La questione israeliana

Micòl Savia*

A Ginevra, così come in altre sedi delle Nazioni Unite, il lavoro sulla Palestina è incessante. I rapporti che le varie agenzie, le commissioni d’investigazione e gli esperti indipendenti presentano al Consiglio dei Diritti Umani dipingono una situazione sempre più drammatica, e per molti versi irreversibile. Le gravi e sistematiche violazioni del diritto internazionale da parte di Israele sono ampiamente documentate, così come è ampiamente documentato il terribile impatto in termini di sofferenza umana di tali violazioni.

Israele non coopera in alcun modo con le Nazioni Unite, mostrando sprezzo totale sia per le più elementari norme di convivenza pacifica che per le istituzioni collettive incaricate di farle rispettare.

In tale contesto, la reazione della comunità internazionale dovrebbe essere unanime e risoluta. Ma purtroppo non è così.

Da quando è stato creato, lo stato di Israele si è macchiato di alcuni tra i più gravi crimini previsti dal diritto internazionale. Ciononostante, a parte qualche timida e sporadica condanna, niente ha mai scalfito la sua posizione di alleato strategico dei paesi occidentali in Medio Oriente. Al contrario, la cooperazione militare, economica e scientifica con lo Stato Ebraico si è continuamente rafforzata.

Non solo Israele non è mai stato perseguito né sanzionato per i crimini commessi, ma ci sono addirittura degli stati che dispiegano importanti mezzi per ‘ripulirne’ l’immagine pubblica e per proteggerlo da censure e responsabilità di qualsiasi tipo.

Forte di tale impunità, Israele diventa sempre più sfacciato e pericoloso. Ricapitolando:

Invasione ed occupazione

Da oltre 50 anni Israele occupa illegalmente la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, Gerusalemme Est ed il Golan siriano, territori conquistati con l’uso della forza durante la famigerata Guerra dei Sei Giorni. Sono centinaia le risoluzioni delle Nazioni Unite che gli intimano di ritirarsi, a cominciare dalle risoluzioni 242 (1967) e 338 (1973) del Consiglio di Sicurezza.

L’invasione militare e l’occupazione – così come l’annessione – sono atti di aggressione categoricamente proibiti dal diritto internazionale.1

Il divieto di acquisizione di un territorio con la forza e il diritto dei popoli all’autodeterminazione sono principi cardine del diritto internazionale, non ammettono deroghe né eccezioni (jus cogens).

La violazione di tali principi – il cui rispetto è universalmente considerato essenziale per la protezione dell’interesse collettivo – integra gli estremi di un atto illecito internazionale e crea obblighi specifici in capo a diversi soggetti: lo stato aggressore deve porre immediatamente fine alla condotta illecita, risarcire tutti i danni ed offrire adeguate garanzie di non ripetizione; gli stati terzi sono obbligati a cooperare per mettere fine alla violazione, non possono in alcun modo riconoscere i risultati della violazione come legittimi né prestare alcun tipo di aiuto o assistenza nel mantenimento della stessa.2

Occupazione ed annessione sono atti di tale gravità che rilevano anche dal punto di vista del diritto penale internazionale. La guerra di conquista è catalogata come crimine contro la pace fin dai tempi del processo di Norimberga. Inoltre, nel 2010, l’Assemblea degli Stati Parte allo Statuto di Roma ha adottato per consenso un emendamento volto ad estendere la giurisdizione della Corte Penale Internazionale anche ai crimini di aggressione tra cui figurano, al primo posto della lista: invasione, occupazione, annessione, bombardamenti e blocco di porti e coste (art. 8 bis Statuto di Roma).3

Annessione

In totale spregio al diritto internazionale ed alle ripetute richieste dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza, Israele non solo non si è mai ritirato ma a poco a poco ha cominciato ad annettersi tutto il territorio illegalmente acquisito. Nel 1980 si sono di fatto definitivamente annessi Gerusalemme Est, nel 1981 il Golan siriano.4 Adesso è arrivato il turno della Cisgiordania.

In assenza di adeguati disincentivi, Israele consolida le sue conquiste, istituzionalizza i suoi crimini e continua indisturbato ad espandersi in nome di un ‘diritto all’autodeterminazione’ di natura biblica che, ovviamente, non ha alcun riconoscimento nel diritto internazionale moderno.

In ogni caso, come ha avuto modo di sottolineare anche la Corte Internazionale di Giustizia,5 le decisioni unilaterali con cui Israele decide di imporre le proprie leggi e la propria giurisdizione nei territori palestinesi non possono in alcun modo cambiare lo status giuridico di quei territori, che sono e restano Territori Occupati in cui Israele si trova come Potenza Occupante

Crimini di guerra

In quanto Potenza Occupante, nei territori occupati Israele è tenuto a rispettare le norme del diritto internazionale umanitario ed in particolare quelle stabilite dalle Convenzioni di Ginevra a protezione di tutti coloro che, in caso di conflitto, per una ragione o per l’altra, si ritrovano “nelle mani” del nemico e sono, pertanto, particolarmente vulnerabili: i feriti, i prigionieri di guerra e la popolazione civile dei territori occupati.

Tali norme, fondate su “elementari considerazioni di umanità”, sono descritte dalla Corte Internazionale di Giustizia come “intransgressibili” in natura.6

Fin dall’inizio dell’Occupazione, Israele ha ripetutamente e sistematicamente violato le previsioni della Quarta Convenzione di Ginevra, relativa alla protezione dei civili. E lo ha fatto alla luce del sole, sottoponendo la popolazione civile siriana e palestinese ad ogni tipo di vessazione: detenzioni arbitrarie, esecuzioni extragiudiziali, attacchi militari indiscriminati, privazione dei mezzi di sostentamento, costruzione di insediamenti illegali, trasferimento di popolazione, demolizione di case, punizioni collettive, trattamenti crudeli e disumani, etc.

Tutte le gravi violazioni della IV Convenzione di Ginevra sono crimini di guerra ed in quanto tali devono essere giudicati non solo dalla Corte Penale Internazionale (art. 8 Statuto di Roma) ma dai tribunali di tutto il mondo.

Le Alte Parti Contraenti delle Convenzioni di Ginevra – tra cui l’Italia – sono tenute infatti non solo a rispettare ma anche a fare rispettare le Convenzioni in ogni circostanza, è il c.d. “duty to ensure respect” stabilito dal comune art. 1. A tal fine gli stati devono, inter alia, adottare la legislazione necessaria per consentire ai propri tribunali di perseguire e giudicare le persone accusate di aver commesso, o dato l’ordine di commettere, una qualsiasi grave violazione della IV Convenzione, a prescindere dalla loro nazionalità (art. 146).

La mancata introduzione della giurisdizione universale per i crimini di guerra è un grave inadempimento del diritto internazionale di cui gli stati devono essere chiamati a rispondere.

Apartheid

Come ben argomentato anche da un recente rapporto pubblicato dalla Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite per l’Asia Occidentale (ESCWA), alla luce delle prove esistenti, risulta provato “al di là di ogni ragionevole dubbio” che Israele sia colpevole di applicare un regime di apartheid contro la popolazione palestinese.7

L’apartheid, così come definito dalla Convenzione Internazionale per la soppressione e la punizione del crimine di apartheid, è un crimine contro l’umanità. Il diritto internazionale non solo lo vieta, ma obbliga tutti gli stati a adottare le misure necessarie per combatterlo ovunque sia commesso e a punirne i responsabili. Anche per questo crimine gli stati devono introdurre la giurisdizione universale nei loro ordinamenti interni.

Violazioni massive e sistematiche dei diritti umani

Israele è parte di quasi tutti i principali trattati internazionali in materia di diritti umani ed è, pertanto, obbligato a garantire la promozione e protezione dei diritti fondamentali di tutte le persone sottoposte al suo “effettivo controllo”, inclusa ovviamente la popolazione palestinese. Inutile dire che le autorità israeliane violano in forma massiva e sistematica tutti i diritti umani – civili, politici, economici, sociali e culturali – di tutti i palestinesi e le palestinesi.

Israele, con il suo caratteristico atteggiamento di sfida e disprezzo, non ha mai implementato alcuna delle innumerevoli raccomandazioni che gli sono state fatte dal Consiglio dei Diritti Umani e non coopera con nessuno dei suoi meccanismi. Lo stesso Relatore Speciale incaricato di monitorare la situazione nei territori occupati non è mai stato autorizzato ad entrarci; anzi, una volta, dopo essere atterrato a Tel Aviv in visita ufficiale, è stato addirittura arrestato e deportato.

La questione israeliana

In tale contesto giuridico, la posizione di quei paesi che, come l’Italia, continuano ad invocare una soluzione negoziata tra le parti per risolvere ciò che definiscono ‘questione israelo- palestinese’ è, a mio avviso, del tutto deprecabile e va fermamente respinta.

È come se qualcuno irrompesse in casa tua, ti picchiasse, ti umiliasse, uccidesse tua nonna, ti svuotasse il frigo e si installasse nel tuo soggiorno, e quando tu chiami la polizia questa ti dicesse di metterti d’accordo con i malviventi e trovare una soluzione che vada bene per tutti.

Ristabilire lo Stato di Diritto è una responsabilità collettiva. Le persistenti, gravi e sistematiche violazioni del diritto internazionale da parte di Israele non solo provocano grande sofferenza al popolo palestinese ma mettono a repentaglio l’intero sistema di sicurezza collettivo che ci siamo dati. Consentire ad Israele, così come a qualsiasi altro stato, di continuare a violare le più elementari norme di convivenza pacifica senza pagarne mai alcuna conseguenza negativa crea un pericoloso precedente, che rischia di indebolire in generale il rispetto per il diritto e le istituzioni collettive.

Aggressione, apartheid, negazione del diritto all’autodeterminazione dei popoli, sono violazioni di norme perentorie del diritto internazionale che, come ha dichiarato la Corte Internazionale di Giustizia, “scioccano la coscienza dell’umanità”. 8 I crimini commessi da Israele sono così gravi da imporre comportamenti attivi all’intera comunità internazionale. I palestinesi sono una categoria di persone internazionalmente protette.

Non è una questione israelo-palestinese. L’uso di questa terminologia è volutamente fuorviante, i governanti vi ricorrono nel chiaro intento di eludere le loro responsabilità.

L’Italia, come più in generale l’Unione Europea, continua a mantenere una posizione ‘ambigua’ nei confronti di Israele: condanna gli insediamenti nei territori palestinesi come illegali ma commercia con essi, condanna le aggressioni militari ma traffica in armi con l’aggressore, e così via dicendo. Tale atteggiamento non solo è ipocrita ma è illegale e di fatto favorisce la perpetuazione dei crimini israeliani.

Manca la volontà politica – e forse anche il coraggio – di affrontare ‘la questione israeliana’. Israele è uno stato potente e senza scrupoli, che risponde aggressivamente a qualsiasi azione che percepisca come minaccia al progetto sionista di creare uno stato ebraico nella ‘Terra Promessa’. Chiunque osi criticare le sue politiche illegali viene immediatamente tacciato, come minimo, di antisemitismo – accusa vile e altamente stigmatizzante.

L’ONU

L’ONU è l’unica istituzione che ha l’autorità e le competenze per ristabilire lo Stato di Diritto e mettere così le basi per una soluzione giusta e pacifica alla tragica situazione che, peraltro, ha largamente contribuito a creare.9

Come ha più volte ribadito l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, le attività di Israele rappresentano una “seria e crescente minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali”. Di fronte a tale minaccia, il Consiglio di Sicurezza deve assumersi le proprie responsabilità. Garantire il rispetto da parte degli stati delle norme di convivenza pacifica è la sua unica ragione di essere.

Finora il Consiglio di Sicurezza si è limitato a deplorare le gravi violazioni di Israele, intimandogli di mettervi fine. Il Consiglio ha anche più volte ribadito la propria determinazione ad esaminare “modalità e mezzi pratici” per garantire piena attuazione alle proprie decisioni. Nonostante varie sollecitazioni, il Consiglio non ha tuttavia ancora lanciato ad Israele alcun serio avvertimento.

In caso di atti di aggressione come quelli perpetrati da Israele, la Carta delle Nazioni Unite stabilisce che il Consiglio di Sicurezza possa raccomandare l’adozione di tutta una serie di misure volte a ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Tali misure includono l’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, radio ed altre, la rottura delle relazioni diplomatiche (art. 41) e, in casi estremi, l’uso della forza armata (art. 42).

Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe quantomeno applicare un regime di sanzioni economiche contro Israele, che poi è quello che normalmente fanno contro paesi che si sono resi responsabili di violazioni molto meno gravi e sistematiche di quelle israeliane. Un’eventuale decisione in tal senso sarebbe senz’altro opposta dagli Stati Uniti, e probabilmente anche da altri paesi. È comunque necessario fare pressioni affinché le istituzioni collettive compiano con il mandato che gli abbiamo affidato più di 75 anni fa.

Le Nazioni Unite hanno faticato ad intervenire anche contro il regime di apartheid in Sudafrica, in quanto anche il governo sudafricano dell’epoca poteva contare sull’appoggio di potenti alleati – primi fra tutti Francia e Gran Bretagna. Però alla fine, sull’onda della crescente pressione internazionale, l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza sono intervenuti in maniera contundente, contribuendo così a mettere fine alla barbarie dell’apartheid sudafricano. Questi i momenti salienti dell’intervento dell’ONU: 10

  • Aprile 1960. Nella sua prima azione sul Sudafrica – occasionata dal massacro di Sharpeville – il Consiglio di Sicurezza ha deplorato le politiche di apartheid e discriminazione razziale applicate dal governo sudafricano e gli ha chiesto di abbandonarle. 11
  • Novembre 1962. L’Assemblea Generale ha chiesto a tutti gli stati membri delle Nazioni Unite di interrompere le relazioni diplomatiche e gli scambi commerciali – in particolare l’esportazione di armi – con il Sudafrica e di negare il passaggio nei loro territori a navi ed aerei sudafricani. Con la stessa risoluzione, l’AG ha istituito il Comitato Speciale delle Nazioni Unite contro l’Apartheid e chiesto al Consiglio di Sicurezza di adottare sanzioni economiche contro il Sudafrica.12 Tutti i paesi occidentali si sono opposti alla richiesta di sanzioni ed hanno boicottato il Comitato.
  • Agosto 1963. Il Consiglio di Sicurezza ha invitato tutti gli stati membri delle Nazioni Unite ad interrompere la vendita ed il trasporto di armi, munizioni e veicoli militari al Sudafrica13
  • Novembre 1963. L’Assemblea Generale ha esortato tutti gli stati – separatamente e collettivamente – ad astenersi dal fornire petrolio al Sudafrica. È stato questo il primo di molti sforzi dell’ONU per adottare sanzioni petrolifere contro l’apartheid.
  • Dicembre 1968. L’Assemblea Generale ha chiesto a tutti gli Stati e le organizzazioni “di sospendere gli scambi culturali, educativi, sportivi e di altro tipo con il regime razzista e con le organizzazioni o istituzioni del Sudafrica che praticano l’apartheid”. 14
  • Novembre 1974. L’Assemblea Generale ha sospeso il Sudafrica dalla partecipazione ai suoi lavori.
  • Novembre 1977. Il Consiglio di Sicurezza, con decisione presa all’unanimità, ha proibito ogni trasferimento di armi, munizioni e veicoli militari al Sudafrica.15
  • Dicembre 1989. L’Assemblea Generale ha adottato per consenso la “Dichiarazione sull’Apartheid e le sue devastanti conseguenze nell’Africa del Sud”, chiedendo l’apertura di negoziati per porre fine a tale regime e instaurare una democrazia non razziale16
  • 3 ottobre 1994. Il primo presidente democraticamente eletto del Sudafrica, Nelson Mandela, si è rivolto all’Assemblea Generale.17

BDS

n attesa che la Giustizia faccia il suo corso, il popolo palestinese agonizza e noi rimaniamo in balia della Legge della Giungla che cercano di imporci Israele ed i suoi alleati. È urgente incrementare la pressione popolare, a livello nazionale ed internazionale, affinché i governi e le Nazioni Unite adempiano alle loro obbligazioni e mettano fine alla più lunga occupazione belligerante della storia moderna.

Come ha ripetuto più volte Richard Falk, professore emerito di diritto internazionale a Princeton ed ex Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani dei Territori Palestinesi Occupati, nell’attuale contesto politico internazionale, “solo un movimento militante di solidarietà globale che eserciti una pressione sostanziale su Israele può realisticamente sperare di cambiare l’equilibrio di forze in modo da determinare un futuro di pace per palestinesi ed israeliani”. Per questo in varie occasioni il Relatore ha sollecitato aziende commerciali e società civile a aderire alla campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni nei confronti di Israele (BDS), così come ad altre forme di resistenza non violenta.18

Anche l’ESCWA, nel citato rapporto sull’apartheid, ha sottolineato che “si dovrebbero fare sforzi per ampliare il sostegno alle iniziative di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni tra gli attori della società civile”.

Il movimento BDS si è finora dimostrato come uno degli strumenti più efficaci della resistenza palestinese nella sua lotta per l’autodeterminazione e l’indipendenza, come dimostrano anche gli sforzi frenetici e disperati di Israele per neutralizzarlo.

È una campagna lanciata dalla società civile palestinese: 19 ben organizzata, legittima e necessaria. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, e lo farà, è importante appoggiarla. Può essere che, come auspica il Prof. Falk, “se il BDS continuerà a guadagnare terreno in tutto il mondo, e soprattutto in Occidente, rafforzerà la volontà dei governi di fare la cosa giusta”.20

1 Nel 1974, dopo lunghi anni di negoziazioni intergovernative, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha finalmente trovato un accordo sulla Definizione di Aggressione (A/RES/3314). Al primo posto della lista degli atti proibiti ci sono invasione, occupazione ed annessione – la cui inclusione non è mai stata messa in discussione da nessuno. Tale definizione è stata codificata soprattutto per servire da guida al Consiglio di Sicurezza nel determinare l’esistenza di minacce alla pace e alla sicurezza internazionale. La Corte Internazionale di Giustizia l’ha usata in diverse occasioni per stabilire l’uso illegale della forza. Per maggiori informazioni vedi: https://legal.un.org/avl/ha/da/da.html

2 Cfr. Articoli sulla Responsabilità degli Stati per gli atti Illeciti a livello internazionale, https://legal.un.org/ilc/texts/instruments/english/draft_articles/9_6_2001.pdf (la responsabilità dell’autore dell’atto illecito è regolata dagli artt. 28 e ss., quella degli stati terzi dagli artt. 40 e 41). Gli articoli sulla responsabilità degli stati sono stati pubblicati dall’International Law Commission nel 2001, e successivamente sono stati raccomandati in più occasioni dall’Assemblea Generale all’attenzione degli stati. Si considerano generalmente come adottati ad referendum. Sono stati infatti ampiamente approvati ed applicati nella pratica, anche dalla Corte Internazionale di Giustizia. Per maggiori informazioni vedi: https://legal.un.org/avl/ha/rsiwa/rsiwa.html.

3 La giurisdizione della Corte Penale sui crimini di aggressione è stata attivata il 17 luglio 2018 con una decisione consensuale dell’Assemblea delle Parti (ICC-ASP/16/Res.5). Fino ad oggi, tuttavia, solo 39 paesi hanno accettato la giurisdizione della Corte in tale materia. Tra di essi non c’è l’Italia. Cfr. https://treaties.un.org/pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=XVIII-10-b&chapter=18&clang=_en

4 Nel 1980, quando la Knesset ha adottato la ‘Basic Law: Jerusalem, Capital of Israel’, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha subito reagito deplorando la decisione e dichiarandola “nulla e priva di effetti” ed ha chiesto a tutti gli stati di ritirare le loro missioni diplomatiche dalla città (vedi risoluzioni 476 e 478). Nel 1981, quando il parlamento israeliano ha adottato la ‘Golan Heights Law’, annettendosi di fatto il Golan siriano, il Consiglio di Sicurezza ha dichiarato la decisione “nulla e priva di effetti” intimando ad Israele di revocarla (risoluzione 497).

5 Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, Advisory Opinion of the International Court of Justice (ICJ), 2004.

6 Cfr. ICJ, Nuclear Weapons Advisory Opinion [para. 79]

7 La pubblicazione di tale rapporto, di cui vi consiglio vivamente la lettura, ha scatenato un vero e proprio terremoto diplomatico. La pressione politica è stata tale che il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha ordinato di ritirare il documento dalla pagina web dell’ONU. Rima Khalaf, la Segretaria esecutiva dell’ESCWA, ha preferito dimettersi “piuttosto che cedere alle pressioni e sopprimere le prove di un crimine contro l’umanità in corso”. Qui potete leggere l’intervento che ho fatto su questa brutta vicenda al Consiglio dei Diritti Umani in nome dell’Associazione Internazionale dei Giuristi Democratici.

8 Reservations to the Convention on the Prevention and Punishment of Genocide, Advisory Opinion, I.C.J. Reports 1951, p. 15

9 Com’è noto, infatti, il 29 novembre 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – allora composta da 56 membri – ha deciso di spartire la Palestina sotto mandato britannico in due parti, mettendo le basi per la creazione di uno stato ebraico in territorio arabo. Cfr. A/RES/181(II) https://undocs.org/A/RES/181(II)

10 The United Nations — Partner in the Struggle Against Apartheid https://www.un.org/en/events/mandeladay/un_against_apartheid.shtml

11 Cfr. risoluzione 134, adottata con 9 voti a favore, 0 contrari e 2 astenuti: Francia e Gran Bretagna.

12 Cfr. risoluzione 1761

13 Cfr. risoluzione 181, adottata con 9 voti a favore, 0 contrari e due astenuti: Francia e Gran Bretagna.

14 https://undocs.org/en/A/RES/2396(XXIII)

15 https://undocs.org/en/S/RES/418%20(1977).

16 (Resolution A/RES/S-16/1).

17 Cfr. Address by President Nelson Mandela of South Africa to the 49th session of the General Assembly of the United Nations http://db.nelsonmandela.org/speeches/pub_view.asp?pEg=item&ItemID=NMS204&txtstr=united%20nations

18 Cfr. https://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=14578

19 https://bdsmovement.net/call#Italian 20 https://mondoweiss.net/2018/07/interview-occasion-anniversary/

*Rappresentante permanente dell’Associazione Internazionale dei Giuristi Democratici presso le Nazioni Unite a Ginevra