In Senato iniziativa il 9 marzo sui cantieri navali di Palermo

di Frank Ferlisi -

L’iniziativa che si terrà nell’auletta del Senato a Roma il prossimo 9 marzo è la continuazione di quella realizzata dal Partito a Palermo il 10 novembre dello scorso anno che vide una notevole partecipazione di pubblico tra cui un considerevole numero di operai metalmeccanici e non solo di Fincantieri. S’intitolava <Palermo, i suoi cantieri navali, i suoi operai>. Si voleva dare forza alle lotte proclamate e dirette dalla Fiom contro la cassa integrazione che le altre sigle sindacali concedevano con eccessiva disinvoltura, richieste dall’azienda perché mancava il lavoro, una provocazione bella e buona giacché Fincantieri aveva, e ha, un portafoglio ordini pieno tanto è vero che persino i cantieri all’estero di proprietà dell’azienda erano tutti impegnati.

Le difficoltà di natura tecnica, in effetti, ci sono: due vecchi bacini di carenaggio sono abbandonati. Un nuovo bacino da 150.000 tonnellate è in costruzione mentre per un altro bacino da 80.000 tonnellate si aspetta la Regione Sicilia che ha tempi biblici per espletare le sue pratiche. In queste condizioni i cantieri di Palermo possono solo eseguire riparazioni. Il timore, giustificato, delle maestranze è che Fincantieri si voglia disimpegnare da Palermo. Esiste un Prusst (Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio) che prevedeva che la ex Manifattura tabacchi, che confina col cantiere, diventasse un albergo di lusso accanto al quale dovevano sorgere un casinò e un centro commerciale. Ovviamente la cosa non poteva funzionare in quanto un hotel a quattro stelle difficilmente confina con dei cantieri navali. O spariva il pruust, che, tra l’altro, avrebbe modificato profondamente il quartiere popolare attorno, sede anche di un mercato rionale, sia architettonicamente che socialmente spazzando via vecchie costruzioni e attività commerciali e artigianali; o spariva il cantiere, ormai l’unica grande unità produttiva rimasta nella provincia di Palermo dopo la chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, il drastico ridimensionamento dell’Italtel di Carini e, sempre a Carini, la trasformazione dello stabilimento dell’Ansaldo Breda, che non è andato all’Hitachi perché non interessata, in officina riparazione delle ferrovie.

Per fortuna, il sindaco Leoluca Orlando, nella cui giunta Rifondazione comunista svolge un ruolo importante con due assessori, ha cancellato il pruust. Non si tratta, però, solo di ribadire, con forza e determinazione, che l’azienda deve smettere di lesinare il lavoro a Palermo avendo un portafoglio ordini consistente e di ricorrere continuamente alla cassa integrazione, ma il fatto significativo è che dopo anni di ideologie devastanti che snocciolavano discorsi tipo, che hanno giustificato, a livello di opinione pubblica, il massacro e la devastazione delle grandi conquiste degli anni settanta, coinvolgendo nel disastro tutto il mondo del lavoro, fino alla rovinosa legge denominata “jobs act” con conseguente impoverimento materiale del lavoro dipendente, la frantumazione e dispersione della classe e conseguente sparizione della questione lavoro dall’agenda politica, Rifondazione comunista di Palermo, con il decisivo aiuto di due senatori palermitani che hanno aderito recentemente a Sinistra italiana, sia riuscita a portare la voce operaia dentro un’istituzione della Repubblica, il Senato appunto, dove potrà esprimere i propri bisogni, speranze, incertezze come, anche, la grande volontà di lottare per una vita dignitosa.

Credo che sul piano simbolico abbia un’importanza enorme e inoltre mette i senatori e deputati presenti di fronte alle loro responsabilità anche se, ormai da parecchio tempo, grazie anche ai sistemi elettorali che si sono susseguiti dal 1994 in poi, si sentano ormai del tutto svincolati rispetto a chi li vota e rispondano soltanto ai poteri forti del capitalismo finanziario e industriale.

Palermo, 25 febbraio 2016.

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