pubblicato su Controlacrisi

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