Non c’è pace nel cimitero Mediterraneo, intervenga l’Onu

Non c’è pace nel cimitero Mediterraneo, intervenga l’Onu

Agli oltre ultimi 400 morti secondo i superstiti, nell’ennesimo naufragio,l’Europa risponde voltando la testa. Ieri 25 europarlamentari, in gran parte del Gue–NGL, ma anche in altri schieramenti ma facenti parte della Commissione Libe, hanno inviato una giusta e dura lettera ai Commissari Avramopulous, Mogherini e Timmermans in cui si chiede la rapida istituzione di una “Mare nostrum europea” invece di affidarsi a Frontex, l’agenzia che deve soltanto blindare i confini europei e che riceve maggiori finanziamenti con cui organizzare rimpatri e non salvataggi. I mezzi della marina italiana che si prodigano a portare soccorso sono insufficienti rispetto all’urgenza. Si tratta di una questione che non deve essere affrontata come problema di frontiera ma di emergenza umanitaria mondiale. Prevale però l’egoismo europeo dei singoli stati, prevale anche in Italia la logica del non avere danni in casa. La strada che sta tentando di battere il governo italiano, supportato dai partner europei, è quella dell’esternalizzazione dei campi di accoglienza, o meglio dire detenzione, in paesi come l’Egitto, la Tunisia, i paesi del Sahel che non offrono però le necessarie garanzie per i profughi. È inammissibile  l’idea che la soluzione possa essere trovata, come suggerisce il “processo di Kartoum”, in una alleanza con alcuni regimi dittatoriali per impedire la fuga o il transito di profughi. Giunti a questo punto soltanto l’Onu, con una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza, possono provare a mettere in campo soluzioni in cui ogni Paese si assuma le proprie  responsabilità, definendo  corridoi umanitari concreti, percorsi di messa in sicurezza, tanto dei profughi che vengono in Europa che di quelli (sono la maggioranza) che restano nei paesi limitrofi al paese di provenienza. Nel Consiglio di Sicurezza siedono i rappresentanti di paesi come gli Usa, la Francia, la Gran Bretagna, che prima hanno contribuito con ogni mezzo a creare condizioni di guerra in gran parte dell’Africa e del vicino Oriente e poi si tengono alla larga dal volerne pagare le conseguenze. Ogni singolo Stato in condizione di garantire asilo deve predisposti per accogliere i risultati di una catastrofe umanitaria che non ha eguali dalla seconda guerra mondiale. Si tratterebbe di un segnale di inversione di tendenza, anche in materia di politica estera, che l’Italia e l’Europa, non possono e non vogliono praticare.

 

 


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