La Colombia alle elezioni presidenziali

di Marco Consolo –

Il prossimo 29 maggio si terranno le elezioni presidenziali in Colombia, che sono state precedute lo scorso 13 marzo da elezioni politiche (senza registrare una maggioranza definitiva) e da primarie presidenziali delle diverse coalizioni.

Il Pacto Histórico (Patto Storico), che riunisce le forze progressiste tra cui il Partito Comunista, è diventato la principale forza politica del Paese. Si tratta della coalizione a cui appartiene Gustavo Petro, il candidato presidenziale attualmente in testa nei sondaggi. Oltre a Petro, i candidati alla corsa presidenziale sono Sergio Fajardo della Coalición Centro Esperanza (centro), Federico Gutiérrez dell’Equipo por Colombia (destra uribista), Rodolfo Hernández (destra imprenditoriale e “anti-establishment”) e, senza grandi possibilità, Ingrid Betancourt, John Milton Rodríguez ed Enrique Gómez.

Nel bel mezzo di questo processo elettorale, il governo di Duque è intervenuto tacitamente e in violazione della Costituzione, contestando apertamente Gustavo Petro e Francia Márquez (la sua candidata a  vice-presidente), su questioni come la transizione energetica, il commercio estero, la sicurezza sociale, etc. Parallelamente, il comandante in capo dell’esercito, il generale Eduardo Zapateiro, lo ha criticato sulle “reti  sociali”, violando apertamente la Costituzione e il Codice penale colombiano, che vieta l’intervento in politica da parte dei funzionari pubblici. Si tratta dello stesso personaggio che, tra l’altro, aveva espresso pubblicamente le condoglianze per la morte del sicario narco-trafficante “Popeye”, al secolo Jhon Jairo Velàsquez, luogotenente di Pablo Escobar.

E i sondaggi  ?

Quasi tutti i sondaggi effettuati negli ultimi giorni concordano nel dare un ampio vantaggio a Gustavo Petro, con percentuali che variano tra il 40% e il 62%. Dopo di lui Federico Gutiérrez, con un appoggio che oscilla tra il 18% e il 34%. Segue Rodolfo Hernández, la grande sorpresa, con una variazione tra il 12% e il 20%, e poi Sergio Fajardo, che ha perso terreno nelle ultime settimane, con percentuali tra il 7% e il 10%. Petro potrebbe vincere le elezioni al primo turno, ma c’è la possibilità di un ballottaggio il 19 giugno. Per vincere domenica 29 maggio, il candidato del Patto Storico dovrà ottenere la maggioranza assoluta, cioè la metà più uno dei voti, ovvero circa 11 milioni di voti, obiettivo difficile, ma non impossibile.

Quattro anni fa, da candidato, Petro ottenne 4,8 milioni di suffragi al primo turno e 8 milioni al secondo turno. Nella consultazione delle primarie presidenziali del 13 marzo 2022, il Patto Storico ha ottenuto 5.584.758 voti. Vale la pena notare che Gustavo Petro ha ottenuto l’85% di questi voti (4.495.831), mentre Francia Márquez 785.215, battendo tutti i candidati delle altre coalizioni, tranne Gutiérrez.

In vista del possibile secondo turno, la strategia della destra consiste nel costruire una narrazione di “tutti contro Petro”, cercando di capitalizzare i timori di nazionalizzazioni, gli attacchi alla proprietà privata e un massiccio deflusso di capitali e investimenti esteri in caso di vittoria di Petro. È lo stesso copione che altri settori della destra continentale  hanno costruito per le elezioni in America Latina, con in prima fila lo spauracchio del pericolo “castro-chavista”.

Una violenza senza fine ?

E’ sotto gli occhi di tutti il fallimento della politica di “sicurezza democratica” dell’ex-presidente Alvaro Uribe e la inconsistente attuazione degli accordi di pace tra il governo e la ex-guerriglia delle FARC-EP, con una lunga scia di omicidi impuniti tra gli ex-guerriglieri firmatari degli accordi. Anche sull’assassinio del cooperante italiano dell’ONU, Mario Paciolla,  è sceso un interessato velo di silenzio governativo ed il governo colombiano è impegnato da tempo in un’operazione di marketing internazionale per ripulirsi la faccia come “democrazia liberale”, nascondendo sotto il tappeto la complicità delle classi dominanti con il paramilitarismo ed il narco-traffico. Ed anche il governo italiano ha fatto orecchie da mercante, ignorando olimpicamente le centinaia di denunce per violazioni dei diritti umani da parte del governo e delle “forze dell’ordine”. L’Italia fa affari con la Colombia, “socio globale” della NATO dal 2018 e ciò aiuta a chiudere occhi ed orecchie….

Ma la realtà ha la testa dura ed il Paese è purtroppo tornato ai livelli di violenza che esistevano prima della firma degli accordi di pace, con un aumento drammatico degli omicidi di leader sociali e dei massacri. Il recente “sciopero armato” del cartello del narcotraffico conosciuto come “Clan del Golfo” è la prova del rafforzamento dei gruppi paramilitari e armati illegali in Colombia. Questi aspetti, insieme alle minacce di morte a poche ore dalle elezioni contro Gustavo Petro e Francia Marquez (i candidati con le maggiori possibilità di vittoria), sono inquietanti. Soprattutto, se si tiene conto che, nel passato, sono stati assassinati diversi candidati progressisti alla presidenza, primo fra tutti il caudillo liberale Jorge Eliécer Gaitán, figura scomoda per le classi dominanti colombiane.

Per arrivare a questo possibile ribaltamento politico, il movimento popolare colombiano ha dovuto quindi affrontare violenza e persecuzioni, oltre alla necessità di ricostruzione dei movimenti politici e sociali decimati dalla repressione, con un saldo tragico di omicidi impuniti tra cui i circa 80 della rivolta sociale dell’anno scorso.

Fatti salvi i probabili brogli, l’acquisto dei voti e la strategia del terrore affinchè la gente non vada a votare, si tratta di un’occasione storica: per la prima volta da decenni una forza politica progressista e democratica ha la possibilità concreta di vincere la presidenza colombiana. La posta in gioco è alta, con la continuità o meno dei governi marcatamente neoliberali che si sono alternati al governo da decenni.

Riuscirà la Colombia a rompere i suoi cento anni di solitudine ?