Palestina: ricordando gli “accordi di Abramo”

di Mariella Valenti *

Come si ricorderà gli “Accordi di Abramo” hanno implicato le cosiddette “normalizzazioni dei rapporti” di Israele con Emirati Arabi Uniti, Bahrein, ed in seguito anche con il Marocco, stipulati con Washington il 13 agosto 2020.

La dichiarazione ha segnato la prima “normalizzazione dei rapporti” (ovvero l’inizio delle relazioni diplomatiche tra Paesi arabi e Israele) a distanza di molti anni da quella dell’Egitto del 1979 e della Giordania nel 1994. L’accordo con gli Emirati Arabi Uniti è stato ufficialmente intitolato “Accordo di pace degli accordi di Abramo: trattato di pace, relazioni diplomatiche e piena normalizzazione tra gli Emirati Arabi Uniti e lo Stato di Israele”.

L’annuncio ha sancito ufficialmente un rapporto che andava avanti da tempo. Una relazione cui aveva lavorato anche il Mossad, uno dei servizi segreti di Israele.

Ma non si tratta certo di accordi di pace.

Sconfitti dall’accordo i Palestinesi, vista questa sorta di spaccatura e di defezione di un Paese arabo del Golfo, trattandosi soltanto di un rafforzamento degli aspetti peggiori dello status quo regionale a favore dello “Stato ebraico”.

I Paesi che hanno normalizzato i loro rapporti con Israele, dopo anni di tensione, non lo hanno fatto perché si sono mostrati aperti e tolleranti. Lungi dall’essere una “ventata fresca” di pace, è la dimostrazione che Israele è riuscito a piegare anche loro.

Ma non dovremmo sorprenderci. Gli Stati Uniti fanno gli interessi di Israele, influenzati da sempre dalle lobby più potenti. L’amministrazione di Joe Biden porta avanti quegli interessi statunitensi che da sempre combaciano con gli interessi dello “Stato ebraico”, non è mai stato un mediatore neutrale e non lo sarà mai.

L’Europa ha abbandonato il suo teorico ruolo di “mediatrice neutrale” e sta tradendo i suoi principi di democrazia e rispetto della legalità internazionale. E anche qui in Italia, assistiamo alla crescita di movimenti della destra xenofoba, con conseguenze catastrofiche per i diritti civili e umani.  Non c’è quindi nessuna aspettativa per il “rispetto della legalità” di Paesi come gli Emirati Arabi Uniti, o il Marocco.

I loro interessi sono il commercio e stabilità, anche perché è diventato ovvio che dopo le cosidette “primavere arabe”, è molto più importante mantenere rapporti con gli Stati Uniti e con Israele, che avere rapporti con i Palestinesi.

Va ricordato che con la guerra contro l’Iraq del 2003, l’intero Medio Oriente è destabilizzato,  sia politicamente, sia economicamente, ed è in crisi. La “questione palestinese” è passata in secondo piano, ognuno ha i propri problemi e la divisione tra Sunniti e Sciiti è stata la strategia migliore per dividere, facilitando il dominio di Israele nella Regione.

La “politica” ha girato la testa dall’altra parte, ma le popolazioni e le città del mondo non hanno chiuso gli occhi e scendono nelle piazze per chiedere a gran voce la fine dell’occupazione e delle stragi a Gaza e nel resto della Palestina occupata.

La grande risorsa è la “meglio gioventù” palestinese, sia quella che ancora si trova in Palestina sotto un vero e proprio apartheid (come denunciato anche da Amnesty International), sia quella nata fuori dalla loro terra di origine a causa della Nakba e dell’impossibilità del ritorno, nonostante le varie risoluzioni ONU, mai accolte e messe in atto da Israele.

La “meglio gioventù” afferma con forza che le lotte per i Diritti Umani sono intersezionali e transnazionali, che gli Stati non potranno fermare la battaglia per un mondo giusto e che questi diritti li dobbiamo rivendicare insieme, come abbiamo sempre fatto e lo faremo anche in futuro fino a sconfiggere l’oppressione. Fino a quando l’ONU riuscirà a far applicare le risoluzioni basate sul Diritto Internazionale, per mettere fine all’occupazione dei territori palestinesi del 1967, che risolva la questione dei rifugiati e del diritto al ritorno, come sancito dall’ONU, nella risoluzione 194 del 1948.

Spetta a noi, alle forze democratiche e progressiste, fare pressione sui governi e partiti, negli Stati Uniti come in Europa, per il rispetto dei diritti umani e della legalità.

 

*Segreteria PRC-SE di Livorno