Fondo salva-status quo

Fondo salva-status quo

di Matteo Bortolon – il manifesto

Le inno­va­zioni lin­gui­sti­che sono spesso spie di pro­fondi rivol­gi­menti sul piano mate­riale. Così è stato quando fra 2011-12 l’imposizione dell’austerità ha visto una pro­li­fe­ra­zione di ter­mini tecnico-finanziari in una sorta di for­zoso corso di recu­pero per stu­denti un po’ lenti di capi­ta­li­smo finan­zia­rio: spread, bund, bond, rating, six pack, two pack, fiscal com­pact… com­pa­ri­vano anche delle sigle, poco com­pren­si­bili ai più, e piut­to­sto biz­zarre: EFSF (FESF per gli ita­liani…), EFSM, ESM. Que­sti ultimi sono stati bat­tez­zati astu­ta­menti fondi salva-stati. L’ultimo di essi, il Mec­ca­ni­smo euro­peo di Sta­bi­lità, torna a far par­lare di sé (essendo stato un po’ citato nel 2012 e quasi per nulla nel 2013).
Si tratta di orga­ni­smi creati nell’emergenza della crisi del debito sovrano 2011–2012 per sta­bi­liz­zare finan­zia­ria­mente la zona euro con pre­stiti di capi­tali agli Stati in dif­fi­coltà; i primi due erano orga­ni­smi tem­po­ra­nei, cui si sosti­tui­sce l’ultimo arri­vato (detto per sem­pli­cità MES) che pre­senta carat­te­ri­sti­che sostan­zial­mente simili. Con la dif­fe­renza che anzi­ché una società di diritto pri­vato è un vero e pro­prio ente inter­go­ver­na­tivo legit­ti­mato da un emen­da­mento al Trat­tato di fun­zio­na­mento dell’UE (art. 136). La strut­tura orga­niz­za­tiva ricorda molto il Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale. I soci sono gli Stati stessi dell’eurozona che hanno sot­to­scritto un capi­tale di 700 miliardi. Che per inciso sono gli stessi bene­fi­ciari poten­ziali. La noti­zia, annun­ziata dal diret­tore Klaus Reglin, è che a ini­zio di mag­gio i mem­bri hanno finito di ver­sare il capi­tale ini­ziale di 80 miliardi. Il resto verrà richie­sto alla biso­gna, pro­por­zio­nal­mente alla quote pos­se­dute (ovvia­mente la Ger­ma­nia fa la parte del leone).

Il primo inghippo con­si­ste nel fatto che i pre­stiti ai paesi in dif­fi­coltà saranno sot­to­po­sti ai soliti pro­grammi di aggiu­sta­mento eco­no­mico: tagli al sociale, pri­va­tiz­za­zioni, licen­zia­mento di dipen­denti pub­blici, ridu­zioni sala­riali, ecc. Vedendo il film della Gre­cia di oggi ed essendo la stessa regia, non dovreb­bero esservi molti dubbi in merito.
Più sot­tile la que­stione da dove ver­ranno i soldi. La legge di rati­fica pre­vede che per la parte restante di essi (l’Italia per esem­pio, uno dei mag­giori con­tri­bui­tori, ha ver­sato 14,3 miliardi ma la sua quota totale è di 125 mld) si pos­sano emet­tere titoli di stato. Creando altro debito insomma.

E non fini­sce qui. Per­ché è espli­ci­ta­mente pre­vi­sto all’art. 21 c.1 del trat­tato isti­tu­tivo che il MES «è auto­riz­zato ad inde­bi­tarsi sui mer­cati dei capi­tali con ban­che, isti­tu­zioni finan­zia­rie o altri sog­getti o isti­tu­zioni». Il capi­tale dato dagli Stati (con l’indebitamento) è solo la base che serve a get­tarsi in ope­ra­zioni finan­zia­rie per rac­cat­tare il con­tante da pre­stare agli Stati in difficoltà.

Le linee guida di tale pano­rama di inde­bi­ta­mento per­ma­nente sono abba­stanza defi­nite da capire che il rife­ri­mento prin­ci­pale resta il magico mondo dei capi­tali pri­vati. Se poi si con­si­dera che ban­che, isti­tu­zioni finan­ziari e simili sono nor­mal­mente i cre­di­tori degli Stati in dif­fi­coltà, e che nei cur­ri­cula delle figure chiave del MES com­pa­iono inca­ri­chi presso i più bla­so­nati sacrari della finanza (Hsbc, McKin­sey, JPMor­gan, Inter­Mo­ney…) il cer­chio si chiude. Il sistema, tas­sello della nuova gover­nance eco­no­mica euro­pea (accanto a Fiscal com­pact, Unione Mone­ta­ria, Unione Ban­ca­ria e rego­la­menti di bilan­cio) è sostan­zial­mente un modo di estra­zione di valore per tenere in vita i cir­cuiti della finan­zia­riz­za­zione sep­pel­lendo i «bene­fi­ciari» di mor­tali misure da free mar­ket. E meno male che lo chia­mano salva-stati…


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